Capitolo tredici.

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Calamaretti al forno, alla fine di tutta questa pappardella, sareste così gentili da leggere anche i miei sproloqui? Ci sono informazioni molto importanti per voi e per me, grazie. Buona lettura. c:

«Che fine avevo fatto io? Che fine avete fatto voi! Vi ho cercato ovunque, o quasi, ieri sera!» le grido contro, attirando l'attenzione di alcuni ragazzi che stanno entrando dal cancello.«Siamo andati un secondo a bere e pensavamo di averti dietro, ma non era così. Ti abbiamo cercato, cosa credi? Ma nemmeno noi abbiamo avuto ottimi risultati» si giustifica lei. Mi prende per la felpa e inizia a tirarmi verso l'entrata della scuola. Arrivati nell'atrio, iniziamo a fare le scale fino al nostro piano e posiamo alcuni libri nei nostri rispettivi armadietti. «E comunque ti ho chiamato almeno dieci volte, ma non mi hai risposto!» dice lei, creandosi un cipiglio in viso. «Se non ti ho risposto, era perché non avevo il cellulare con me» cerco di spiegarle, chiudendo il mio armadietto e camminando fianco a fianco con Jinger verso la classe.« Ci hai fatto preoccupare! Dan ha iniziato a urlare il tuo nome per tutta la sala e a mandarti messaggi. Dovresti scusarti!» mi rimprovera lei, fingendosi arrabbiata. «Perché finisco sempre per scusarmi io?» domando ironicamente, fermandomi fuori dalla nostra classe.«Perché sei tu che ti sei allontana da noi!» mi spiega lei puntandomi un dito contro per poi appoggiarmelo sul naso. «Non ho deciso io di allontanarmi. È successa una cosa e... beh... è lunga come storia» la avverto entrando in classe e andandomi a sedere al mio posto, dopo di lei. «Mi piacciono le storie lunghe, lo sai» ridacchia lei, appoggiando i piedi sulla mia sedia, guardando il banco dietro al suo, nell'attesa che arrivi Josh. Sospiro e mi siedo sul banco guardando la classe, ricordando ancora il primo anno in cui il preside Harvey venne qui arrabbiato dicendoci che questa sarebbe stata l'unica aula che noi avremmo visto per tutti i quattro anni, data la vicinanza assurda con la presidenza e aula insegnanti, disse che sarebbe stato più facile per lui e gli altri docenti tenerci d'occhio, dato che già i primi mesi avevamo fatto un sacco di casini. Decise, inoltre, di non farci spostare, ma di concederci lo stesso i nostri sei minuti di libertà per andare all'armadietto per cambiare i libri o altro. La cosa non ci infastidì più di tanto, in realtà a nessuno di noi importò molto, anche perché non è poi tutto sto divertimento cambiare aula, piano e dover correre come dei dannati su e giù per le scale andando a sbattere addosso a chiunque mentre cerchi di raggiungere la tua dannatissima aula. Sospiro e mi stiracchio appena vedo entrare il professor Park, che ci saluta con un gran sorriso e ci fa sedere, iniziando a fare l'appello. «Allora? Mi dirai mai cosa che è successo ieri sera?» sussurra Jinger alla mia destra.«Si, ma non ora. Devo recuperare la scorsa verifica e sicuramente mi sposta di banco...» le ricordo nascondendomi dietro Meg. «Ma non dovrebbe fartela alla terza ora?» chiede lei guardando l'orario sul diario. «Si, ma lui la scorsa settimana quando mi ha incontrato nei corridoi ha detto che me l'avrebbe fatta fare appena arrivato in classe, così da poter spiegare per tutte le sue ore letteratura, dato che ne abbiamo saltate troppe... » la informo cercando una biro funzionate nell'astuccio. «Okay, va bene. Ma poi voglio sapere tutto! » dice lei iniziando a disegnare sul banco. Banco che appartiene a lei dalla prima superiore. Dopo che il professor Park mi chiama e mi fa spostare al primo banco, mi consegna la verifica di recupero e mi assegna le tracce, indicandomi i vari punti a cui devo rispondere e quanto valgono le risposte, correggendo alcuni errori di stampa. Gli sorrido ringraziandolo e mi incoraggia a recuperare il voto di storia. Guardo la verifica e inizio a leggere le domande, che risultano inspiegabilmente facili. Inizio a crocettare alcune risposte e ad altre scrivo tre o quattro righe almeno per tutte le domande riguardanti Re Edward Ottavo. Appena provo a scrivere la risposta della domanda dodici, qualcuno bussa alla porta e dopo un " avanti " irritato da parte dell'insegnante, la porta si apre e nella stanza entra Dan che si scusa con il prof per il ritardo. «Dan, Dan, Dan, cosa devo fare con te? È già le diciottesima volta che entri in ritardo nella mia ora quest'anno. Dovrei mandarti dal preside, sai?» dice Park al mio amico, che annuisce e gli presenta la giustificazione timidamente, facendo si che il prof gli sorrida e lo mandi al posto senza nota o eventuali rimproveri. In questi tre anni abbiamo quasi sempre cambiato prof, e si intende quelli più bravi, mandandocene altri veramente pessimi, ma per fortuna qualcuno di buon cuore è rimasto, come ad esempio lui che è sempre stato molto gentile e amichevole con tutti i suoi studenti, concedendo loro recuperi e aiuti necessari nella sua materia, come ricerche o progetti a gruppi per alzare la media. Passati quindici minuti consegno il mio compito e ritorno al mio posto, tirando fuori il libro di letteratura e andando alla pagina richiesta. Chiedo a Jinger fin dove sono arrivati con la lettura autonoma e mi indica la riga, così che io inizi a capire parte della lezione, e gli appunti presi da lei stessa. Le sorrido per ringraziarla e mi immergo un po' nella lettura fino a che non sento Scott sussurrare il mio nome, iniziando a picchiettarmi la mano sulla mia spalla. «Dimmi» sussurro girandomi verso di lui, stando attento ai movimenti furtivi del prof, mi passa un biglietto e indica velocemente Dan, bisbigliando un:«é da parte sua». Lo ringrazio e lui mi fa un cenno con il capo. Mi giro e senza farmi vedere apro piano il bigliettino di Dan. «Dove cavolo eri finita? Sai quante volte ti ho chiamato? Ti ho cercato per tutto il locale!» dice il messaggio di Dan insieme a qualche faccina arrabbiata disegnata a lato del foglio un po' stropicciato. Perché cavolo si arrabbia tanto? Sono qui, sana e salva! Sbuffo e inizio a rispondergli.«Quando sono caduta un ragazzo mi ha aiutato e abbiamo iniziato a parlare... vi ho perso di vista e non mi ho più trovati. Ma vi ho cercato anche io!» scrivo velocemente per poi lanciarglielo indietro senza farmi beccare. Poco dopo arriva indietro il biglietto precipitando sul mio banco. Lo apro e leggo la sua risposta.«Un ragazzo ti ha aiutata, bene. Perfetto, ma potevi rispondere alle chiamate. Ci hai fatto preoccupare. Jinger ha dovuto chiamare tuo papà per dirgli che non ti eri sentita bene e così ti sei dovuta fermare da lei. Meno male che non ha fatto tante domande» scrive lui con troppi punti esclamativi alla fine del messaggio. Strappo da un foglio del quaderno un pezzo di carta e inizio a scriverci sopra. «Mi dispiace, va bene? Scusa. Non avevo il cellulare dietro e non vi ho più trovati e così sono andata a bere, ma... diciamo che mi sono ubriacata e lo stesso ragazzo mi ha aiutato ancora... quindi mi ha portata a casa...» gli rispondo io, lanciando nuovamente indietro a Dan il biglietto per poi aspettare la sua risposta, che quando arriva sbianco e sento una fitta al petto.
«Quindi il misterioso ragazzo che ti ha aiutato, ti ha fatto dormire da lui, o più correttamente, ti ha fatto scopare da lui» dice la sua risposta, facendomi sentire stranamente in colpa. Guardo per qualche secondo il bigliettino e lo accartoccio, senza dargli risposta. Non la merita. Stupido imbecille.
Mi alzo e vado a buttarlo, cercando di non guardare Dan, che fa di tutto per attirare la mia attenzione e avere un risposta.
Torno al mio posto e disturbo Jinger, che molto probabilmente messaggia con Josh. «Si?» sussurra lei, appoggiando il cellulare sul banco.
«Mi dispiace averti obbligato, in qualche modo, a mentire a mio papà...» mi scuso io, sentendo le budella dello stomaco contrarsi, ripensando a ciò che c'era scritto sul biglietto.
«Tranquilla, non ti preoccupare. Non è stato nulla di che. E poi lo sai, per te farei di tutto» dice lei sorridendomi, per poi prendere una matita e scrivere sopra il mio libro le nostre iniziali. Le sorrido e la ringrazio, in seguito lei tornare alla sua discussione via messaggio con il ragazzo dietro di lei, che le sorride furbo appena si gira a guardarlo. Mi massaggio le tempie e provo a non pensare a nulla, anche se la cosa diventa complicata quando sento Dan chiamarmi sottovoce. Senza girarmi e farmi vedere da Park, mostro il dito medio a Dan, che smette immediatamente, permettendomi di concentrarmi sulla letteratura. Poco dopo il prof mi chiama alla cattedra e mi consegna il mio compito corretto, mostrandomi il voto. «Mi aspettavo una A, ma in fondo anche una B va bene. Comunque brava, hai recuperato» si complimenta con me Park, per poi mostrarmi gli errori e chiarirmeli. Vado al posto e lui inizia a spiegare la lezione del giorno, che ascolto cercando di evitare di pensare alle parole di Dan scritto in quel bigliettino spiegazzato, che in realtà mi fanno solo incazzare. No, non mi fanno incazzare, mi fanno venire una voglia assurda di alzarmi dalla sedia e spaccargli la faccia. Come cazzo può pensare una cosa del genere? Sa che non lo farei mai. Cioè, ero ubriaca e anche se fosse accaduto non l'avrei ricordato, o comunque non l'avrei fatto di mia spontanea volontà, ma solo perché il mio buon senso era partito insieme alla mia sobrietà. Tutto questo mi manda in bestia. Sa come sono. Sa che non sono quel genere di persona. Ma anche se l'avessi fatto a lui cosa importa?! Dannazione. Vorrei poter alzarmi e andarmene dalla classe, per il semplice fatto che lui sta dietro di me di due posti e mi fa solo salire la voglia di gridargli contro. Stupido Dan... come puoi davvero pensare questo di me? Scuoto la testa e la appoggio sul banco, nella speranza che queste ultime due ore passino velocemente. Chiudo gli occhi e senza accorgermene mi addormento fino al suono delle campanella, la quale mi sveglia. «Thea... avanti, svegliati!» mi sussurra all'orecchio Jinger, scuotendomi un po'.«Cosa c'è...» biascico io, alzando la testa e prestandole attenzione. «Dan ti chiama» mi informa, facendomi girare nella sua direzione. «Digli di fottersi» brontolo per poi cercare di riaddormentarmi.«Thea ha detto di fotter-... ah, no. Dan, lascia stare» si blocca lei, tornando a scuotermi.«Cosa c'è ancora, Jin?» le chiedo, questa volta senza guardarla. La sento avvicinarsi con la sedia a me e abbassarsi di nuovo fino al mio orecchio. «Che significa questo?» chiede lei.
«"Che significa questo" cosa?» le domando piano, sapendo perfettamente dove vuole andare a parare. «Lo sai, non fare la testarda. Perché gli hai detto di fottersi?» sussurra lei, tirandomi il cappuccio della felpa, costringendomi a guardarla in faccia. Mi passo la mano sul viso e sbadiglio prima di parlare «Dan lo sa». «Se lo sa Dan, allora lo devo sapere anche io!» afferma battendo la mano sul banco.«Non fare la bambina, dai. Te lo spiegherò dopo» la zittisco io cercando di dormire.
«Va bene... ma Thea, sei arrabbiata?» mi domanda addolcendo il suo tono di voce.
«Quando mai io non sono arrabbiata?» le chiedo facendola sorridere e scuotere la testa. Mi scompiglia un po' i capelli e torna a fare quello che stava facendo alcuni attimi prima di essere interrotta da quello stupido.
Provo ancora ad appoggiare la testa al banco ma la voce del prof mi richiama impedendomi di dormire.
«Tutto a posto Roland?» mi domanda gentilmente.
«Oh, emh... no, io... cioè, si, tutto a posto» rispondo, sentendo gli occhi di tutta la classe che mi fissano. A dir poco fastidioso.
«Sei sicura? Non vuoi andare fuori a sgranchirti un po' le gambe o prendere un bicchiere l'acqua?» mi chiede avvicinandosi al banco.
«Ah, emh... si, va bene» lo ringrazio a bassa voce, per poi alzarmi dal mio banco e uscire dalla classe, che sembra essere diventata troppo stretta e quasi impossibile respirarci.
Subito dopo essere uscita dalla gabbia, mi appoggio al muro e chiudo gli occhi, cercando davvero, in tutti i modi possibili, di non pensare a Dan.
Abbiamo sempre scherzato in questo modo, ma lui non mi ha mai detto una cosa del genere. Non ha mai tirato fuori questa storia di un eventuale scopata con qualcuno, nemmeno per scherzo, perché sa... sa quanto a me da fastidio parlare di tutto ciò.
E lui sa i motivi, eppure sembra che oggi li abbia dimenticati.
«Sono così stanca...» sussurro a me stessa, desiderando essere a casa nel mio letto, sotto le coperte e non uscirne più.
A distrarmi dai miei desideri è il rumore della porta al mio fianco a me che si apre e si chiude subito dopo.
Dan è in piedi di fianco a me e mi guarda dall'alto.
«Thea, dobbiamo parlare» dice lui.
Apro la bocca per parlare ma la chiudo subito dopo, senza dire nulla. Guardo per terra e lo evito, provando a spostarmi dalla parte opposta, cercando di ignorarlo anche se risulta complicato, perché ad ogni passo che faccio, lui lo fa con me, impedendomi il passaggio.
«Dan, togliti» gli dico appoggiando la mano sul suo petto.
«No, non mi sposto fino a che non mi avrai guardato e non avremmo parlato» afferma lui, prendendomi per mano e trascinandomi lungo corridoio, fino al ripostiglio delle scope.
«Ora spiegami per quale motivo siamo qui» domando io, sbuffando.
«Perché se inizi ad urlarmi contro il prof ci sente, esce e mi fa un culo della madonna. Ecco perché» mi spiega lui bloccando la porta da dentro.
«Era davvero necessario? Ah, e che significa che ti fa il culo?» chiedo incrociando finalmente lo sguardo del ragazzo alto e cocciuto.
«Allora, punto primo: si, era necessario. So che potresti scappare e non ascoltarmi...».
«Non lo farei mai» lo interrompo io appoggiandomi allo scaffale dietro di me.
«Si invece, lo faresti. L'hai già fatto in passato. Punto due: ho detto al prof che andavo in bagno, non che venivo a cercare te, quindi... non mi pare il caso che ci becchi a parlare» dice lui, appoggiandosi all'armadietto.
«E ultima cosa, ma meno importate, mi stai parlando» sussurra sorridendomi.
Sospiro e scuoto la testa, coprendomi il sorriso che mi è comparso sul viso. Mi passo una mano tra i capelli spostandoli indietro per vedere meglio Dan.
Gli sorrido e faccio qualche passo verso di lui, aprendo le braccia e intrappolandolo in esse.
«Ti detesto quando fai così...» gli confesso stringendolo ancora un po', fino a che anche lui non ricambia.
«Ora mi spieghi perché hai reagito così?» mi chiede lui, riferendosi al mio comportamento in classe.
«Davvero non l'hai capito? Ma quando sei idiota?» ridacchio, stando ancora abbracciata a lui.
«No, quindi potresti spiegarmelo?» domanda gentilmente, accarezzandomi la schiena.
«Tu... tu pensi davvero che lo farei con il primo che capita?» dico tutto d'un fiato, sentendo il cuore accelerare e la vergogna impossessarsi di me.
«Che?» Dan si staccanda da me e mi guarda in faccia, non capendo a cosa mi riferisco.
Ha volte fa il ritardato.
Passano alcuni secondi prima che una smorfia di comprensione spunti sul suo viso e che si trasformi in un sorriso tenero.
«No, non lo penso. Scusa. Ho capito, ma... ieri sera ero così preoccupato. Poi tu non rispondevi al telefono, così ho finito per arrabbiarmi e quando ho saputo che sei stata da uno sconosciuto... non ci ho più visto. Ho esagerato» sussurra piano, continuando a stringermi tra le sue braccia, che mi hanno stretto forte così tante volte negli ultimi anni che quasi non posso farne a meno.
«Ti voglio bene Dorothea. Troppo bene e...» sussurra piano, stringendomi sempre più forte, tanto da farmi mancare il fiato «e mi dispiace se a volte mi comporto così. Sono un amico... geloso» mi rivela facendomi sorridere.
«L'ho capito. Ora... lasciami, se no muoio» scherzo io allontanandomi poco, andando a sbattere contro lo scaffale e facendo cadere per terra alcune bottiglie di plastica e detersivi. «Merda... speriamo che non ci abbia sentito nessuno...» dico io, raccogliendole e rimettendole a posto.
«Già, ora usciamo, siamo stati per troppo tempo fuori» concordo con lui e così usciamo trovandoci davanti l'ultima persona che avrei voluto vedere oggi.
«Potete spiegarmi gentilmente che ci stavate facendo li dentro?» domanda O'conner.
Provo a rispondere ma appena le immagini di sta mattina mi tornano in mente, cerco di nascondermi dietro Dan, anche se tutto ciò risulta inutile.
«Allen, Roland, in classe. Ne riparleremo più tardi» dice freddo, prima di lanciarmi un occhiataccia e entrare nella classe di fianco alla nostra.
Riprendo a respirare e mi aggrappo a Dan.
«Certo che ieri sembrava uscito dall'immondizia e oggi invece da qualche bel negozio da ricconi...» commenta lui scuotendo la testa, per poi entrare in classe subito dopo di me.
«Allora? Meglio Roland?» chiede Park mentre mi siedo.
«Si, tutto a posto» lo informo sedendomi al mio posto, osservata nuovamente dall'intera classe.
«Allora? Avete parlato tu e Dan?» mi sussurra Jinger all'orecchio. Faccio un cenno con la testa e lei mima un 'va bene' con la bocca.
Finite le tre lunghe ore con il professore Park, usciamo tutti dalla classe e ci dirigiamo in quella di musica
«Adesso mi puoi raccontare quello che è successo ieri?» grida Jinger mentre scendiamo le scale, aggrappandosi al mio braccio.
«Certo che sei noiosa...» le dico.
«No, sono curiosa. È diverso» precisa lei, ridendo per la gronda delle scale.
«Abbassa la voce, scema» la rimprovero io, facendola smettere per alcuni secondi prima di ricominciare. Alzo gli occhi al cielo ed entriamo nell'aula ventisette e ognuno di noi si mette vicino ad uno strumento tranne Josh, che si rifiuta categoricamente di suonare il triangolo.
Lo guardo e trattengo una risata, prendendo in mano il tamburello che sono stata obbligata a suonare perché secondo la professoressa White sarebbe meglio che non prendessi in mano uno strumento delicato, dato che in prima superiore senza farlo apposta feci cadere un violino.
Non si ruppe, ma per maggior sicurezza disse di non toccarli più e la cosa mi fa piuttosto ridere, perché ora mi basta scuotere un po' questo strumento e prendo un bel voto. E stessa cosa fa Jinger, ma lei lo fa semplicemente perché non le interessa particolarmente questa materia.
Dietro di me si prepara Dan con la batteria, Charley di fianco con il flauto e Josh continua a lamentarsi.
«Seriamente prof White, sono tre anni che uso sto coso! La prego! Mi faccia suonare la chitarra! Sono migliorato, lo giuro!» si lamenta lui, facendo ridere tutta la classe.
«Mi dispiace troppo Morris, ma no. Continua ad usare il triangolo ed esercitati! Coraggio!» dice lei, prendendo in mano alcuni fogli e consegnandoceli.
Poco dopo i flauti, seguiti dai violini e trombe iniziano a suonare. Ogni tanto io e Jinger emettiamo un suono con il tamburello e prendiamo parte alla nuova composizione della prof, oppure scherziamo sulla "bravura" di Josh.
Finita la lezione io e Jin ci dirigiamo verso la mensa e ci sediamo al solito tavolo vicino alla finestra.
«Ora parla. Devo sapere» dice lei sedendosi.
«Okay, va bene. Ma prometti di non gridare o dirlo a qualcuno, okay?» lei fa un cenno col capo e mi presta completa attenzione.
In realtà so perfettamente che lei non direbbe mai nulla a nessuno, ma voglio accertarmi che quel nessuno comprenda anche Dan, che se lo sapesse, darebbe completamente di matto. Non solo perché il ragazzo della sera prima è O'Conner il nostro supplente, ma anche perché, come se niente fosse, dopo avermi fatto dormire a casa sua mi ha parlato e io non ho subito spiegato Dan che era lui che mi ha aiutato e tutto il resto.
Prendo coraggio e inizio a parlare, raccontandole tutto dall'inizio alla fine.
Le racconto cosa è successo in discoteca, la mia sbronza, di O'Conner, che in realtà non solo è il nostro supplente di matematica, ma anche il chitarrista della band del Poison. Le racconto che mi ha portato a casa sua, nonostante io gli abbia vomitato addosso. Del fatto che gli ho rubato una maglietta per la notte, l'ho fatto dormire sul divanetto di camera sua, rubandogli il suo letto. Della mattina, di lui in boxer, della colazione e del passaggio e soprattutto del perché il giorno prima era un nerd e il giorno dopo... un cazzo di modello di qualche cazzo di rivista.
«E in più ha visto me e Dan uscire dal ripostiglio delle scope. Non puoi capire che figura di merda! Chissà cosa avrà pensato!» quasi grido ripensandoci, sentendo le guance scottare e la testa esplodere.
«Non ci posso credere» sussurra lei.
«Nemmeno io...» brontolo disperata, in attesa che qualcuno mi venga a uccidere.
«Non ci posso credere che hai dormito a casa di quel figo del chitarrista che è anche il nostro prof di matematica! Sei così fortunata Thea!» grida entusiasta lei, prendendo la mia mano per poi stringerla.
«Ti sei fumata il cervello? Non... non va bene!» dico io, cercando di farle capire la gravità della cosa.
«Non è poi così male. Voglio dire! L'ho visto ieri il chitarrista! E meno male che non l'ha visto anche Dan, se no si sarebbe fatto qualche domanda».
«Si, ma lui non sa chi è il ragazzo che ieri mi ha aiutato, e non lo dovrà sapere» affermo io iniziando a mangiarmi le unghie.
«Senti, sei una ragazza, non un roditore, quindi smettila» dice lei, spostandomi la mano dalla bocca «e un'altra cosa... per cosa avete litigato tu e Dan prima?»
«Sinceramente?» domando a Jinger, facendole muovere la testa nell'attesa della mia risposta.
«Per il prof» le confido sentendomi totalmente a disagio.
«Quindi stavi così per questo? Avrà sicuramente detto qualcosa che non pensava per gelosia, questo è ovvio. Ma cosa?»
«Pensava che fossi andata a letto con lui e io... mi sono sentita in colpa e così male che... davvero non lo so» cerco delle parole per arrivare alla fine del mio discorso, ma non trovo e così ci rinuncio.
«Okay, ho capito. Non ti preoccupare. Dan è solo geloso, è sempre preoccupato per te, quindi qualsiasi cosa stupida ti dica, non darci peso. Sai com'è» mi rassicura lei, facendo scomparire piano piano tutte le mie preoccupazioni. Come sempre.
«Si, so com'è... solo che non mi aspettavo che lui-...» provo a dire, prima che un colpo di tosse alle mie spalle, mi interrompa.
Gli occhi di Jinger saettano da me a oltre la mia spalla e un sorrisino le spunta in viso, facendomi desiderare nuovamente di scomparire dalla faccia della terra.
«Roland, potresti venire in sala insegnanti, per favore?» mi giro e mi ritrovo O'Conner con in mano alcune schede, un' aria piuttosto stanca ma composta e il solito sguardo distaccato e severo.
«Se devo... a dopo Jin» la saluto e la lascio in mensa, mentre seguo il prof fino in aula insegnanti.
Mi sembra di andare al patibolo.

Zalve zalvino pecorelle della lana.
Un nuovo capitolo. Mio dio! E non è passato un mese! Voglio un premio e una cassa di gelato alla menta e cioccolato. Ora u.u
Okay, basta dire cavolate.
Anche se boh, c'è poco da dire.
Jinger è una ragazza curiosa e la amo.
Dan è un ragazzo geloso e boh, amo anche lui e poi c'è Thea, che è più problematica come non mai.
E per finire c'è Matt, che compare due volte e io... DIO MATT. CIAO. OuO
No, okay, la smetto.
Volevo aggiungere più scene con lui, ma è già abbastanza lungo, poi diventa un mattone e buh. Certo, non mi dispiace farlo lungo il capitolo, ma poi a qualcuno magari passa la voglia di leggere, quindi non so.
Comunque, comunque, comunque, passiamo alle cose davvero importanti.
Come tutti sapete, nomino spesso Baptivi , scrittrice qui su Wattpad per una fanfiction su Dylan O'Brien, che si chiama "Mille baci sotto il sole" (ANDATELA A LEGGERE È DAVVERO BELLISSIMA *^*) e mia compagna di classe e amica awawawa.
Beh, ci siamo messe d'accordo per 'unire' le nostre storie. Quindi la sua protagonista apparirà nella mia e la mia nella sua. Tutto chiaro? Spero di si.
Anche se diciamo che... la sua storia è ambientata leggermente più avanti nel tempo che la mia.
In qualsiasi caso, perché facciamo così? Perché ci va e perché l'idea piace ad entrambe.
Comunque probabilmente qualcuno sa già di chi parlo: la protagonista di "Mille baci sotto il sole" è Abigail e il protagonista è Dylan O'Brien! Yeeeee! Molto bene! Spero di aver chiarito tutto, se non è chiaro qualcosa chiedetemi pure, lasciate un commento, un messaggio in chat, una minaccia nella cassetta delle lettere... qualsiasi cosa, anche "innaffia i gerani" o che ne so.
Vabbeh. Avete capito.
Ps: MI RACCOMANDO, LEGGETE LA STORIA DI BAPTIVI AWAWAWA. *^*
E nel caso qualcuno non capisse qualcosa o volesse dei chiarimenti, chiedete, io sono qui.
Pss: ho dovuto cambiare il personaggio che interpretava Tamara (se qualcuno se la ricorda), perché era interpretata da Lucy Hale, e dato che adesso io e Baptivi uniamo le due storie, e anche lei ha nel cast Lucy Hale, l'ho cambiata. Ma nulla di rilevante.
VEAAMO UN CASINO, CIAO.

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