Capitolo tre.

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Sedutami sulla sedia fredda appoggio le mani sulle cosce e osservo i pelucchi a dir poco eccessivi e fastidiosi che ricoprono i miei pantaloni della tuta. Quell'ammasso di pelo del gatto di mia zia è ovunque. E ovunque va, sparge pelo, soprattutto su i miei vestiti. Un giorno lo raderò a zero.
A farmi riprendere dai miei futuri progetti che riguardano Matihs, il gatto di Zia Halli, è O'Conner che inizia a parlare.
«Quindi tu sei Roland?» domanda con un ghigno sulla faccia «Goffrey mi ha parlato molto di te, delle tue bravate degli anni scorsi, non che quest'anno tu...» dice gesticolando e cercando le parole per continuare «non le abbia fatte, voglio dire, con l'aiuto di Dan, Jinger e Josh, figuriamoci se non ne avete fatte altre... siete riusciti a far saltare parecchie verifiche, gite, a passare le soluzioni di varie materie... ammirevole, davvero. Non me lo sarei mai aspettato vedendoti». Lo osservo per qualche secondo per assorbire le sue fastidiose parole. Quando ho appreso a pieno sento la mia mano bruciare dalla voglia di stamparsi sulla sua faccia. La stringo e i vecchi tagli sulle nocche si fanno sentire. Chiudo un attimo gli occhi e mi calmo. «Mi domando come mai tu, ora, sei la rappresentante di questa classe... in fondo non sei così diligente come dovrebbe essere una rappresentate».
«Cosa vuole dire con questo?» sbotto accentuando la mia irritazione e facendola notare anche al matematico.
«A prima vista, quando Goffrey mi ha mostrato la tua foto e i tuoi dati, dato che... vi ha schedato come carcerati, sembravi una ragazza studiosa, facoltosa e soprattutto calma, voglio dire, i tuoi voti ne sembravano la conferma ma... ora, vista dal vivo è proprio come ti ha descritto» commenta scrutandomi attentamente, passandosi una mano sul mento, sulla barba leggermene incolta.
Metto le mani sotto le cosce e mi induco forza, per non rompergli il setto nasale.
«Oh... che cosa gentile da parte del capo dei militare schedarmi, cioè, schedarci, con foto-tessere, poi! Davvero una cosa gentile. Ci sta anche la nostra impronta? Stiamo già nel sistema dei ricercati? Sarei onorata se fosse così» dico con tutto l'odio possibile.
«E lei... come bravo sostituto, sicuramente si è studiato a memoria i nostri fascicoli e sta indagando su quale atto impuro abbiamo in mente di commettere, giusto?» sorrido, trattenendomi dal non gridare.
«Beh, le dico una cosa, si avvicini» mi avvicino un po' a lui, abbassando di poco il tono di voce. Appoggio i gomiti sulla cattedra e il mento sulle mani unite, cercando di assumere un'aria angelica. .
«Io e i miei compagni, ovviamente solo quelli schedati...» mi fermo un attimo per poi guardare gli unici due dei tre compagni di avventure e poi tornare a guardare lui «stiamo organizzando un colpo al cassetto della Morgotti, per le soluzioni per la prossima verifica di chimica, sa? Lo dico a lei perché mi fido, capisce? Non ci si può fidare di nessuno, vero O'Conner?» rido e mi allontano rimettendomi nella posizione iniziale. Noto il rossore impossessarsi sulle sue guance con un po' di barba e la rabbia nei suoi occhi. Mi alzo e vado verso il posto. Mi siedo e rivolgo un sorriso di sfida al mio nuovo amico, che non accetta. Che strano, credevo di stargli simpatica. Errore mio, capita.
Prendo ancora in mano la biro e continuo il mio "capolavoro".
Finisce un'altra ora e la campanella suona, poco dopo la classe è deserta. Sembra un campo di battaglia.
Guardo l'ora sul telefono e decido di non andare in mensa, siccome non ho molta fame.
Esco dalla classe e mi dirigo dritta verso la vetrata infondo al corridoio. Guardo fuori e osservo dall'alto i passanti. Beati loro... lontani dalla scuola e da qualsiasi cosa che la riguardi. Appoggio le mani sul corrimano e lo stringo. La superficie fredda mi rilassa un po'.
Le parole di O'Conner mi hanno stranamente irritato più di quando mi immaginassi. Digrigno i denti e batto la suola delle scarpe sulle piastrelle rosse e gialle e cerco di pensare ad altro.
Che poi cosa cavolo me ne frega di quello stupido? Non sa nulla di me. Cioè, si. Tutte le cazzate che ho commesso negli ultimi tre anni, ma sono una bella persona a differenza di come mi ha rappresentato quello stupido vecchio di Goffrey. Tsh, dovrebbe pensare a Meg e a sua moglie, piuttosto di giudicarmi. Scaccio questi pensieri e cerco di non pensarci.
Faccio un respiro profondo e tiro fuori dalla tasca della felpa l'mp3 con gli auricolari. Li collego e faccio partite la prima canzone che vedo nella playlist. Parte a manetta e mi abituo subito, lasciando la musica alta.
Lascio andare il corrimano e me ne torno indietro. Giro a sinistra e scendo le scale, andando verso le macchinette, per poi arrivare al piano terra.
Faccio strisciare un po' i piedi e appena davanti alle macchinette, tiro fuori il telefono, che vibra.
"Sono fuori, fatti trovare alle macchinette", dice il messaggio di Jinger. È arrivata.
Tolgo gli auricolari, ritiro il telefono e mi appoggio al muro, cercando di non essere d'intralcio a quelli che passano, aspettando la ritardataria.
Mi guardo un po' attorno, quando sento il ticchettare degli stivaletti di qualcuno.
Chiudo gli occhi e sospiro.
Guardo a destra e un po' distante da me c'è un'alta, bionda ragazza con delle ciocche azzurre un po' sbiadite, che cerca di corrermi in contro.
È buffa la cosa, la vedo arrivare verso di me come a rallentatore. I suoi occhi azzurri sono nascosti da degli occhiali da sole. Il rossetto rosso colora perfettamente le sue labbra carnose e le guance sono di un tenue color pesca. I jeans le stanno perfettamente stretti e le mettono in mostra le gambe magre e lunghe. La camicia la fascia perfettamente, facendo risaltare il suo corpo da ballerina di tango.
La sua figura magra e aggraziata si muove fluida e abile tra le persone che le vanno addosso. Alcuni ragazzi si girano ad osservarla, senza avvicinarsi, sapendo che è felicemente fidanzata e che il sul ragazzo, potrebbe fare loro molto male, date le passate volte che qualche furbo si è avvicinato a lei ignaro dei rischi.
Si passa una mano tra i capelli ribelli e pieni di boccoli, mettendoli a posto.
Appena attraversato tutto il corridoio, si tira via gli occhiali e si presenta davanti a me con un sorriso perfetto.
Il sorriso che fa di lei la mia più cara amica.
«Eccomi, solo per te!» annuncia felice e contenta, battendomi la mano sulla spalla indolenzita.
«Gentile da parte tua lasciarmi sola le prime tre ore» commento massaggiandomi il punto in cui lei, senza nemmeno un po' di gentilezza, ha battuta la mano sopra.
«Dovresti essere felice della mia presenza. Sarei potuta rimanere a casa, sai? Ma ho pensato a te e sono venuta. Ringraziami, avrei potuto starmene a dormire!» alza le spalle e fa un piccolo sorriso scherzoso.
«Oh... si, grazie mia signora per avermi onorato della sua presenza!» agito le mani in modo teatrale e stupido, facendo quasi un inchino «Così va bene?»
«È ancora poco!» risponde ridendo. «Allora? Che avete fatto durante la mia assenza?» domanda sistemando la borsa sulla spalla e la camicia rossa.
Ed ecco che mi torna in mente di nuovo quello stupido del matematico. Sbuffo e mi passo una mano sulle tempie.
«Ho ricordato alla classe di portare i soldi della gita, quindi, vedi di portarli anche tu. E... è arrivato il supplente...»
«Si? Uuh, com'è? Un altro vecchio pervertito con qualche deviazione mentale?».
«No, peggio. Si chiama Matt O'Conner. È giovane, comunque. Più di quando immaginassi... ma è un testa di cazzo, come Goffrey. A quanto pare, il vecchio con la prostata, ci ha schedato a me, a te e a gli altri due stolti, con tanto di foto-tessera. Tutti i casini che abbiamo combinato stanno in quei dannati fascicoli e questo O'Conner, sa tutto ciò che ci riguarda. O almeno, tutto ciò che ci riguarda a scuola» dico iniziando a salire le scale. «Che ne pensi?».
«Penso che voglio tornarmene a casa...» dice sbadigliando e cercando di togliersi un po' della matita sciolta sotto l'occhio.
«Dai, sii seria».
«Pfh... penso che questo supplente mi sta già sul cazzo. Non vedo l'ora di vederlo per sfotterlo e...» la interrompo posandole una mano sulla bocca, zittendola.
«No, no e no. Tu, Miss Matita Sciolta, non farai nulla, okay? Non vorrai mica farti prendere in odio?» detto questo, mette il broncio e scuote la testa.
«Basto io ad essere odiata da sto qui».
«Dai, che parolona grossa "odiata"» dice sottolinenando la parola odiata mettendola tra le virgolette con le dita.
«Beh, odiata o meno, quello stupido, pensa di conoscerci solo perché sa qualcosa sulle cazzate che abbiamo commesso noi e gli altri due idioti, ma non sa altro. Siamo delle persone mature, o almeno... in parte» dico facendo l'ultimo gradino e girando verso la classe, accompagnata da Jinger.

Buona seraaaaaa! Ed ecco il terzo capitolo. Io... boh, spero che vi piaccia almeno un pochino e nulla. A me piace come sta procedendo... beh, spero piaccia anche a voi. Se ci sono errori mi sparo perché avrò controllato un miliardo di volte, comunque vorrei ringraziare soprattutto "Baptivi", che è sempre una ragazza qui su Wattpad che scrive una FF, su Dylan O'Brein, (o come si scrive e se volete andate a leggere la sua storia) ed è una amica, compagna di classe, compagna di banco che mi ha incoraggiato a pubblicare la mia storia qui. E anche a Petra, perché anche lei la legge :')❤️

QUINDI GRAZIE AD ENTRAMBI E A QUELLI CHE STANNO LEGGENDO QUESTA STORIA. Uh, un bacio a tuuuuuutti :3

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