Una Panchina

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Cosa pensereste se vi dicessi che un giorno, in un parco, una panchina mi ha rivolto la parola? Pensereste sia pazzo non è vero? Beh, vi sbagliate! Quel giorno è successo qualcosa di magico e di stupefacente.

Camminavo, come ogni mercoledì, perché si sa che il mercoledì è il giorno perfetto per camminare, nel mio parco preferito. Questo parco ha un nome strano che, a parer mio, non gli rende giustizia, si chiama Grugnotorto. Suona quasi minaccioso. Ma non è questo il punto, come stavo dicendo quel giorno passeggiavo alla solita ora del solito giorno nel solito parco e arrivato al solito punto mi sono seduto su una panchina. Sulla mia panchina. La panchina dove mi rilasso e mi immergo nella mia fantasia. Proprio davanti alla panchina c'era un laghetto dove nuotavano, non curanti di quello che stava per accadere, dei germani reali. Ad un certo punto mi sono messo ad annusare l'aria, aveva un odore famigliare, quell'odore di erba tagliata, di primavera. Ho sorriso e ho ringraziato il mondo di avermi dato un altro mercoledì.

Non sottovalutate il mercoledì! Il mercoledì è il giorno alla metà della settimana, quel giorno che non fa sembrare la vacanza così lontana. Il giorno dove tutti dovremmo fermarci un attimo e riordinare i pensieri per affrontare i due giorni che vengono prima del meritato riposo. Non sotto valutate il mercoledì.

Ma mi sono perso di nuovo, Che stavo dicendo? È che sono eccitato! Euforico! Agitato! Felice! Spaventato! Intimidito! Ma tranquillo. Quel giorno, mentre ero seduto sulla mia panchina intento a riordinare i pensieri è successo! Una voce, non saprei dire se maschile o femminile, mi parlò. Subito mi guardai intorno ma non vedendo nessuno ho pensato di essermi sbagliato, ma ecco che si fa risentire. Mi chiama per nome. Lieve, quasi un sussuro. Trema. A quel punto rispondo, chiedo chi sia e la risposta mi lasciò di stucco. -Sono la tua panchina.- Subito mi alzai veloce e la fissai. Come poteva parlare una panchina? -Ti vedo spesso, vieni qui ogni mercoledì alla stessa ora. Ho imparato a riconoscere il tuo passo e il tuo modo di sedere.- Sono rimasto sbalordito, mai avrei potuto pensare a una cosa simile. Poi, un po' titubante, gli ho chiesto. -Ma come fai a parlare?- E lei, come se fosse la cosa più semplice di questo mondo, ha detto. -Ho preso coraggio e ho parlato. Ho delle cose da raccontare.- A quel punto ho fatto una smorfia di curiosità. -E cos'hai da raccontare?- Subito dopo ho sentito i suoi occhi invisibili posarsi su di me. -Ho da raccontare poesie, filastrocche e altri racconti dei viandanti che di giorno in giorno hanno fatto riposare le loro gambe affaticate su di me. Ho scelto te perché sei l'unico che ho imparato a conoscere e vorrei che scrivessi queste storie, così da farle leggere alle persone che ne hanno bisogno. Perché tutti hanno bisogno di una storia da leggere o da raccontare.-

Ho guardato la panchina che per un buon lasso di tempo sembrava morta. Più nessun suono usciva dalle crepe del suo legno. Mi sono frugato nelle tasche, prima destra poi sinistra poi quella interna e finalmente eccolo! Il mio quadernetto. Lo tiro fuori, faccio scattare la mina della penna e mi siedo sulla mia nuova amica. -Tutti hanno bisogno di una storia da leggere o da raccontare. Sono pronto.-

Così eccole quì. Poesie, filastrocche e altri racconti di una panchina.

Poesie, filastrocche e altri racconti di una panchinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora