- un caffè, grazie.
- caffè?
- sì, un caffè.
- scusi, è che non mi sembra quello che realmente desidera.
- la spaventerebbe conoscere quello che realmente desidero, signorina.
- e pensa che un caffè possa aiutarla?
- io penso che ognuno di noi sia destinato a qualcosa; atlante reggeva sulle spalle la volta del cielo, una punizione divina, io come atlante sono stato punito e adesso sono costretto a reggere il globo; le pare errato?
- mi deve perdonare, ma non credo nel destino.
- e in cosa crede lei?
- forse non credo in nulla.
- il caffè, signorina.
- ma lei non vuole un caffè.
- non posso starmene qui a pretendere che qualcun altro regga questo peso al posto mio, non crede? non crede che io lo meriti? non conosce neanche la mia storia. ho fatto cose orribili io, signorina, ho gli occhi vitrei da sempre, non riesco a provare alcun tipo di sentimento, rimango indifferente al peso del mondo, passivo nelle scelte della vita, mi sento debole ed impotente, dopo quella sera nulla è più stato come prima; sa cosa ho fatto subito dopo, quella sera? ho ordinato un caffè.
- com'era quel caffè?
- cosa intende?
- che gusto aveva quel caffè?
- di provenienza colombiana, forte, senza zucchero, annacquato nella brocca per poterlo utilizzare durante tutta la giornata lavorativa. era amaro.
- oh no, sapeva di lacrime, non è vero? continuavano a scorrerle sul viso e cadere inconsciamente nella tazzina, ma lei non ha reagito, ha continuato a bere.
- siamo tutti destinati a soffrire, signorina.
- perché desidera questo caffè?
- fuori piove, temporale, tuoni, lampi, desidero qualcosa di caldo.
- pioveva quella sera, vero?
- a catinelle, sembrava non voler smettere.
- un anno fa, ho visto entrare proprio da quella porta un signore con l'impermeabile; indossava un vestito gessato, una cravatta allentata ed un gilet sbottonato ad intravedersi al di sotto della giacca sgualcita; nella mano sinistra reggeva un ombrello giallo, nella destra reggeva il quotidiano completamente zuppo. era entrato da un po' ormai, ma continuava a sostare sull'uscio della porta, con lo sguardo fisso al suolo, gocce che si scontravano sul suolo provenienti da ciocche di capelli color caffè. un cliente abituale è entrato schiamazzando ed il signore sembrò tornare alla realtà, ha guardato il bar in cerca di un tavolo a disposizione e si è seduto in fondo al salone, con le spalle al muro; ha poggiato l'ombrello sulla panca, poi ha riposto il giornale difronte a sé e ha alzato lo sguardo, aveva dei bellissimi occhi castani, sapevano di casa, emanavano calore, poi ha alzato la mano ed ha ordinato un caffè. quando il caffè è arrivato, l'ha osservato per un po' ed ha indugiato nell'avvicinarlo alle labbra, poi ha preso un sorso della bevanda calda e calde lacrime hanno iniziato a scorrere su quel viso stanco, sono cadute nel caffè, hanno bagnato la sua cravatta allentata e poi sono scomparse, i suoi capelli continuavano a bagnare la fronte e la giacca sgualcita, ma imperterrito si godeva il tiepido caffè che aveva ordinato. i suoi occhi si sono spenti, il suo volto si è fatto più stanco e ha smesso di godersi il caffè, lo stava bevendo con lunghi sorsi, per finirlo in fretta. quel caffè lo ha distrutto. signore, non posso permetterle di distruggersi ancora.
- forse lo merito, forse merito quel caffè.
- no, non lo merita.
- lei crede nell'amore signorina?
- no, signore.
- perché?
- si aspettano che ci creda perché tutti quanti almeno una volta nella nostra vita amiamo, la realtà è che pur essendo innamorati, si smette di crederci; fa male essere innamorati signore, ed io non posso permettere a qualcosa che non mi appartiene di distruggermi.
- mi sto distruggendo perché credo nell'amore?
- questo lo sa solo lei.
- sa, forse è proprio vero.
- ...
- il caffè, signorina.
- non posso permetterglielo.
- voglio sentire questo dolore. è questo che continua a motivarmi per andare avanti, necessito di provare qualcosa e se è dolore perché sono troppo innamorato, sono pronto ad affrontarlo.
- lei è pazzo.
- ha proprio ragione, l'amore fa fare cose strane.
- tipo?
- il solo pensiero di innamorarsi e voler dare tutto se stesso ad una persona è folle, signorina.
- ecco il suo caffè.
- come mai?
- forse la amo.
- non fa male?
- da morire.
- non posso permetterglielo allora.
- mi piace, voglio condividere il suo dolore.
- penso di amarla.
- preparo un caffè anche per me.I loro occhi furono vitrei per sempre. Insieme.
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notes.
Short Storyin questa raccolta, gli adolescenti daranno sfogo alle loro urla piú disperate e ai loro dispiaceri piú comuni.