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Punto Di Vista Di Jungkook

Londra, 1940

Jeon, dubitava delle sue capacità, dal momento in cui la Royal Air Force - o RAF- gli aveva consegnato il brevetto da pilota dopo soli quindici giorni di addestramento.

Combatteva contro i tedeschi perché gli era stato imposto, non perché lui volesse. Si era presentato un ufficiale dell'aeronautica, tre settimane prima, con in mano una lettera di arruolamento dicendogli che doveva recarsi al campo di addestramento per piloti di lì ad una settimana.
Jeon, come lo chiamavano, gli aveva detto che non poteva, lui non ci sarebbe riuscito, ma suo padre e sua madre erano così fieri che suo figlio servisse il suo paese contro i nazisti.

Gli avevano insegnato a guidare un aereo da caccia, spiegandogli che i tedeschi avevano abbattuto la maggior parte della loro flotta e avevano bisogno di nuovo piloti.

Avevano fretta, i tedeschi arrivavano.

Il 24 agosto il comandante Park si presentò all'undicesimo Gruppo dicendogli di correre agli aerei; i tedeschi stavano attaccando gli aeroporti.

Lo misero su un aereo da caccia e gli dissero di partire.

E così si trovava a volare nei cieli di Londra con un aereo che sapeva a malapena guidare, ringraziando ogni quanto poteva il Signore per essere ancora vivo.

Intravide nella foschia che creavano le nuvole, un aereo, non capì immediatamente se fosse inglese o meno. Ma quando vide apparire dalle nuvole il simbolo nazista iniziò a temere il peggio.

In un attimo il tedesco alla guida colpi l'ala destra dell'aereo di Jeon che cominciava a precipitare pericolosamente.

Lui continuava a mandare il segnale di mayday, mentre cercava con la mano libera il paracadute in dotazione nell'aereo. Quando riuscì a trovarlo se lo mise sulle spalle e spalancando il portello del velivolo si buttò nel vuoto sperando per il meglio. Quando era abbastanza vicino a terra tirò la cordicella per far aprire il suo paracadute. L'adrenalina mista alla paura stava prendendo il possesso di lui. Appena poggiò i piedi per terra si sentì sollevato.

Iniziò a correre verso l'aeroporto più vicino per mettersi al riparo.

Corse; corse finché ne aveva la forza, finché non arrivò all'aeroporto. Due militari lo accolsero chiedendogli i dettagli dalla vicenda o se fosse ferito.

La terra tremò, e Jeon alzò la testa vedendo del fuoco a qualche isolato dall'aeroporto. Si era schiantato un aereo.

I due militari gli diedero da bere, poi nell'edificio piombò un silenzio tombale rotto da una specie di sibilo.

Non capiva da cosa provenisse. «Tutti fuori!» gridò un uomo, fatti sta che si mise a correre ma, proprio quando era davanti all'uscita, accadde.

Fiamme, rumori assordanti.

Jeon venne scaraventato su un muro e in un attimo tutto fu buio.

Tutto intorno le fiamme s'impadronivano dell'edificio distrutto mentre lui veniva seppellito dalle macerie.

Jeon aveva diciassette anni quando morì durante la Battaglia d'Inghilterra per mano di una bomba tedesca.

Un attimo prima era vivo, un attimo dopo era solo uno dei tanti morti per mano dei nazisti.

Anno 1968;

Jungkook si svegliò di soprassalto portandosi una mano sul suo cuore che batteva forte. Era andato a dormire dopo che Tae era crollato sul pavimento per colpa di So-yon.
«Jeon.» si sentì chiamare da una voce melodiosa. Sgranò gli occhi vedendo la figura della donna che stava davanti a lui.

«Che ci fai qui?» chiese lui.
La donna si accigliò.
«Sii più cortese, per favore.» lo improverò.«Sei qui solo grazie a me.» gli ricordò la donna sorridendogli.

«Ora potresti rispondermi per favore.» la implorò lui.
«Indovina che giorno è oggi?» esultò la donna.
Logan scosse la testa, aveva perso il conto ormai.

«Andiamo!» rise lei.«Oggi è il ventiquattro agosto, Jeon!»
Jungkook non voleva risponderle, era troppo scosso.
Era passato un altro anno da quel maledetto giorno.

«Buona anniversario di morte!» gridò la donna schioccando le dita. Apparirono dei coriandoli sulla testa di Kook.

«Potresti evitare di ricordamelo ogni anno?» chiese lui scorbutico, togliendosi i coriandoli dai capelli.

«dai! dobbiamo festeggiare.» dichiarò
la donna dai capelli rossi.
«Hai un grande futuro davanti a te!»

Jungkook alzò gli occhi al cielo.
«Come faccio ad avere un grande futuro se mi hai rinchiuso qua dentro?» replicò questo con ironia.
«Jeon Jeong-guk.» lo rimproverò la donna scuotendo la testa.

«Non chiamarmi con il nome intero, Park Hye-jin.» mormorò lui di risposta.

«Ascoltami bene, tu mi sei debitore, okay?» disse la donna avvicinandosi a Jungkook.

«Io ti ho riportato in vita, io posso sottrartela nuovamente. Mi basta schioccare le dita e tu sei morto per infarto.» disse facendo abbassare il capo al corvino.

«Non ti ho chiesto io di riportarmi in vita, okay?» ribatté il ragazzo.

«Ci credo, eri morto. Capisci? Morto. Di te c'era rimasto solo un cumulo d'ossa vecchie e marce. Eri solo una tomba bianca in un cimitero di militari morti durante la seconda guerra mondiale. Non eri nessuno, Gguk. Io ti ho ridato la vita, ti ho dato un'altra opportunità.» spiegò lei calma.
«Perché proprio io?» chiese lui trattenendo le lacrime.

«Tutte le persone in quel cimitero avevano un nome, una famiglia che li ricordasse, e poi c'era questa tomba con scritto soggetto ignoto. Tu eri nessuno. Così ho deciso di darti la possibilità di essere qualcuno.» La donna fece una pausa guardandosi le unghie.

«In ogni caso,» continuò.«sono qui anche per un altra cosa.» schioccò le dita e fece apparire una moneta sulle ginocchia di Jungkook.

«Il tuo amato ragazzo Taehyung, si è imbattuto contro So-yon, tipa tosta. Con questa riuscirai a cacciarla via, Gguk .» sorrise illuminata dalla luce che proveniva dal corridoio.

«Secondo te sto diventando matto?» chiese lui.
Lei sorrise.

«Dentro ognuno di noi si nasconde un pazzo. Il vero problema è quando esce fuori. È allora che sei fottuto.»

Chiuse gli occhi allargando le braccia. «Un'ultima cosa. Per sconfiggere So-yon, Taehyung, deve morire.»

Poi disse una formula sottovoce e sparì in un lampo azzurro, mentre Jungkook iniziava a piangere pensando alla sua morte, e a tutto ciò che aveva lasciato dietro di sé quel ventiquattro agosto del 1940, quando una bomba spazzò via la sua vita.

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