Introduzione

623 5 2
                                    

Canto fin da quando sono piccola. Ne ho sempre sentito il bisogno. È la mia valvola di sfogo, l'unica cosa che mi faccia stare bene. Canto per far tacere per un attimo il dolore che mi porto dentro. Ma poi ricomincia, più forte di prima e forse dovrei cantare a volume più alto, ma non riesco a fare niente se non piangere. Piango tutte le mie sere, convinta, alla fine, di non aver più lacrime. Ma mi sbaglio perché la mattina dopo ritornano prepotenti a sgorgare sul mio viso.
Mi chiamo Musa Kimura, sono una fata guardiana e questo, probabilmente, dovrebbe riempirmi di gioia e di orgoglio, ma non è così. Se non si ama e non si è ricambiati, tutte le gioie, tutti gli orgogli sono vani.
Ebbene, una volta ero felice. Dopo la morte di mia madre, credevo di non poterlo essere più. Mi sentivo in colpa ad essere felice perché lei non c'era più. Ma con lui era diverso. Riven riusciva a farmi dimenticare tutti i miei problemi, tutti i miei drammi. Con Riven pensavo che fosse giusto essere felice. Che anche io me lo meritassi. Mi sentivo come se stessi toccando il cielo con un dito, eppure avevo i piedi ancorata a terra e volteggiavo tra le sue braccia possenti e muscolose.
Quando se n'è andato, pensavo che sarei riuscita a sopravvivere senza di lui. Mi dicevo che ero cresciuta senza una madre e che sarei riuscita a vivere senza di lui. Ma non ci riesco. Il mio corpo fa le cose, vive. Ma la mia anima è ferma a quel mattino di due anni fa, quando è sparito nel nulla senza lasciare un bigliettino, un messaggio, ma gli armadi vuoti, così come il mio cuore.
Ho ventidue anni, una vita davanti, ma non riesco a superare uno stupido amore adolescenziale. Questo è il responso del mio psicologo. "Mio" è una parola grossa, visto che dopo quell'unica volta non ci sono mai più tornata. Forse mi avrebbe fatto bene, ma non riesco a pensare che quello fosse "uno stupido amore adolescenziale". Io lo amavo con tutta me stessa, ero sempre pronta a perdonarlo, lo aspettavo con ansia quando andava in missione. Insieme siamo cresciuti, siamo cambiati. Avevamo un progetto di vita comune. Che non è mai andato in porto.
Anche se non è qui fisicamente, lui è in ogni mio pensiero, in ogni mia lacrima, in ogni mia canzone. E nessuno se ne accorge. Sono tutti troppo presi dalla loro felicità per accorgersi di me. Ed io sono contenta per loro, ma nel profondo sento un'emozione che non riesco a definire...forse invidia. È terribile vedere che gli altri riescono ad andare avanti mentre tu sei ferma ad aspettare che uno stronzo che se ne è andato per sempre ritorni.
Eppure lo faccio. Ogni giorno, da due anni. Mi faccio bella, nella speranza che lui bussi alla mia porta e mi chieda perdono. Probabilmente all'inizio sarei un po' ritrosa, ma poi lo accoglierei a braccia aperte, gli preparerei un bagno caldo e il suo cibo preferito.
Nella vita canto, insegno e faccio la zia. Le mie amiche sono come sorelle per me. E i loro amabili figlioli sono come dei nipoti. Loro amano stare con la zia Musa. Ogni tanto li guardo e penso a come sarebbe se in mezzo a loro ci fosse un piccolino o una piccolina con gli occhi blu e i capelli Magenta. Un mix tra me e Riven...la cosa mi incuriosisce e mi fa venire una maledetta voglia di piangere.
In questi momenti mi chiedo perché io non possa essere felice senza lui. I bambini sono felici sempre e mi domando perché io non possa essere come loro e planare sopra la vita.

Questo primo capitolo è un po' corto, ma saprò farmi perdonare! Inoltre, ho deciso di accompagnare diversi capitoli con delle canzoni. Vi piace come idea?

Fenice - Rivusa ff Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora