7. Whatever it takes ♄

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Marzo

‹ Simona

«Ragazzi, io salgo a prepararmi, alle 19:30 devo essere in teatro. La serata inizia alle 21:00, quindi cercate di arrivare un po' prima. Vi ricordo che siete vocal coach», ci dice Camilla, facendoci l'occhiolino e uscendo dall'acqua.

Chiudo gli occhi esasperata, al solo pensiero di dover mentire per cinque sere di fila. Ale sghignazza guardando la mia espressione corrucciata.

«Tu non avevi paura di perdere il lavoro e finire in galera? Come fai a essere così tranquillo?» gli chiedo, incredula nel vedere la sua reazione.

Fa spallucce. «Sono sicuro che in un modo o nell'altro ce la faremo.»

Siamo nella spa dell'Hotel Royal di Sanremo, luogo in cui ci siamo ritrovati ad alloggiare grazie a Camilla e al suo capo e a cui siamo giunti ieri, nel tardo pomeriggio. Dormiamo tutti nella stessa "Junior Suite", il cui letto matrimoniale è talmente grande che in tre stiamo comodi. Inoltre, è completa di un salottino con divano letto e poltrone abbinate e un tavolino da caffè. L'unica nota stonata è la carta da parati a strisce verticali verdi, bianche e gialle che fa a pugni con la fantasia della biancheria del letto, delle tende, del divano e delle poltrone, degli orripilanti fiori che neanche mia nonna aveva più in casa. La stanza ha una terrazza privata che affaccia sul mare e noi non abbiamo perso tempo a ordinare la colazione in camera, godendoci il panorama - sebbene il servizio costi un occhio della testa.

L'acqua calda mi rilassa al punto che a momenti mi addormento, mentre le mie braccia sono aggrappate al bordo della vasca e la mia testa è appoggiata su di esso. Il getto dell'idromassaggio, a una temperatura di poco superiore a quella dell'acqua che riempie la piscina, solletica la mia pancia. Alessandro è poco distante da me sotto la fontana, lo capisco perché non sento più provenire dalla mia destra il fruscio regolare dell'acqua che zampilla e di tanto in tanto qualche schizzo mi raggiunge.

Quando Camilla ci ha fatto sapere di voler usufruire della spa dell'hotel, prima di recarsi al teatro Ariston per la serata del festival, siamo stati colti da una profonda eccitazione, in quanto non siamo mai stati in una spa, figurarsi in quella di un hotel a cinque stelle. Quando ci siamo ritrovati di fronte il prezzario ci è stato chiaro il perché. Cami, però, non si è lasciata spaventare, sottolineando che riceverà un bello stipendio lavorando al festival e che, quindi, possiamo beneficiarne anche noi. All'inizio ero contrariata, non volendo approfittare troppo di lei visto quanto si è già messa a disposizione per noi, ma ormai aveva preso la sua decisione e quando ciò avviene non c'è modo di farle cambiare idea.

Abbiamo così prima fatto un bagno turco a 40°C in una stanza rivestita di un mosaico madreperlato, che rende l'ambiente accogliente e rilassante. Grazie ai riflessi colorati, sembra di essere in uno di quei magici mondi pieno di unicorni che saltellano di nuvola in nuvola. Questa immagine non è figlia dell'uso di sostanze stupefacenti, bensì dell'aria irrespirabile, dovuta al denso vapore, che dopo trenta minuti ci ha costretti ad abbandonare la stanza, spostandoci così nell'area relax, dove abbiamo gustato dell'ottima frutta fresca accompagnata da dei drink analcolici. Finito il piccolo break abbiamo raggiunto la vasca idromassaggio in cui ora ci troviamo, soli.

Non so da quanto tempo sono immersa in acqua, ma sento che le dita delle mani si sono raggrinzite. Quasi come se mi avesse letto nel pensiero, Ale mi chiede: «Sai perché le dita delle mani in acqua raggrinziscono?»

«No, ma immagino che stai per dirmelo. Vuoi che chieda al personale di mettere "Aria sulla quarta corda"?» gli chiedo con tono ironico.

Soltanto un sorriso. // MåneskinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora