Jungkook venne svegliato di scatto da un tonfo sordo. Guardandosi attorno notò una guardia che lo fissava con disprezzo, ma allo stesso tempo aveva quel cipiglio di terrore negli occhi, che gli faceva dubitare della sua autorità.

«Alzati.» ordinò mentre apriva la porta della sua cella.« È ora di pranzo.» Poi andò ad aprire la cella di Taehyung.
Il corvino mise a fuoco l'area della sua piccola e lurida cella, per poi mettersi a sedere.
Si passò una mano nei capelli neri prima di prendere le sue scarpe e iniziare a infilarsele.

Lanciò un veloce sguardo al di fuori della sua cella notando alcune persone che si stavano già dirigendo verso la mensa, chi con aria assonnata, chi fin troppo vivacemente.

Tae passò davanti alla sua stanza proprio in quel momento.
Aveva uno sguardo vuoto, due evidenti occhiaie sotto i suoi grandi occhi azzurri. Camminava trascinando i piedi e a fatica con le spalle ricurve in avanti.
Il ragazzo in questione si sentiva così stanco, debole.

Gli avevano dato una strana pillola blu e da allora non riusciva più a pensare a essere se stesso.
Loro erano tornati a trovarlo, ma lui si era sentito incapace di reagire.

Kook se ne accorse e la prima parola che gli balzò nella testa fu "psicofarmaci". Quella merda ti stendeva.

Il ragazzo in seguito notò i graffi sul viso del biondino. Si spaventò un poco, prima di dirigersi verso di lui.

«Tae?» lo chiamò. Il ragazzo non si era mosso minimamente, continuava scuotendolo leggermente dalle spalle.

«Ciao, Kook.» mormorò lui alzando il suo sguardo su quello del corvino.

«Che ti hanno fatto, Tae?» chiese il ragazzo. L'altro scosse la testa.
«Mi hanno dato una strana pillola blu.» si portò una mano alle tempie.
«Mi scoppia la testa.»

«Vieni, andiamo a mangiare.» disse Jungkook conducendo Tae verso la mensa.

Una volta arrivati delle signore non molto gentili posarono molto bruscamente una ciotola piena di schifezze davanti a loro.
Kook storse il naso, costringendosi a mangiare qualcosa.
Tae, invece, cominciò a toccare con il cucchiaio quella strana poltiglia verde che spacciavano per cibo.

«Mangia.» disse Kook mettendosi un cucchiaio pieno di roba verde in bocca. «Dopo un paio di giorni ti ci abitui al sapore, fidati.» la rassicurò lui.

«Non mi sento molto bene.» si alzò dal tavolino. Kook lo afferrò per il polso. «Taehyung devi mangiare.» insisté lui.
Tae strattonò il polso dalla presa del corvino.

«Ti conosco a malapena da un giorno, non sei nessuno per dirmi cosa devo fare.» sputò acido facendo sussultare
Jungkook sorpreso.
«Ora voglio solo tornare nella mia cella.» concluse avviandosi verso la via da dove erano appena venuti.

Kook rimase di stucco. Quel ragazzo non sembrava matto da come ragionava, eppure c'era qualcosa di raccapricciante nel suo sguardo folle.
Aveva tutti i sintomi della schizofrenia ma non ragionava come tale. Forse Taehyung stava dicendo la verità, lui non era davvero matto, forse doveva concederle un'opportunità.
Dopotutto a lui nessuno ne aveva concessa una. Ma lui non era pazzo, o stupido, o quant'altro, lui era normale.

Tuttavia nessuno gli credeva e questo lo faceva arrabbiare.

Un urlo maschile attirò la sua attenzione ma lasciò subito perdere; succedeva spesso e non poteva essere niente di rilevante. Poi qualcuno cominciò a gridare, ad agitarsi puntando il dito verso l'entrata dei dormitori. Le guardie cercavano di calmare inutilmente le persone la cui calma quotidiana era stata spezzata da un evento traumatico. Le persone come loro avevano bisogno di sicurezza.

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