Tutto filava con una normalità irreale. Si presidiava il castello, si accompagnavano i pellegrini e si controllava il territorio. Ai confini, qualche volta, incontravo i saraceni coi quali ci si scambiava qualche parola. Tutto scorreva con una regolare normalità, ma sapevamo che prima o poi quell'apparente pace sarebbe finita. C'erano segni di movimento, Arrivavano cavalieri di ogni lingua, poi arrivò la colonna dell'esercito, un fiume di uomini e cavalli di ogni genere. Si vedeva uno scintillio di armi. Ci fu ordinato di seguire l'esercito quindi ci preparammo e ci dirigemmo verso sud, verso la fortezza di Hermon. Il viaggio fu lungo e faticoso, risalimmo la montagna e quando arrivammo, eravamo stanchi e ci disponemmo intorno piantando il campo. Si vedeva la rocca immensa, si trovava su una salita sul davanti e aveva uno strapiombo sulla parte dietro. Mi cercarono, e mi dissero di architettare un ariete per sfondare la porta. Io dissi che non si poteva attaccare una fortezza senza prima averla studiata, senza conoscerne i segreti per non cadere in trappola. Ma i miei dubbi non furono presi in considerazione. Avevo notato che non c'era un fossato o altri impedimenti, quindi dovevano esserci delle forti difese all'interno. Fui additato da un cavaliere di essere un codardo ed io risposi che sarei stato il primo ad entrare e se lui non fosse stato un codardo sarebbe stato il secondo. Credo che in quel momento si sia rimangiato le sue parole, perché lo vidi bianco in viso, ma ormai doveva seguirmi.
Progettai l'ariete, i tronchi arrivarono dal nord con i buoi. Con incastri e corde la realizzai ed era anche bella da vedere! Era ben protetta e poteva resistere ai colpi del nemico.
Sotto il tiro di frecce e giavellotti arrivammo alla porta proteggendoci con gli scudi sulle nostre teste. Avevo tutte le mie armi con me, la mazza di ferro mi avrebbe aperto la strada. Ma come avevamo trovato il coraggio per essere lì al primo assalto? Ero completamente ubriaco. Azionammo l'ariete contro la porta immensa che i colpi facevano tremare la terra, perché era così grande che avrebbe spaccato una montagna. Il legno e il bronzo si sfracellavano. Poi si aprì un varco, ed in fine si spalancò. Dissi al cavaliere che mi avrebbe seguito: "Se vuoi salva la vita, stai dietro di me!"
Con lo scudo a proteggermi, stetti addossato alla parete di destra e quando entrai un nugolo di frecce mi raggiunse. Gli altri si lanciarono all'assalto, ma caddero nella prima trappola mortale, una voragine con decine di punte di ferro in fondo. Per quelli che vi caddero dentro non ci fu scampo. Entrammo in un cortile che ci piovevano frecce da tutte le parti. Passai in un altro cortile, e fu un'altra trappola mortale, centinaia di frecce ci raggiungevano. Tutte le mura erano circondate da una serie di cortili chiusi. Una serie di trappole mortali. Allora trovammo delle scale e salimmo sulle mura. Qui trovammo i saraceni e combattemmo per la vita con scudo e colpi di mazza. Da lassù osservai la rocca, era bellissima, vidi il mastio centrale e la parete di fondo dove dietro c'era lo strapiombo, che non aveva cortili e trappole mortali. Se c'era un punto da dove penetrare, era quello. La battaglia era furente, il nemico era superiore a noi di tre volte. Il cavaliere che mi seguiva mi disse: "Siamo rimasti solo noi due. Per noi c'è la resa. La mia famiglia pagherà il riscatto per me". Io gli risposi: "Nessuno pagherà il riscatto per me. Io non mi arrenderò mai e siccome non lascio nessuno indietro tu verrai con me", così gli diedi una spinta e lo feci cadere giù dalle mura. Non erano molto alte ed erano inclinate e poi l'armatura e l'elmo lo avrebbero protetto. Ributtai indietro l'ultimo assalto, poi buttai giù lo scudo e mi lasciai cadere nel vuoto. Cercai di scivolare per la parete inclinata, ma la caduta fu comunque rovinosa. Quando arrivai al suolo ero tutto dolorante. Presi lo scudo e muovendomi carponi raggiunsi il mio compagno che imprecava contro di me. Coprì entrambi con lo scudo e fummo raggiunti da una pioggia di frecce. Ci fu un momento che pensai che quella sarebbe stata la nostra fine, ma arrivò Ustor con un gruppo di uomini che scagliando frecce sui merli, ci trascinarono via. Gli assaltatori erano tutti morti, solo noi due eravamo sopravvissuti all'attacco, ma sentivo in bocca il sapore amaro della sconfitta.
Passarono diversi giorni prima di riuscire a rimettermi in piedi poi dopo cominciai a riprendere le forze. Entrai nella tenda del consiglio dei cavalieri e li vidi discutere. Non avevano ancora trovato una strategia per prendere la fortezza. Non si poteva fare un assedio, perché l'esercito saraceno sarebbe sopraggiunto da lì a poco cogliendoci alle spalle, non si poteva tentare un altro assalto, il primo era stato una disffatta, così presentai il mio piano. Avremmo attaccato da dietro aprendo una breccia con un trabucco, un'enorme catapulta. Dissero: "Dietro c'è un precipizio, non si può usare una catapulta dalla valle". Allora esposi il mio piano d'attacco. Avrei trasformato l'ariete in un'enorme catapulta. Dal davanti della fortezza avremmo lanciato i massi che attraversando tutta la fortezza, avrebbero colpito il muro posteriore dall'interno. Intanto l'esercito avrebbe scalato la parete rocciosa della scarpata e si sarebbe tenuto pronto. Quando si sarebbe aperta la breccia, l'esercito sarebbe penetrato. Non trovarono un altro modo per penetrare nella rocca, così mi fu dato il via libera.

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La mia vita coi Templari.
Fiction HistoriqueAntor, si presenta al tempio dei Cavalieri Templari e si unisce a loro. Racconta a Marcug, templare anche lui, la sua storia di crociato fino ad allora e cosa lo ha portato lì. Insieme scorteranno i pellegrini, si scontreranno e si incontreranno con...