Foglie D'inverno

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Chopin - Mariage d'amour

Dicono che esiste la crisi dei cinque anni, una specie di scadenza per le coppie sposate. Diciamo quasi un pretesto per tradire per alcuni. Qualcosa nella loro mente scatta, come se ci fosse un timer, e ricorda loro, che la vita poteva essere diversa, se avessero fatto scelte diverse. Non si sa, se si tratta di scelte giuste o sbagliate, si tratta solo di scelte. Sicuramente nella mia vita ne avevo fatte di scelte, non sempre giuste, ma scelte che avevano portato la mia vita in un vicolo cieco su molti aspetti. O almeno mi era sembrato quella mattina, quando misteriosamente anche io avevo sentito il suono di quel timer.

Matt ed io eravamo sposati ormai da cinque anni, e ci conoscevamo dal college. Era l'amore di cui avevo bisogno. Di lui mi avevano colpito il suoi occhioni azzurri e la faccia da bravo ragazzo. A quei tempi eravamo caldi e appassionati tutto quello che adesso mancava, tra il suo lavoro di poliziotto ed il mio di pianista, andavamo avanti per inerzia. La nostra vita scorreva tranquilla, e non sembrava andasse male, ma io non ero più felice. Quando avevo del tempo libero mi piaceva suonare anche a casa, avvolte Matt, si arrabbiava con me dicendomi che portavo spesso il lavoro a casa, ma per me non era solo un lavoro, era quel pezzo di vita che adoravo e che mi dava ancora la gioia di vivere. Proprio come quella mattina.

Le note mi portavano lontano, e mi rilassavano. Le mie dita volteggiavano sui tasti, accarezandomi l'anima. Mi facevo cullare dalle note, i capelli accarezzavano il mio viso ad ogni mio movimento, e ad occhi chiusi immaginavo di correre scalza tra le foglie d'inverno, con addosso un vestito leggero di seta azzurro, a braccia aperte cercavo di afferrare la brezza tra le mie dita, per poi sdraiarmi su di esse e addormentarmi rannicchiandomi come a volermi proteggere. Avrei voluto un giorno farlo veramente. Adoravo suonare alle prime luci dell'alba quando il silenzio del mattino mi accompagnava. Avevo indossato una vecchia camicia di Matt, solo quella. Quella camicia ormai usurata dal tempo, e assaporavo ogni volta il suo profumo, mi aiutava a non sentirmi sola. 

Proprio in quel momento sentii la porta dell'entrata aprirsi, doveva essere Matt che tornava dalla notte passata al lavoro.

Entrò in salotto sorridendomi, i suoi occhi stanchi accarezzavano i miei, e con un cenno del capo mi chiamò verso di lui. Smisi di suonare e mi alzai, richiamata da quel dolce ricordo di noi, avvicinai la mia mano destra al suo ciuffo scompigliato dal berretto, fino ad arrivare alla sua guancia rosa, lui protese le sue labbra dandomi un bacio dolce e delicato, come a non voler rompere la magia che si era creata. Avevo bisogno di sentirlo, di sentirci. I nostri gemiti e sospiri echeggiavano per tutta la casa. Il nostro muoversi tra le lenzuola dal suono impercettibile segnava la nostra unione, quell'unione che sembrava perfetta, ma che nella sua semplicità lo vedevo ormai imperfetta. Lo sentii addormentarsi girandosi dall'altra parte, la stanchezza sicuramente giocava brutti scherzi, ma io dopo mi sentivo sempre vuota. Stringendo il cuscino a me, una lacrima percorse tutto il mio viso, gli volevo sicuramente bene, ma qualcosa dentro di me si era rotto inevitabilmente.

Dopo una doccia fatta nel completo silenzio e immobile mi avviai a lavoro. Lasciando Matt ancora nelle braccia di Morfeo. Lo guardai dormire, sembrava un Angelo, il mio angelo pensai, ed uscì di casa. Dove il mio vecchio maggiolino mi aspettava. Era con me da qualche anno ma mi ero affezionata a quel piccolo catorcio. 

Arrivai come sempre per prima in teatro, ed iniziai ad accordare il piano, quando appoggiato alla porta vidi un ragazzo, aveva uno sguardo così penetrante, i suoi occhi entrarono prepotentemente dentro i miei. Occhi Azzurri come il cielo d'estate, capelli corvini che incorniciavano il suo viso perfetto color avorio. Mi sorrise mettendo in evidenza le sue fossette e le sue labbra perfette. Di scatto mi rigirai verso il piano, aprì la bocca come se stessi annaspando, cercai di deglutire la saliva che non trovavo. Avvicinai la mano destra alla bocca in cerca di aiuto. Ma cosa mi era appena successo? Ero completamente stata rapita da quello sconosciuto.

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