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Jungkook scivolò sulle ginocchia verso Taehyung, causando un fortissimo rumore, come se qualcosa di pesante si fosse infranto sul pavimento di legno malandato. Aveva il respiro accelerato, le pupille che gli si muovevano da una parte all'altra nelle orbite. Le mani si strusciavano confusionarie lungo tutto il corpo dell'altro, dalle cui carni proveniva un calore anomalo.
Il corvino non sapeva cosa fare in quel determinato momento, non ne sapeva assolutamente nulla di medicina e mai avrebbe saputo come salvare una persona in quei casi.

Si guardava attorno, confuso, forse nella speranza (o nel terrore) di trovare qualcosa che gli suggerisse il motivo del malessere del suo amato o di tutto quel fumo bianco. Si accorse solo dopo, nel pugno stretto di Taehyung, di quella che lui pensava fosse una sigaretta, ma che altro non era che una dose potente di oppio; ma Jungkook era troppo sempliciotto e campagnolo per capirlo, era troppo ingenuo per anche solo pensare che l'artista si fosse fatto.
Il moro era devastato, dopo il dialogo con Jimin: non faceva che struggersi per la sua musa, la sua Calliope che si rifiutava di fargli visita e concedergli il lusso di poterlo dipingere. Non dormiva la notte, non riusciva a dipingere nulla che non venisse srappato e gettato in aria poco dopo. Mangiava a malapena, era distratto e Yoongi lo aveva persino cacciato per un periodo, finché non avesse fatto chiarezza nel caos della sua mente.

Taehyung era perso: non sapeva cosa fare della sua vita, delle sue aspirazioni... tutto gli sembrava vano ed effimero se non c'era Jimin. Come un pazzo, un ossesso, aveva provato più volte ad andare in Chiesa, nella speranza di trovarlo, o semplicemente di spiarlo da lontano. Di lui non c'era traccia, era come se fosse scomparso. E l'artista sapeva, in cuor suo, di non aver abbastanza tempo, perchè presto la sua ispirazione avrebbe ufficialmente preso i voti, trasferendosi così in un'altra città. La sabbia nella clessidra stava scorrendo così velocemente che a Taehyung pareva andasse tutto a rotoli.

Quando aveva lasciato la prigione che era la sua vecchia casa, si era portato dietro della droga, giusto in caso non avesse avuto di cosa vivere, in modo tale da venderla e ricavarci qualche soldo; si era ripromesso di non ricominciare mai a fumare, che quella pagina scura della sua vita sarebbe rimasta nel dimenticatoio, che lo sballo non gli sarebbe servito a molto, non aveva più nulla da dimenticare. Invece, da peccatore qual'era, aveva ceduto alle tentazioni del male, ispirando uno, due, tre tiri, fino a ridursi al filtro e a cadere inerme per terra. Era un effetto normale, per lui, sapeva che sarebbe successo. Aveva più volte sfiorato l'overdose, ma ne era sempre uscito vivo, in qualche modo.

Questo però, Jungkook e Namjoon - il quale era appena accorso, sentendo le urla disperate del collega - non potevano saperlo.
«Kook, aiutami a prenderlo per le gambe, dobbiamo portarlo da un medico subito!» esclamò allarmato l'uomo più grande, che cercava di mantenere una parenza di calma nonostante fosse una situazione terribile da sopportare. Jungkook lo sollevò di peso da sotto le ginocchia, mentre il suo hyung lo teneva per le braccia. Scesero le scale con difficoltà, già strette di loro, precipitandosi poi, senza neanche preoccupandosi di chiudere la porta della casa Kim, verso l'unico posto che ospitava delle persone competenti in campo medico: la parrocchia.

Tutti i preti erano obbligati, a causa della loro formazione classica, a studiare i fondamenti di anatomia e medicina, e in un paesino piccolo quanto Goyang, erano le uniche figure di riferimento in tale ambito. Quando qualcuno stava male, aveva febbre o si feriva in qualche modo, la chiesa era pronta ad accogliere malati e feriti in delle piccole stanze nello stesso piano di quelle personali dei sacerdoti.
«Padre Jinyoung, la prego, sta molto male!» si affannò Namjoon, spalancando con un calcio le porte della sagrestia, dove notò la figura del sacerdote già sveglio e pronto a benedire le ostie per la giornata. L'uomo si girò velocemente, esaminando il corpo inerme del giovane fra le braccia dei suoi compaesani, e a giudicare dalle loro erspressioni, doveva essere qualcosa di ben grave. Fece segno di seguirlo, e in men che non si dica salirono nell'ala riservata alle camere ospedaliere. Posarono il corpo su di un letto, con le gambe sollevate appena come gli aveva istruito il prete, nella speranza di farlo rinsavire.

«Cosa è successo?» chiese il sacerdote, toccando la fronte con il palmo della mano, notando quanto Taehyung fosse caldo. Prese un panno umido, allora, strizzandolo bene, e lo posò sulle tempie del paziente.
«L'ho trovato svenuto nella stanza, c'era del fumo bianco e una puzza fortissima.» spiegò Jungkook, torturandosi le mani. Padre Jinyoung, ingenuamente, dopo aver ascoltato il racconto dell'episodio, avanzò la sua ipotesi «Probabilmente è stata intossicazione da incenso allora.»
«Riconosco l'odore dell'incenso e sono sicuro che non ve ne fosse traccia in quella stanza. Era come se avessero bruciato dell'erba, o come quando bruci il grano dei campi.» Con tutti quei dettagli in più allora, il prete non ebbe dubbi. Deglutì appena ed uscì senza dire una parola dalla cella, lasciando Namjoon e Jungkook confusi e infreddoliti.

I due amici si guardarono in faccia, rimanendo per qualche minuto in silenzio; poi Jungkook prese l'iniziativa e parlò, timidamente. «Hyung... cosa pensi sia stato? Quel fumo intendo...»
Con un filo di voce, mandando giù il groppo che gli si era formato in gola, l'altro parlò «Non so Kook... Non so... Sono certo anche io non fosse incenso però... Ma è un odore che io non ho mai sentito prima in vita mia.» Il corvino annuì allora, non sapendo cosa pensare, in cuor suo, sperando che il suo artista preferito si svegliasse presto.

«Hyung...» un altro sussurro da parte del minore, titubante «io...io credo di amare Taehyung.» in quel luogo sacro, disseminato da crocifissi, da statuette religiose, dai muri intrisi di incenso e acqua santa, ecco che arrivò la confessione più impura di tutte. Un uomo sposato, che amava un altro uomo, più piccolo di lui di diversi anni.
E quella verità non era solo arrivata alle orecchie dei muri, muti per fortuna, ma anche a quelle di Jimin, che silenziosamente aveva aperto la porta col suo mortaio e le sue erbe, pronte per essere trasformate in un infuso rinsavente. Aveva le gote rosse, le orecchie che gli scottavano e per un momento, avrebbe desiderato non essere mai nato, per non assistere a quella conversazione. Il suo amico di infanzia Jungkook, che amava il ragazzo di città, così diverso da loro e da lui.
Namjoon si accorse della presenza del prete, nella stanza, e diede un leggero colpo di tosse, che scosse anche il giovane Park.

«S-scusate l'interruzione.» balbettò il biondo «Padre Jinyoung mi ha mandato qui per prendermi cura di lui.» poggiò i suoi strumenti sul comodino vicino al letto dell'artista, ancora senza sensi; quando incontrò, per una frazione di secondo, gli occhi del corvino nella stanza, pieni di ira, distolse subito lo sguardo. Jungkook sbuffò dal naso, stringendo i pugni, prima di spalancare in malo modo la porta e uscire da quella cella, certo che Jimin avesse sentito tutto quello che aveva detto. La rabbia nel suo corpo lo spinse a correre via, fuori dalla parrocchia, lasciando che Namjoon gli corresse dietro, implorandolo di aspettare, e Jimin solo, nella stanza con Taehyung, con un peso sul petto più grande di quello che credeva.


zan zan zaaannn  eccola che arriva la confessione da parte di Cocco uuuu che ne pensate? Come al solito, se vi va lasciatemi un commentino uwu baciniii

Pray for my soul | VminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora