Ormai erano passati due mesi dalla sua morte. Al funerale non si era presentato nessuno. C'ero stata solo io, a celebrare la sua fine.
In quel momento ero al cimitero, seduta per terra sotto alla pioggia di fronte alla sua lapide.
Non piansi. Non versai nemmeno una singola lacrima per lui. Provavo solamente un'enorme senso di vuoto che invase la mia anima opprimendola nel profondo.
Mio padre mi aveva abbandonata, definitivamente.
In quel momento ero sola, senza più nessuno. Avevo solamente Sasha e Connie, anche se distanti e sempre impegnati con la scuola, con la famiglia e con gli amici.
Ormai aveva iniziato a diluviare, ero completamente fradicia ma non mi importava più di tanto. Rimasi comunque seduta in ginocchio, a fissare il vuoto davanti a me in silenzio, con sguardo vuoto, perso. Il forte suono della pioggia mi cullava riuscendo in qualche modo a svuotare la mia mente.
Un'enorme raffica di vento mi colpì in pieno scompigliando ancora di più i miei capelli bagnati facendomi chiudere gli occhi, rannicchiandomi in me stessa per il freddo improvviso.
«Dovresti andartene, sta diluviando. Ora devo chiudere il cancello.» Mi disse il custode del cimitero, puntandomi la torcia contro.
«È tardi ragazzina, sono le otto di sera. Torna a casa.»
Mi alzai lentamente sospirando, rivolgendo un'ultima occhiata alla lapide dove ci era incisa la data di nascita e di morte di mio padre.
"Joshua Peterson"
"05/04/1975 - 27/09/2024"
"Riposa in pace."
Mi girai dando le spalle al custode uscendo a seguire dal cimitero, salendo sulla mia moto e tornando a "casa".
Non appena parcheggiai la moto nel cortile della scuola mi levai il casco afferrando il telefono e notando di avere 23 chiamate perse da parte di Floch.
Negli ultimi due mesi avevamo legato abbastanza e si era rivelato un ragazzo fantastico. Si preoccupava anche per piccole cose ed era sempre pronto ad offrirmi supporto. Ero stata fortunata ad averlo incontrato.
Tirai un lieve sospiro richiamandolo sentendo il telefono iniziare a squillare.
Rispose dopo nemmeno 2 secondi, come se stesse aspettando impazientemente una mia chiamata da tempo.
«Ma dove diamine eri finita?! Sono ore che cerco di contattarti! Mi hai fatto preoccupare a morte!»
«Ero al cimitero.»
Lo sentii sospirare dall'altra parte della linea, rimanendo in silenzio per diversi secondi.
«Dove sei ora?» Mi chiede addolcendo il suo tono di voce.
«Sono appena tornata ai dormitori, ora vado nella mia stanza.»
«Arrivo.»
«Non dev-» Riattaccò senza nemmeno lasciarmi finire la frase. Ormai per tutti era diventata routine interrompermi mentre parlo.
A seguire tornai nella mia stanza, decidendo di cambiarmi infilandomi solamente un'enorme felpa rossa che mi arrivava a metà coscia che avevo rubato dall'armadio di Floch, asciugandomi i capelli ancora fradici con un asciugamano.
Dopo nemmeno 5 minuti lui si presentò davanti alla porta della mia stanza bussando. Mi alzai dal letto per aprirgli e subito dopo lui mi si fiondò addosso stritolandomi tra le sue grandi e forti braccia, chiudendo con il piede la porta alle sue spalle. Era completamente zuppo, dalla testa ai piedi.
«Non sparire più così...»
Rimasi in silenzio ricambiando l'abbraccio in maniera timida, dandogli qualche piccola pacca alla schiena.
Lui sospirò posando il suo mento sulla mia testa, accarezzando i miei capelli corti.
«Scusami... Avevo bisogno di stare sola...» Dissi staccandomi dopo un po' osservando il suo volto dall'espressione abbastanza stressata e tesa.
«Va bene, ma avresti potuto avvisarmi...»
Mi diede un bacio sulla fronte scompigliandomi i capelli ancora umidi in modo scherzoso, rivolgendomi un piccolo sorriso rassicurante.
«Si, scusami...» Dissi passandogli l'asciugamano che puntualmente afferrò, usandolo per asciugarsi frettolosamente i capelli scompigliandoli.
«Passiamo la serata insieme?» Mi chiese levandosi le scarpe, posando la sua giacca sul braccio del divano.
«Film e patatine?» Dissi afferrando il mio computer da sopra la scrivania, sedendomi sul bordo del letto.
«Scegli tu, ma niente di troppo spaventoso. Stanotte vorrei poter dormire se non ti dispiace.» Disse ridacchiando, sedendosi al mio fianco.
«Mh, "The Conjuring"?»
«Tu mi vuoi morto.» Disse sdraiandosi sul letto.
«Allora che ne pensi di "A un metro da te"?» Chiesi guardandolo, afferrando due pacchi di patatine da sopra la credenza.
«Va bene, basta che non ti addormenti come a tuo solito.» Disse tirandomi a sé ed afferrando un pacco di patatine aprendolo.
Iniziammo a guardare il film commentando ogni scena come se fossimo dei critici gastronomici davanti ad un piatto pieno di pietanze, ridendo, scherzando e punzecchiandoci a vicenda.
Giunti a metà film, Floch avvolse il suo braccio attorno al mio collo, avvicinandomi maggiormente a lui fino a far appoggiare la mia testa sul suo petto. Lo lasciai fare accoccolandomi contro di lui, sentendo il suo intenso profumo muschiato invadere le mie narici. Chiusi gli occhi sentendo la sua mano accarezzare i miei capelli, godendomi il momento.
Sapeva che avevo bisogno di qualcuno che mi stesse vicino e non esitò a stringermi tra le sue braccia.
Dopotutto non ero poi così sola... Con lui al mio fianco potevo stare veramente tranquilla ed al sicuro, non avrei mai potuto ringraziarlo abbastanza.
«Floch...»
«Mh?»
«Grazie per esserci...»
Mi guardò sbattendo ripetutamente le palpebre, per poi rivolgermi un dolce sorriso avvicinando il suo volto al mio.
«Farei di tutto per te stellina...»
Gli sorrisi e lui mi diede un piccolo ed affettuoso bacio sulla fronte, iniziando a stritolarmi fino a farmi soffocare.
«Così mi soffochi però-» Rise di risposta lasciandomi a seguire e scompigliandomi i capelli.
Appena finimmo il film decidemmo di metterne un altro, infilandoci sotto alle coperte. Ma finii per perdermi ancora una volta nei miei pensieri.
In quei due mesi feci molte conoscenze, conobbi molti ragazzi davvero simpatici. Annie Leonheart era una ragazza abbastanza introversa e sempre nei suoi pensieri, ma era carina e a volte pranzavamo insieme in qualche pizzeria in città; Ymir era una tipa forte e sempre in vena di fare battute poco... eterosessuali (era lesbica, cosa che a me non dispiaceva visto che era una bella ragazza); Reiner Braun era gentile con tutti, il classico ragazzo solare e sempre pronto a difendere gli altri; Levi era... Levi (uno stronzo); Jean Kirschtein con me era un bastardo ipocrita sempre in vena di provocarmi e rovinarmi la giornata, ma credo di piacergli (credo); Armin Arlet mi aiutava sempre in diverse materie facendomi raggiungere per la maggior parte delle volte la sufficenza nelle verifiche e da quel che avevo capito era anche un amico stretto di Eren, insieme a Floch.
Riguardo ad Eren invece...
Ci incontravamo spesso nei corridoi della scuola oppure nei dormitori, ma in due mesi non gli rivolsi nemmeno una volta la parola.
Lui non pareva mai smettere di scrutarmi con quegli intensi e magnifici occhi che ogni volta mi mettevano in soggezione, lasciandomi sempre immobile e con il fiato sospeso. Avere i suoi occhi addosso mi faceva sempre lo stesso identico effetto e non riuscivo a capire cosa si celasse dietro a quello sguardo così magnetico.
Non capivo nemmeno che effetto mi faceva.
Mi era semplicemente impossibile poter leggere il suo sguardo.
Avevo scoperto che frequentava i corsi di scultura e a volte rimaneva rinchiuso per intere giornate nell'aula di arte a modellare diverse statue o rappresentazioni in creta. Ammetto che era strano per un ragazzo del genere avere simili passioni, ma non lo conoscevo e probabilmente era meglio così. Si era dimostrato un bugiardo arrogante, uno stronzo sfacciato ed un bastardo puttaniere dalla faccia tosta ed anche se era un caro amico di Floch non me ne importava.
Mi stupiva vedere come era riuscito a cambiare comportamento in maniera così tranquilla senza porsi alcun problema.
Prima ci provava senza pudore, poi mi trattava come uno scarto.
«Sofia?»
«Si?» Lo guardai risvegliandomi dai miei pensieri, osservando la sua espressione leggermente preoccupata.
«Tutto bene? Ti vedo pensierosa...»
Sospirai rannicchiandomi maggiormente tra le sue braccia, tornando a guardare il film.
«Sto bene, ho solo sonno.»
«Allora mettiamoci a dormire.» Disse chiudendo il mio portatile appoggiandolo sul comodino.
Mi sdraiai infilandomi nuovamente sotto alle coperte, sentendo le sue braccia avvolgermi in un caldo abbraccio...
Non sapevo il motivo preciso, ma al posto di quelle braccia pensai a quelle di Eren...*
Quando mi svegliai notai che il letto era vuoto e non c'era nessuno al mio fianco. Mi sedetti sul bordo di esso sbadigliando, tenendomi la testa fra le mani.
Appena feci vagare il mio sguardo per la stanza notai che il telefono di Floch era sulla scrivania e la sua giacca era ancora stesa sul braccio del divano.
"Forse sarà in bagno." Pensai.
Appena mi alzai dal letto sentii il suo telefono iniziare a squillare, catturando la mia attenzione. Mi avvicinai afferrandolo e leggendo il mittente della chiamata.
"Jaeger🤏🏻"
Inarcai le sopracciglia confusa, non sapendo chi fosse la persona in questione.
Decisi di rispondere sospirando, potando il telefono al mio orecchio.
«Pronto?»
«Floch?»
Mi paralizzai a sentire la sua voce.
«A-Al momento lui non c'è.» Dissi schiarendomi la voce grattandomi la nuca.
Lui rimase in silenzio per diversi secondi, sospirando pesantemente.
«Sei la ragazza moto?»
«Non vedo perché ti debba interessare.» Risposi acida appoggiandomi al muro.
«Che ci fai con il telefono di Floch?»
«Non ti riguarda.»
«Sai dirmi dov'è?»
«Mh... No.»
«Merda Sofia, non sto scherzando.»
"Sofia."
Si ricorda il mio nome...
«Non so dov'è, Eren.»
«Digli di richiamarmi appena torna.»
«Sono la tua segretaria?»
Lui sospirò. In sottofondo non sentivo nulla, solo silenzio.
«Senti, ho avuto problemi con la moto e ora sono fermo nel bel mezzo di una strada in mezzo al nulla. Mi serve l'aiuto di Floch per tornarmene a casa.»
«E come pensi che possa aiutarti Floch? Lui non ha la patente, non sa nulla di come aggiustare moto e non avrebbe i mezzi per venire a salvarti.» Di risposta lui sospirò ancora una volta.
«Quindi dovrei chiedere aiuto a te?»
«Non vorrai mica rimanere bloccato lì per sempre?» Risposi schernendolo.
«Dammi il tuo numero, ti mando la mia posizione.»
Glielo dettai e poco dopo mi arrivò un messaggio da parte sua dove mi riferiva la sua esatta posizione. Ma prima di riattaccare gli chiesi: «Scusa ma non potevi chiamare un carro attrezzi?»
Lui per un momento rimase in silenzio, come se stesse pensando ad una risposta plausibile da darmi.
«Non ho soldi con me, non posso pagare in ogni caso.»
«E preferisci farti salvare da una ragazzina? Che femminuccia.» Riattaccai senza lasciargli il tempo per rispondere.
In quel momento stavo sorridendo.
Mi mordevo il labbro inferiore osservando lo schermo spento del cellulare di Floch.
Non trovavo una spiegazione a ciò.
Perché stavo sorridendo?
Perché dicevo di non volerci a che fare se lui mi faceva questo maledetto effetto?
Perché ero eccitata all'idea di vederlo?
Perché...?