𖨆capitolo12𖨆

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Mi girai per vedere chi fosse ma era tutto vuoto, un'altro rumore mi fece girare lo sguardo, ma anche questa volta era tutto vuoto, e ancora un'altro rumore mi fece sobbalzare, ma niente era tutto completamente vuoto. Mi alzai di scatto dalla panchina e poco dopo un rumore assordante si celò nelle mie orecchie. Nonostante fosse davvero molto assordante lo riuscivo a sopportare. Girai su me stessa con lo sguardo rivolto verso il parcheggio, per assicurarmi che fossi sola; guardai la lunga distesa di cemento, sulla quale erano disegnate delle linee bianche che delimitavano lo spazio per ogni macchina, c'erano grandi lampioni che illuminavano il parcheggio e c'erano alcune panchine qua e là. Stavo per sedermi di nuovo sulla panchina di legno, dipinta di bianco, quando intravidi una sagoma; man mano che si avvicinava riuscivo a riconoscerlo, fino a quando non mi si piazzò davanti. Lo scrutai, aveva una statura molto robusta, era alto forse 1,98, aveva un ciuffo biondo che gli copriva le sopracciglia nere, gli occhi erano marrone cioccolato e le lentiggini gli coloravano la faccia. Lo guardai e una piccola lampadina nel mio cervello si accese.
<Il Barman sarebbe un buon lavoro no? Sicuramente meglio che dare la caccia ad una ragazzina> dissi guardandolo. < sai la bevanda non ha funzionato. Mi dispiace, sono troppo intelligente per i vostri giochetti> continuai.
< non sei intelligente, è solo il tuo potere che ti permette di avvertirlo> disse lui rabbioso che il piano non aveva funzionato.
< sai così mi offendi> replicai. < avevo avvertito che c'era qualcosa di strano, ma il senso di familiarità era tutto frutto della mia memoria> continuai. < non siete bravi a non farvi riconoscere>
< io non lo direi se fossi in te, ti potremmo cogliere di sorpresa e poi non mi pare che i tuoi bodyguard li hai riconosciuti...o sbaglio?> disse lui convinto.
< no, non sbagli, ma ero alle prime armi ora ci ho fatto un po' di abitudine> risposi sicura di me.
Era strano, nonostante fossi in pericolo, con un cacciatore che mi stava a 10 cm di distanza dalla faccia, non avevo paura era come una sorta di sicurezza. Il dolore, la rabbia, la delusione mi rendono più forti. Più sono negative l'emozioni più il mio potere è forte.
< sai speravo che dassero le ferie anche a voi, anche a me servono, scappare da voi è faticoso> dissi
< ti ci abituerai perché finché non ti avremo preso noi ti daremo la caccia, e uccideremo tutti quelli che ami> rispose con aria minacciosa.
< state cercando un mio punto debole non è vero?> era ovvio minacciando chi amavo avrebbero trovato un mio punto debole e io non volevo assolutamente che succedesse.
< sei furba> rispose sorpreso.
< non sai quanto > risposi sorridendo divertita.
Mi avvicinai a lui quasi a toccare il suo orecchio con la bocca e poi mi allontanai tanto da vedere la sua faccia.
< è strano. Dovresti scappare di paura come hai fatto le altre volte > disse ridacchiando.
< divertente > dissi fingendo un sorriso.
< molto> continuò lui.
< non riderei così tanto sapendo che hai una delle creature più potenti del soprannaturale davanti> dissi sicura.
< questa creatura potrà essere anche la più potente del soprannaturale, ma se non sa usare i propri poteri è inutile> precisò lui.
< sai che se voglio posso ucciderti> replicai
< non ne saresti capace > ribattè lui
< tu dici...sei anche un bel ragazzo, mi dispiace> gli sussurrai all'orecchio per poi conficcargli gli artigli sulla pancia.
Non volevo ucciderlo in fondo non ero un assassina, non era nella natura degli umani anche se qui valeva la regola della sopravvivenza. Rientrai velocemente nel locale facendo finta di niente; misi le mie mani macchiate da quel rosso sangue sotto l'acqua del rubinetto del bagno e le lavai con cura, per poi sedermi  in una poltroncina, di velluto rosso, nascosta così da far capire che non mi avevano visto perché ero seduta lì. Aspettai seduta sulla poltrona, mentre guardavo la gente che cercava il barman; mi faceva ridere come alla gente importasse solo dell'alcol, non si erano neanche resi conto che il barman era sparito da mezz'ora. Oramai erano le 5:00 del mattino, avevo passato gran parte del tempo seduta in quella poltroncina fino a quando non vidi il mio migliore amico sfinito. Mi alzai andando verso di lui.
< ti sei preoccupato molto di me, devo dire> dissi offesa.
< ma smettila di fare l'offesa, ti sono venuto anche a cercare. A proposito dove eri?> mi chiese. A quella domanda i sensi di colpa mi innondarono il corpo; pensai al peggio, magari l'avevo ucciso, magari la polizia sarebbe arrivata a me e cosa avrebbe pensato mio padre. I miei pensieri furono rubati dalla voce di Nico.
< ehi! Terra chiama Emily> mi richiamò Nico agitando la sua mano davanti ai miei occhi.
< oh! Si, scusa stavo...stavo pensando, qual era la domanda?> risposi distratta
< ti ho chiesto: dove sei stata?> rispose guardandomi.
< ah si! Ero lì> dissi indicando la poltrona sulla quale poco prima, ero seduta.
< non ti ho vista mentre ti cercavo> mi disse.
< è molto nascosta ecco perché non mi hai visto, comunque io sono stanca andiamo, ti prego sto morendo di sonno> provai a convincerlo; non volevo stare un minuto di più lì e poi stavo veramente morendo di sonno.
< ma-> iniziò
< ti prego, ti prego, ti prego > lo pregai, interrompendolo, con le mani intrecciate.
< ok, andiamo> rispose
< ti voglio bene> dissi abbracciandolo
< lo so> rispose ricambiando l'abbraccio. Camminammo fino alla porta dell'uscita, la mia ansia era alle stelle speravo solo di non trovare il barman o perlomeno di non trovare la polizia. Appoggiai la mano sulla maniglia lucida e spinsi verso il basso spalancando la porta; avevo un miscuglio di emozioni che non si potevano descrivere, ero assalita dall'ansia, ma allo stesso tempo tranquilla perché sapevo che con un graffio sulla pancia non sarebbe potuto morire, ero preoccupata e felice per la tanta sicurezza che avevo avuto stasera.
Il parcheggio era vuoto, non c'erano auto della polizia, non c'era la polizia; c'era solo la macchina di Nico. Il mio volto si preoccupò quando notai la macchia di sangue sul cemento, e tante altre macchioline erano disposte come i sassolini che lasciava pollicino, ma in questo caso i sassolini erano il sangue e continuavano fin dietro l'edificio. Poi però, l'urlo acuto di una ragazza mi fece sobbalzare; mi scambiai uno sguardo preoccupato con Nico e seguii la scia dell'urlo, camminavo anzi correvo ed ero seguita da Nico. Quando arrivai i miei occhi si spalancarono per quello che videro.

La figlia della luna 🌑 [sospesa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora