𝑁𝑎𝑛𝑎́.

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I giorni senza accorgermene passavano e cosí anche i mesi, fino ad arrivare all'estate dell'anno dopo. Il tempo passava velocemente e stranamente, c'era una tranquillità che a tratti faceva paura.
Ezio Di Salvo non si era fatto piú sentire e della morte di Francesco sembrava non se ne parlasse più, anche la polizia non stava più cercando il colpevole da quando un ragazzo con quasi gli stessi lineamenti di Ciro, il suo stesso taglio di capelli e quello strano taglio al sopracciglio, si presentò in caserma costituendosi e affermando di centrare con la morte del ragazzo. Gesto che incuriosí molte persone e tra le prime c'ero io.
Quel ragazzo, del tutto sconosciuto, si era aggravato di un reato che non aveva commesso lui. Chi pazzo l'avrebbe mai fatto? Ma col passare del tempo riuscii a darmi una risposta quando poi guardavo Ciro: la sua famiglia era capace di tutto, anche pagare qualcuno per farsi coprire il culo. Magari giurare di far condurre una vita più che dignitosa alla famiglia. Con quest'offerta nessun ragazzo del nostro quartiere, che viveva una realtà non piacevole dove neanche un pezzo di pane ci si poteva permettere, avrebbe potuto rifiutare.
Come mi sentivo io? Rilassata probabilmente: non avrei dovuto temere per Ciro, non lo avrebbero portato via e gettato in un pozzo le chiavi e questa cosa mi tranquillizzava. Ma ero anche preoccupata, impaurita e alquanto sconvolta dal potere che aveva una famiglia con un cognome cosí importante. Questa cosa mi metteva timore. Cosa mi legava a loro? Non ero fatta per quell'ambiente e, probabilmente, Ciro l'avrá capito quando un giorno freddo d'inverno lo vidi seduto al tavolo del ristorante, in cui eravamo andati con i nostri soliti e fidati amici, con una pistola che fuoriusciva dalla cintura Dolce&Gabbana dei suoi pantaloni. In quell'attimo mi sentì come stringere alla gola, mi sentii soffocata. Non ero abituata a quel tipo di cose. Così Ciro lo capì, con un mio sguardo che traspariva gelo e terrore.
Quella sera decise anche di parlarmi e raccontarmi che quella, purtroppo, era la sua vita e nessuno avrebbe avuto il potere di cambiarla, neanche la donna che amava, perché il suo era un sistema troppo grande che era in circolazione da anni, forse secoli.
Non riuscivo a capire se quello che volevo era lasciarmi tutto alle spalle, compreso l'amore e ricominciare una nuova vita lontano da quelle abitudini e quegli ambienti pericolosi o restare nella città che mi ha vista crescere e diventare matura rimanendo accanto al ragazzo che amavo evitando di far soffrire un cuore e soprattutto, non comportandondomi da codarda e scappare dai problemi.
Ci ragionai molto, tanto da allontarmi per un periodo da Ciro e gli altri, per poter pensare meglio e capire quello che era il meglio per me.
Quello che non riuscivo a intuire era che una risposta io già l'avevo data ma era ancora nascosta in fondo a tutta la mia anima. Me ne resi conto soltanto quando il giorno dell'anniversario della morte di Stefano mi ritrovai tutti i miei amici sotto al mio palazzo e c'era anche lui che, nonostante quella mia decisione di staccarmi un po' da tutto, era lì con quel suo solito sguardo da duro ma con quegli occhi che quasi minacciavano di cacciare qualche lacrima e furono proprio quelli a farmi aprire e ritrovai quella risposta che si era così tanto nascosta dentro di me.
Io dovevo rimanere lì a fianco ad ognuno di quei ragazzi ma soprattutto dovevo tornare a stringere forte la mano di Ciro perché mi ripeteva sempre che senza quella stretta si cimentava in lui la debolezza. Lo rendevo forte, potente, pronto a combattere contro il mondo. E io di questo ne ero profondamente grata perché era così che capivo quanto Ciro ci tenesse a me.
Un uomo importante ha sempre una donna coraggiosa e forte dietro di lui.
E così sono rimasta a Napoli, nella mia adorata Sanità. Nonostante i suoi difetti, solo quel posto mi rendeva felice da morire.
Qui, con Stefano, ho dato i miei primi passi. Ho pianto le mie prime lacrime ed ho capito quali erano i primi dolori ed é per questo che non sarei mai andata via da casa mia.
Ciro era casa mia. Mary e Rosy erano casa mia. I miei amici erano casa mia. Soprattutto, Stefano era e rimarrà per sempre casa mia e quel posto mi legava a troppi ricordi a cui io non potevo rinunciare.

"Naná" sussurrai guardando il paesaggio che avevo davanti. "Non ti lascerò mai" continuai a sussurrare come se quell'enorme vulcano potesse sentirmi e darmi una risposta.
Più che rivolgermi a Napoli e a quel bellissimo dipinto che mi stava proponendo, mi rivolsi a me stessa.
Non si scappa dalle cose difficili.

𝓢𝓹𝓪𝔃𝓲𝓸 𝓪𝓾𝓽𝓻𝓲𝓬𝓮.
Capitolo forse di passaggio ma molto significativo per la nostra Rebecca che ha scelto di seguire il cuore.
Preparatevi amiche, il bello deve ancora venire..❣️

𝐶𝑎𝑡𝑒𝑛𝑎 - 𝗖.𝗥Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora