Rabac

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"14 agosto 2013"
Ricordo questo giorno come se fosse ieri, il giorno in cui è incominciato il mio incubo, il giorno in cui ho incominciato ad aver paura, il giorno in cui ho iniziato a soffrire veramente.
Erano le 04:30 del mattino di quell'agosto così secco e sfiorito. Non riuscivo a dormire pensando a quante ore di macchina mi sarebbero spettate fra pochi istanti per raggiungere una favolosa spiaggia deserta senza preoccupazioni né ansie. Da quando avevo 5 anni ho sempre sofferto i lunghi tragitti in macchina. Mi danno il voltastomaco: mi gira la testa vedo stelline e arcobaleni e poi vomito, tutto questo in meno di mezz'ora su qualsiasi mezzo a quattro ruote. Pensavo e speravo, come ogni estate, che il destino mi avesse preservato qualcosa di entusiasmante, come l'incontro con un ragazzo misterioso in spiaggia o l'attesissima conferma da parte di mio padre di quel tatuaggio tanto atteso sulla caviglia... Il ricordo più nitido che balzò nella mia mente fu la parola cambiamento. C'e sempre qualche mia amica che torna dalle costose vacanze con qualcosa da raccontare o da mostrare . C'era chi si era perforata l'ombelico con quel brillantino che tutte vorrebbero, ma per paura di avere un po' di pancetta nessuna indossa, chi esibiva il proprio anellino d'argento con il pendente cuoricino di Tiffany o chi semplicemente aveva perso la V con l'infatuazione estiva conosciuta a Riccione.
Io no.
Il massimo che potevo dare a vedere era la mia quasi impercettibile abbronzatura, visibile solo attraverso ad una lente d'ingrandimento. Mi ero auto-soprannominata per questa mia caratteristica " fantasmina" , perché oltre ad essere chiara di pelle sono anche biondiccia, quel biondo spento che si vede nelle pubblicità di prodotti per capelli danneggiati "prima e dopo" : il mio colore era sicuramente il "prima", una gradazione di biondo decisamente spento che per colpa dell'acqua del mare era diventata ancora più inespressiva senza contare le mie miriadi di doppie e triple punte su quasi tutte le ciocche dei miei poveri capelli o meglio sui miei due ciuffi dato che no ho neanche mai goduto di una chioma sana e abbondante come JLo. A peggiorare le cose era anche il colore del mio iride: azzurro.
Più specificatamente si definirebbe ceruleo.
Designata ad essere un vampiro per il resto della mia vita mi ero già rassegnata a dieci anni alla vita della fama e della moda ( le foto in bikini di Adriana Lima o Naomi Campbell in quel periodo non erano d'aiuto). Dal punto di vista fisico non ero una scopa ambulante ma neanche la donna cannone. Avevo le mie curve.
All'epoca non mi importavano le qualità del mio corpo, semplicemente non ci pensavo e non erano il mio primo pensiero. Avevo per la testa altro a cui pensare. Sicuramente erano sciocchezze giovanili ma almeno non facevo del male a nessuno tantomeno a me stessa.
Ma le cose sono cambiate.
Mi addormentai dopo queste infinità di pensieri, non ero abituata a pensar così tanto che mi sentivo come se avessi corso la maratona di NYC.
-"Tesoro?!
Svegliati amore che è l'ora di andare".
Qualcuno mi scosse dolcemente la spalla, sentii una voce parlarmi: era X,la mia matrigna ( anche se non è una vecchia megera con il naso adunco come fa intendere la parentela tra di noi ) che cercava di svegliarmi.
-"ma che ore sono?
Dobbiamo già partire adesso?" Domandai con aria assonnata e confusa e anche un po' alterata dato che non mi definirei proprio una persona mattiniera.
-"se non saliamo in auto a quest'ora troveremo un traffico inaudito: siamo comunque in agosto non a gennaio!"
Mi alzai dal divano letto su cui avevo dormito. La schiena scricchiolò per un istante, colpa della stoffa dura e graffiante di questo materasso, pensai.
Non erano passati neanche due minuti che dalle scale scesero giù una fiumana di persone: mio fratello, mio padre e le mie due sorellastre ( preferirei chiamarle sorelline per lo stesso motivo del nome matrigna). Assonnati e stanchi, dai loro volti sembrava che ci fosse appena stata l'apocalisse.
Fortunatamente i bagagli erano già stati fatti da mio padre nel pomeriggio con l'aiuto della luce del sole ( e di X ) e caricati con corde e lacci per evitare di sparpagliare tutta la nostra biancheria e i barattoli di conserve al pomodoro fatte dalle nonne per tutta l'autostrada per non causare incidenti.
Papà chiuse le luci, il gas, e l'impianto di irrigazione per il piccolo neo orticello che aveva realizzato da poco, ma che già si potevano vedere dei corti gambi di cetrioli e carote. La porta fu chiusa a doppia mandata per impedire ai ladruncoli in giro di venire a fare festa li. L'allarme fu instaurato e partimmo. Io avevo il mio cuscino in mano, sperando di riacquistare il sonno perduto e distrarmi dalle difficili e vomitose curve che mi avrebbero aspettata fino all'arrivo di un autogrill. Andammo. Avevo le palpebre socchiuse ma notavo benissimo tutti i comignoli e viottoli che diventavano sempre più piccoli fino a sparire. Questa cosa mi piaceva, mi faceva sentire libera da catene in uno stesso posto per troppo tempo. Da un lato ero felice di andare via da lì anche se quel luogo mi aveva regalato emozioni bellissime, ma dall'altro volevo rimanere lì, aspettare la nascita di quelle piantine di pomodori, innaffiarle e infine coglierle. Sapevo che sarei ritornata fra tre settimane ma non sapevo se avrei trovato tutto allo stesso posto. L'ultima volta che feci questo ragionamento è stato circa due anni fa e dei ladri entrarono il casa di mia nonna ( fra l'altro una casa in centro vicino ad un supermercato! ) rubarono tutto ciò che c'era. Non avevano nemmeno guardato dentro i cassetti prima di aprirli e vuotarli, non avevano tempo . Quello che era lì a disposizione lo presero. Rubarono la mia macchina fotografica digitale. Fa quel giorno promisi a me stessa di racimolare soldi e comprarmene una da sola. Cosa che ovviamente non fu possibile dato che la mia paghetta è un po scarna in questi giorni ( sono una spendacciona lo so..) .
Vidi l'imboccatura per lo stradone e la scritta -autostrada- da lì più niente turbò il mio animo. Mi addormentai di botto, come un sasso.
-"bellissimo!
Bambini guardate fuori dal finestrino."
-"mamma ma quello laggiù è uno scoglio o una peschereccio?"
sentivo voci e suoni di stupore nella macchina di un viaggiavo. Aprii un'occhiata solo per controllare che fossi ancora viva, poi lo richiusi e aprii l'altro per vedere ( questa volta ) se funzionava bene. Li aprii poi del tutto e la prima cosa che vidi fu il blu. Blu dappertutto, in altro in basso e alle pareti. Non capivo quale fosse il cielo è quale il mare. Sembrava di stare sulle nuvole. Non avevo mai visto un posto così incredibile. Abbassai una fessura del finestrino, un venticello fresco mi scompigliò i capelli, lo abbassai del tutto e questa vita misi completamente la testa fuori come fanno i cani, volevo veder bene quello che mi circondava. Se chiudevo gli occhi potevo sentire il sapore del mare, del sale. La sensazione della sabbia calda tra le dita dei piedi mi solleticò il pensiero. I miei occhi presero il colore del cielo, divennero subito più lucenti! Amavo quel posto, sembrava di essere approdati su un'isola deserta anche se, guardando in basso, si potevano vedere delle navi. Le ruote della macchina giravano e giravano come se fossero delle lavatrici. La strada su cui stavo viaggiando era su un'altura: mi sporgendomi di sotto ammiravo le scogliere. Mi sentivo un uccellino in gabbia senza ali: la libertà e la vita ad un passo da me, ma potevo solo stare a guardare tutto quel paradiso..
-"ti piace?"chiese mio padre a quella parte di me ancora non persa del tutto
-" lo adoro! Non vedo l'ora di scendere dal macchina per buttarmi in acqua , anche vestita!!" Rispondendo con enfasi.
Finalmente mi sentivo a casa. Mi sentivo a Rabac.

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