«Mikasa...?»
Tenne lo sguardo rivolto verso al pavimento mentre teneva le mani strette a mo' di pugno. Alcune piccole lacrime cadevano sulle sue cosce bagnando i suoi jeans bianchi, mentre la sentivo singhiozzare in continuazione senza più fermarsi.
«I-Io... Io cerco di non pensarci...
Cerco di farmene una ragione, cerco di sembrare felice per non fare preoccupare nessuno...
Però sto male... E sapere che ti ha toccata quel figlio di puttana mi sta facendo andare fuori di senno...» Alzò lo sguardo guardandomi con i suoi grandi occhi castani coperti da un velo di lacrime, avvicinandosi a me singhiozzante.
La strinsi tra le mie braccia accarezzando la sua nuca, facendole appoggiare la testa sul mio petto; la sentii stringere la mia felpa tra le sue dita mentre le sue calde lacrime iniziavano ad inumidire la mia spalla.
«Ti prego, non voglio perderti Sofia...»
«Non succederà Sasha...»
Non appena si tranquillizzò tirai su la manica della mia felpa coprendo il palmo della mia mano, avvicinandolo al suo viso ed asciugando delicatamente le lacrime che le rigavano ancora le guance arrossate.
«Ti va di parlarne?» Dissi tirandola verso di me, facendole appoggiare la testa sulle mie cosce.
«Di Mikasa..?» Chiese lei con un filo di voce guardandomi con gli occhi nuovamente pieni di lacrime.
Annuii accarezzando i suoi soffici capelli mori, giocherellando con alcune ciocche e sciogliendo la sua coda.
«B-Beh... Mikasa era una ragazza fantastica.
Aveva i capelli corti e neri come il carbone che le incorniciavano il viso, proprio come i tuoi. I suoi occhi a mandorla erano di un nero intenso come la pece ed era impossibile non perdersi in essi...
Il suo viso aveva lineamenti asiatici, aveva un piccolo naso a punta e le sue labbra erano rosee e sottili...
Quando mi sorrideva il mio cuore si scioglieva sempre...
Era alta, forte, possedeva una bellezza rara ed unica. Aveva una carnagione talmente chiara e pallida da sembrare fragile come una rosa...
Era bellissima ed ogni volta che mi si presentava davanti mi incantavo a guardarla...»
«Sasha?»
«Si?»
«Tu la amavi, vero?» Alzò lo sguardo guardandomi stupita dalla mia domanda, ma non rispose, diventando improvvisamente cupa e priva di qualsiasi emozione.
«Lui me l'aveva portata via...
E lei si era innamorata di lui, cadendo ai suoi piedi. Per me era inutile sperare in un futuro con lei ma mi bastava essere sua amica per essere felice...
Ma poi arrivo quel giorno...
Il giorno in cui lui rovinò tutto...»
«Sei sicura di voler continuare...?»
Lei si sollevò dalle mie cosce tornando a sedersi al mio fianco, guardandomi digrignando i denti mentre tratteneva le lacrime.
«Eren le aveva proposto di iniziare a vivere insieme, le aveva anche regalato un anello di fidanzamento... La loro relazione era diventata più che seria e Mikasa non trovava nemmeno il tempo per mandarmi un solo messaggio. Per me incontrarla divenne raro e non riuscivo più a sopportare quella situazione... Non ce la facevo più.»
Sospirò afferrando la sua lattina di Monster e buttandone giù un lungo sorso.
«Cos'era successo poi...?»
«Una sera i suoi genitori mi chiamarono. Ero appena tornata a casa ed ero già distrutta di mio. Essi andarono dritti al punto dicendomi che Mikasa era stata coinvolta in un incidente stradale ed era morta sul colpo. Quando seppi tutti i dettagli dell'incidente non ci vidi più dalla rabbia...» Disse tornando a guardarmi, stringendo la sua lattina tra le dita.
«Che era successo..?»
«Lui l'aveva coinvolta in una corsa clandestina.
Fece il coglione e...
Sbandò sulla strada perdendo il controllo della sua moto di merda schiantandosi a terra come un cazzo di missile, causando così la sua morte.»
Rimasi in silenzio tenendo lo sguardo verso al pavimento. Non sapevo che dire, non sapevo come consolarla e non avevo nemmeno il coraggio di guardarla negli occhi. Ma sapevo come si sentiva, visto che anche io avevo perso delle persone a me care...
«Successe 2 anni fa e avevo preferito non parlarne con nessuno, visto che avevo sempre cercato di andare avanti e di sorridere.»
«Sasha...»
«Cosa?»
«Tu la ami ancora..?»
«Già... E credo che non smetterò mai di farlo.» Disse lei, piegando le labbra in un piccolo sorriso pieno di malinconia.
Tenni la testa china tornando a rimanere in silenzio, sentendo i tuoni iniziare a rimbombare in lontananza.
Stava iniziando a piovere e la pioggia cominciava a picchiettava alla finestra con violenza, spezzando il silenzio che si era creato nella stanza.
Sasha si alzò dal divano afferrando la sua giacca ed infilandosi velocemente le sue Adidas bianche ai piedi, avvicinandosi successivamente alla porta ed aprendola.
«Promettimi che non ci avrai mai a che fare. Promettimi che starai lontana da lui e qualsiasi cosa succeda, non gli permetterai di entrare nella tua vita.
Per favore Sofia, non voglio che una tragedia simile possa ricapitar-»
«Pensi che portare sulle spalle la morte di una persona sia gioioso? Credi che per una persona, perdere qualcuno di importante sia facile da accettare? Pensi che lui sia felice di averla persa?» Dissi alzandomi dal divano, guardandola con aria seria ed avvicinandomi fino a rimanerle a due passi.
Lei rimase in silenzio, guardandomi confusa.
«Eren è un essere umano, come tutti noi.
Tutti abbiamo compiuto dei peccati, grandi o piccoli che siano e questo nessuno lo può negare, ma datti una regolata e non fare l'egoista ipocrita. La colpa non è di Eren e non è di nessuno.
Era semplicemente il destino.» Continuai.
«LUI È UN DANNATO MOSTRO!» Disse afferrandomi per le spalle e scuotendomi bruscamente, facendomi sbattere seccamente la schiena contro al muro nel bel mezzo del corridoio, proprio di fianco alla porta della mia stanza.
«Sasha smettila.»
«TU NON HAI LA PIÙ PALLIDA IDEA DI QUELLO CHE HA FATTO!» Disse stringendo con forza il mio braccio, piazzandosi di fronte a me guardandomi con gli occhi pieni di furia mista a frustrazione.
«Lasciami Sasha, mi fai male.»
«AL SUO FUNERALE QUEL COGLIONE SI ERA MESSO A RIDERE! ERA CONSAPEVOLE DI ESSERE IL RESPONSABILE DELLA SUA MORTE E SI ERA MESSO A RIDERE DI FRONTE A TUTTI COME UNO PSICOPATICO DEL CAZZO! RIDEVA DI GUSTO DI FRONTE AI MIEI OCCHI MENTRE IL CORPO SENZA VITA DI MIKASA GIACEVA SOTTO TERRA!»
«RIDEREI ANCHE IO SE TI PERDESSI! E SAI PERCHÉ?!»
«TI METTERESTI A RIDERE SE MORISSI?!» Disse stringendo con più forza le mie braccia, guardandomi con disgusto...
«SI CAZZO! PERCHÉ SO PER CERTO CHE ODIERESTI VEDERMI PIANGERE, URLARE E SOFFRIRE!
SO CHE MI ODIERESTI NEL VEDERMI IN UNO STATO PIETOSO!
MI ODIERESTI! ED IO NON LO VOGLIO!»
«Sasha, lasciala.»
Una voce a me ormai conosciuta provenne da dietro le nostre spalle e non appena la mora si girò incontrò gli occhi verdi della persona in questione, lasciando successivamente la presa sul mio braccio ormai rosso ed indolenzito.
«T-Tu... Che diamine ci fai qui?!» Disse lei minacciosa, squadrando il castano con occhi pieni di ira.
Eren non le rispose puntando subito lo sguardo nella mia direzione, scrutandomi dalla testa ai piedi come suo solito.
Mandai giù un grumo di saliva abbassando lo sguardo, sentendomi di nuovo a disagio nell'avere i suoi occhi penetranti addosso.
«CHE CI FAI QUI EREN!?» Sputò Sasha acidamente, avvicinandosi pericolosamente a lui e stringendo i pugni.
«Sono qui per lei.» Disse indicandomi.
Lei assottigliò gli occhi guardandolo con pura rabbia digrignando i denti.
Lo afferrò dal colletto strattonandolo verso di lei, sferrandogli successivamente un pugno in pieno volto facendolo indietreggiare. Eren rimase immobile guardandola impassibile senza fiatare.
Notai successivamente del sangue colare dal suo naso, raggiungendo il labbro inferiore.
Intervenni subito dopo richiamandola, afferrandola saldamente per il braccio e guardandola male.
«Finiscila Sasha! Hai superato il limite ora!»
«IO?! SUPERARE IL LIMITE?!»
«BASTA SASHA! NE HO ABBASTANZA!
VATTENE!»
«MA TI RENDI CONTO DI COSA STAI DIC-»
«FANCULO SASHA! MI HAI ROTTO IL CAZZO!»
Lei, ormai stufa, si girò dandomi le spalle e camminando frettolosamente verso l'uscita del dormitorio non aggiungendo altro.
Avevo perso la pazienza e non avevo più la voglia di discutere con nessuno quindi mi misi sui miei passi sorpassando Eren con l'intento di tornarmene nella mia stanza, ma improvvisamente mi afferrò per il polso stringendolo delicatamente nella sua grande e venosa mano.
Mi girai osservandolo confusa, notando solamente in quel momento che era completamente zuppo per colpa della pioggia, dalla testa ai piedi.
«Prima avevi dimenticato i cavi della batteria, quindi te li ho riportati.»
Lo osservai sospirando, facendo scendere il mio sguardo verso alla sua mano intenta a stringere con delicatezza il mio polso.
Non appena allentò la presa ritrassi la mia mano abbassando lo sguardo, indietreggiando di qualche passo.
Mi porse i cavi ed io li afferrai cercando di non fargli notare il mio apparente disagio.
«Grazie...»
«Possiamo parlare?»
«Eh? Di che dobbiamo parlare?» Chiesi confusa.
«Di prima.»
«Bene, ti ascolto.»
«Non possiamo andare in un posto più appartato? Tipo la tua stanza magari.»
Sospirai guardandomi attorno scocciata, dirigendomi verso alla mia stanza ed aprendo la porta facendogli segno di entrare.
Lui mi sorrise in maniera beffarda, entrando successivamente ed appoggiandosi allo schienale del divano, facendo vagare lo sguardo per la camera.
«Quindi possiamo parlare?» Chiese lui guardandomi attentamente.
«Dobbiamo parlare di quando hai iniziato a toccarmi cercando di sbattermi in mezzo alla strada?» Chiesi acida, schioccando la lingua sul mio palato appoggiandomi alla porta.
«Si certo, mi dispiace. Credevo fossi come le altre, tutto qui.»
«Mi stai praticamente dicendo che fino ad adesso ti ho dato l'impressione di essere come tutte le altre puttane che frequenti. Giusto?»
«Tanto siete tutte uguali, non cambia molto.»
Sospirai guardandolo schifata e sdegnata.
«Ma non ti vergogni?»
«Perché dovrei?» Disse lui alzando un sopracciglio e corrugando la fronte.
Sospirai incrociando le braccia sotto al mio seno, guardandolo stufa.
«Perché mi hai dato della mignotta.»
«Beh, non lo sei?»
«Se per "parlare" intendi insultarmi allora fai prima a girare i tacchi e a levare il tuo culo sporco di merda da qui, prima che te lo prenda a calci.» Dissi riaprendo la porta in maniera brusca, indicandogli l'uscita.
Di risposta lui rise di gusto avvicinandosi lentamente a me, piazzandomisi davanti.
Allungò il braccio destro afferrando la maniglia della porta, chiudendola a seguire.
Indietreggiai d'istinto premendo di conseguenza la mia schiena contro al legno scuro della porta, guardandolo confusa mentre lui posò le sue mani ai lati della mia testa, chinandosi leggermente verso al mio volto. Riuscivo a sentire il suo calmo e lento respiro sulle mie labbra ed il suo forte profumo muschiato invadere il mio olfatto.
«In realtà dovresti essere tu quella a vergognarsi, sai...?»
«E perché? Sentiamo.»
«Hai ferito il mio caro amico Floch senza nemmeno un briciolo di pietà. Sei davvero una ragazza cattiva, sai..?»
«Floch per me è solamente un amico, non nutro nessun sentimento nei suoi confronti e non è colpa mia se si è innamorato di me.
Ora levati.»
«Non ti importa di ferite le persone? Sei veramente crudele!» Disse sorridendo divertito.
«No, perché nessuno fin'ora si è mai preoccupato di ferirmi.»
Lo vidi smettere di sorridere cambiando la sua espressione tornando serio e non smettendo di scrutarmi con quegli occhi intensi e magnetizzanti, rimanendo in silenzio.
Sospirai abbassando lo sguardo sentendomi a disagio. Il tempo passava e lui non voleva nemmeno aprire bocca, lasciandomi in uno stato confusionale.
Sentivo il mio cuore trapanare insistentemente contro alla mia cassa toracica e quasi non lo sputai.
Non capivo perché provavo simili emozioni in sua presenza. Le mani sudavano e tremavano interrottamente, il cuore esplodeva nel mio petto, le guance prendevano fuoco e nel mio basso ventre si risvegliava una strana sensazione.
Ma perché proprio lui mi doveva fare questo effetto?
«"Odieresti vedermi piangere, urlare e soffrire..."» Disse lui, abbassando maggiormente il suo volto verso al mio, fino a far quasi sfiorare le punte dei nostri nasi...«C-Che..?»
Chiesi confusa, alzando di poco lo sguardo soffermandomi sulle sue labbra.
«Tu odi soffrire, vero..?»
Rimasi confusa alla sua domanda, corrugando la fronte.
«In questo mondo se non si soffre non si vive...» Dissi abbassando nuovamente lo sguardo, stringendo i pugni.
Lui si avvicinò maggiormente al mio orecchio, sussurrando con voce flebile e a malapena udibile.
«Mi ricordi lei...»