21. Devi

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«Lei si sta cacciando in grossi guai » mi avvertì il poliziotto in centrale. Avevo deciso di fare come mi aveva suggerito Noah, non potevo coprire le impronte di una possibile persona che aveva cercato di minacciarmi. Era stata un'idea intelligente, ma quanto giusta?

«Io? Non sto facendo nulla » dissi, cercando di non mostrare ansia e nervoso sul mio volto.

«Le minacce non arrivano senza alcun motivo, non credi?» Continuò il poliziotto.

«Magari l'assassino di mia madre ha un conto in sospeso con tutta la mia famiglia e sta cercando di farci fuori uno per uno uno? Non ci ha pensato?»

«O magari stai ficcando il naso in situazioni che dovremmo gestire noi» disse:« Abbiamo ricevuto una visita del preside della tua scuola ieri, ci ha fatto gentilmente sapere che hai quasi minacciato un professore dicendogli che eri certa che stesse nascondendo l'assassino di Emma Moore. Sa cosa vuol dire questo? Che chiunque sia stato, ora ha la guardia alzata e che sarà più attento a calcolare ogni sua mossa »

«Non mi pare, visto che si è esposto in modo stupido con una minaccia... Non penso sarà difficile risalire al suo dna con una perizia grafologica e l'analisi della carta» ipotizzai. Ogni pista poteva essere buona.

«Non è così semplice, in laboratorio non sono ancora riusciti a trovare una singola traccia di dna sul foglio che ci hai già consegnato. Scommetto che avremo problemi anche con questo» mi avvertì.

La persona che avevamo davanti era certamente più furba di noi. Sentivo già che sarebbe stato uno strazio proseguire con le indagini e stare dietro alla polizia, come sentivo che mi avrebbero chiesto di starmene nel mio e di non mettermi in mezzo, in attesa delle loro risposte. Ma come potevo? Non avevo pazienza.

«L'avvertirò nel caso in cui dovessi ricevere altro» dissi.

«Devi anche andare avanti con la tua vita, ti stai solo mettendo in un guaio ancora più grande che non sarai in grado di gestire» concluse sottolineando il devi.

Avrei dovuto, ma mi conoscevo troppo bene: non lo avrei mai fatto. Qualsiasi cosa passasse per la testa del criminale che aveva fatto del male a mia madre, l'avrei capita e avrei avuto la mia giustizia. Decisi di tornare a casa, era successo troppo per quella giornata. Saltai in macchina di mio padre che mi aveva accompagnata dopo una mia chiamata in preda al panico, non avevo avuto ancora coraggio di rivolgergli parola.

Noah se n'era andato promettendomi che non si sarebbe dimenticato di chiamarmi per sapere com'era andata in centrale.

Salii in macchina e continuai a starmene in silenzio. Mio padre era visibilmente turbato, c'erano tante cose che non gli andavano a genio e non mi aveva ancora fatto la ramanzina per la sospensione da scuola. Guidò con una mano ferma e salda sul volante, l'altra con la sigaretta accesa puntata accanto al finestrino leggermente aperto.

«Giornata pesante immagino?» Cercò di attaccare bottone.

«Non mi va di parlarne» tentai di chiudere la conversazione.

«Non ti va di parlarne? Vediamo... Secondo te, mi importa in questo istante che sto vedendo mia figlia perdere completamente la testa?» Naturalmente la risposta era un bel no. Ma non avevo davvero voglia di parlargli e per di più sapevo che se mi avesse forzata gli avrei risposto male:« Hai qualcosa da dirmi riguardo all'espulsione?»

«In realtà ho una domanda»

«Una domanda? Ti chiedo di parlarmi di quello che hai combinato, di nuovo, e mi vuoi fare una domanda? Mi spieghi cosa diavolo ti sta passando per quella testa? Lili, hai un anno scolastico da finire, un'università da scegliere, un futuro da portare avanti e lo stai buttando via per cosa?»

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