Appena ritornai nei dormitori mi diressi alla mia stanza in fretta e furia, ancora irritata e su di giri a causa degli avvenimenti precedenti.
Sospirai stringendo il casco tra le mie mani rischiando di spaccare la visiera, notando poco più avanti Floch appoggiato alla porta della mia stanza con le braccia consorte e lo sguardo abbastanza irritato.
Appena mi vide mi si piazzò davanti scrutandomi con attenzione.
«Ma dov'eri finita?! Sei scomparsa nel nulla, di nuovo!»
Non gli risposi inclinando la testa di lato ed abbassando lo sguardo. Non sapevo cosa dirgli e probabilmente avrei fatto meglio a fare scena muta.
«Guardami quando ti parlo.» Disse posando fermamente le sue mani sulle mie spalle, stringendole leggermente.
Indietreggiai liberandomi dalla sua presa, allontanandomi un poco.
Al mio gesto Floch mi guardò confuso aspettando una mia risposta.
«Devo andare...»
«Che succede ora?» Mi si avvicinò sospirando, afferrandomi per il braccio tirandomi delicatamente verso di sé.
«Floch, lasciami.» Dissi alzando lo sguardo e guardandolo freddamente.
«Quando mi dirai cosa ti prende lo farò.»
«Smettila cazzo! Non voglio parlarne!»
«Sei sparita per ore! Non hai risposto ai miei messaggi e ora mi tratti cosi, come se fossi io il problema!!?
Ma ti rendi conto di come mi fai sentire?
Pensi che a me vada bene preoccuparmi a morte e averti tra i pensieri tutto il tempo?!»
«Non ti ho chiesto di preoccuparti per me, non sei mia madre.»
«Non sono tua madre ma sono il tuo migliore amico e ci tengo a te... Mi stai facendo impazzire e non ce la faccio più.»
«Se non ce la fai più allora che ci fai qui? Cosa vuoi da me?»
«Lo vuoi capire che ti stai comportando da completa stronza?!»
«E QUINDI?!»
«E quindi...?»
MI STAI FERENDO! ED IO CONTINUO AD AMARTI COME UN COGLIONE! LO VUOI CAPIRE!?»
«NO! NON LO VOGLIO CAPIRE!» Dissi perdendo il controllo di me stessa, strattonando il mio braccio dalla sua presa.
Lui rimase immobile, scioccato dalle mie parole. Non aggiunse altro, abbassò solamente lo sguardo digrignando i denti e chiudendo gli occhi stringendo i pugni fino a far diventare bianche le sue nocche.
«Smettila di amarmi, ti farai solamente male...» Dissi girandomi ed incamminandomi velocemente verso alla porta della mia stanza.
«Non è il mio amore per te a ferirmi, ma sei tu...» Mormorò lui, senza rivolgermi lo sguardo.
Entrai nella mia stanza chiudendo la porta alle mie spalle. Buttai le chiavi sul tavolino in vetro lì vicino levandomi le scarpe e la giacca, lasciandola cadere sulla spalla del divano buttandomici sopra a peso morto.
Sospirai osservando distrattamente il soffitto torturando le mie dita come a mio solito ignorando il dolore che mi stavo autoinfliggendo.
Chiusi gli occhi sospirando cercando di svuotare la mente, ma subito dopo il telefono iniziò a squillare disturbando il mio stato di quiete.
Risposi scocciata senza nemmeno leggere il mittente della chiamata, appoggiando il microfono del cellulare contro all'orecchio.
«Pronto?»
«Sofia?!»
«Sasha?» Appena sentii la sua voce strillante abbassai il volume della chiamata sospirando.
«Quando ti deciderai a venire da me!?» Disse lei con voce fintamente irritata.
«Ah, sì, boh, non so...»
«Ultimamente ti comporti in modo strano, stai bene? Magari posso venire da te visto che è domenica.»
«Oh, beh, non lo so, cioè, sto bene...
Non ti preoccupare.»
«Okay. Vengo subito allora.»
«Ma Sash-»
Chiamata terminata.
Sospirai massaggiandomi le tempie, tornando a sedermi sul divano decidendo di cambiarmi infilandomi qualcosa di più comodo.
Passò una mezz'ora e finalmente Sasha si presentò davanti alla porta del mio dormitorio scagliandomisi addosso rischiando quasi di farmi cadere.
Ricambiai distrattamente il suo abbraccio dandole delle piccole pacche sulla schiena, staccandomi poco dopo.
«Come stai?» Disse lei iniziando il discorso, osservando la mia stanza ed appoggiando un sacco della spesa sul tavolo.
«Bene.» Mi sedetti sul divano a gambe incrociate, afferrando il mio telefono e sospirando.
Lei mi si avvicinò strappandomi il cellulare dalle mani, buttandolo sul letto poco più in là.
«Smettila di fare l'asociale in mia presenza.»
La guardai sospirando nuovamente.
«Non ti ho chiesto di venire.»
«Pazienza, ora sono qui e ti ho portato qualcosa da mangiare.»
«Scommetto che hai portato solamente schifezze.» Lei di risposta mi fece la linguaccia tirando fuori due lattine ancora fredde di Monster ed un tubetto di Pringles alla paprika dolce sedendosi al mio fianco.
Sasha iniziò a parlare di Connie e di come stava andando la sua relazione con lui, rivelandomi che sotto a quel facciotto da demente si nascondeva un dolce, perverso e soddisfacente mago delle dita.
«Sasha sto mangiando, smettila prima che ti sbocchi addosso.» Lei rise di gusto rischiando di versare la sua bevanda per terra.
Mi guardò smettendo di ridere dopo diverso tempo, tornando seria.
«Sei strana.» Mi disse avvicinandosi.
«Non è vero.»
«Che succede?»
«Nulla, ti ho detto che sto bene, sono come sempre, non ho nulla.»
«Sei molto strana. Su dimmi che succede.»
Sospirai appoggiando la mia schiena contro lo schienale del divano, decidendo di cedere e di raccontarle tutto quello che era successo.
Le parlai di Eren e di come l'avevo conosciuto, successivamente le raccontai di quello che era successo con Floch.
Da quel che sapevo, lei conosceva Eren poiché avevano frequentato insieme le elementari, le medie e due anni di superiori.
Mi raccontò anche che venne rimandato di tre anni ed in quel momento stava facendo la quinta superiore quando sarebbe dovuto essere al terzo anno universitario.
Erano conoscenti ma nulla di più. Sasha mi rivelò che quel ragazzo non le era mai piaciuto e aveva sempre cercato in tutti i modi di stargli alla larga.
«NO, NO, NO! EREN TI HA TOCCATA?!»
La guardai inarcando un sopracciglio sospirando per la millesima volta.
«No, me ne sono andata non appena mi aveva sfiorata.»
«MA SEI STUPIDA O COSA?!»
«Smettila di urlare.»
«SEI ANDATA DA LUI COME UNA CRETINA! MA CHE TI PASSA PER LA TESTA?! E SE TI AVESSE VIOLENTATA?! SE TI AVESSE FATTO DEL MALE?»
«Non è un serial killer e non è nemmeno uno stupratore seriale, è solamente un coglione dagli ormoni a mille.»
«CAZZO SOFIA! QUEL TIPO È IMPREVEDIBILE E NEMMENO LO CONOSCI! AVREBBE POTUTO FARTI DI TUTTO!»
«Non mi ha fatto nulla.
Più o a meno...»
«PIÙ O A MENO?! TU VUOI QUALCHE BOTTA IN TESTA!»
Sospirai abbassando lo sguardo.
«Volevo solo rendermi utile a qualcuno, smettila di farmi la predica quando volevo solamente fare una buona azione per almeno una volta nella mia vita. Ho aiutato una persona in difficoltà, che c'è di male?»
«C'È CHE QUELLA PERSONA HA CAUSATO LA MORTE DI UNA MIA CARA AMICA!
NON VOGLIO CHE LUI TI TOCCHI E NON ACCETTO CHE TU CI ABBIA A CHE FARE!
HAI CAPITO?!»
Spalancai gli occhi guardandola incredula, allontanandomi di poco da lei ed osservandola meglio, notando che stava singhiozzando cercando in tutti i modi possibili di trattenere le lacrime...
«D-Di che stai parlando? Quale amica...?»
Lei abbassò lo sguardo passandosi una mano fra i capelli ed io osservai le lacrime iniziare a solcarle lentamente le guance ormai totalmente rosse.
«S-Si chiamava Mikasa...»