Il rimpianto è un altro nome della morte

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↳𝗜𝗹 𝗿𝗶𝗺𝗽𝗶𝗮𝗻𝘁𝗼 è 𝘂𝗻 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗼 𝗻𝗼𝗺𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗺𝗼𝗿𝘁𝗲↲


"A man is not old until his regrets
take the place of his
dreams"
-Yiddish proverb


"𝓒os'ero io per te, Alina?"


Quando il mattino seguente mi svegliai e un raggio di sole mi solleticò il viso, infastidendomi il sonno, il ricordo del sogno appena avuto era scomparso. Non ne rammentavo più nulla.
Possibile che avessi semplicemente sognato, per questa volta?
Eppure quegli occhi e quella voce sembravano troppo reali da poter immaginare, troppo precisi e fedeli al reale da poter solo pensare.
Il filo che collega la realtà e il mondo astrale è sottile, non sempre visibile; s'attorciglia intorno alla vita e poi, piano piano, ti stringe dappertutto, cuore compreso. È raramente percettibile ai sensi, eppure quando chiudo gli occhi vedo frantumi di sogni scorrermi per le palpebre e incastrarsi nelle ciglia: come se quegli occhi d'ambra, così scuri da somigliare al carbonio, stessero proprio, lontani una membrana di pelle, dai miei.
Puoi scappare da loro, ignorarli, certi sogni tornano sempre lì, trovano sempre un modo per raggiungerti.
E per la prima volta da quando iniziarono, speravo che tornasse alla mia memoria; poiché quel filo, mi stava stringendo sempre più da mancarmi il respiro.

«Alina?» sentii dall'altra parte della porta:
Mal.

«Sei sveglia? Ci stanno aspettando gli altri.» aggiunse, infine. «Arrivo subito, Mal.»

Mi sfilai le coperte da dosso e con fare pigro andai con forza nel piccolo lavabo posto alla parte sinistra del letto, in cui le cere di una piccola candela erano sparse un po' ovunque.

«Ti aspetto di sotto allora.» concluse.
«Va bene!»

"Mal..."

Abbiamo passato così tanto tempo lontani e poi andati incontro a talmente tante peripezie, che non ho avuto modo di riflettere ai sentimenti che m'incollavano a lui.
Ovviamente erano sempre lì, sempre; ma se prima erano un pensiero fisso e persistente, ora sembravano quasi infrangersi tra rocce ed acqua dell'oceano che era diventato il mio cuore.

C'era uno specchio rotto al di sopra del lavandino e il mio riflesso contorto ne faceva capolino: avevo le borse scavate dalla stanchezza, i capelli, un tempo folti e lunghi, sembravano rami di un albero spoglio e le mia labbra avevano perso la rigogliosa forma dei sorrisi. Pensai a quanto fosse facile qualche anno fa, nonostante pensassi il contrario. È crudelmente affascinante come la vita possa sempre farti cambiare idea: quello che prima ti sembrava il periodo più coriaceo, anni avvenire sarebbe diventato un ricordo leggero da rimembrare.
Perché nella vita non si finisce mai di imparare e di cadere per farlo. Forse, è l'unica cosa certa di cui disponiamo. Dobbiamo solo rialzarci e cercare di curarci le ferite che ci siamo procurati.

Mi lavai la faccia con la poca acqua che ne usciva, e sistemai i capelli il più possibile in una treccia; stirai i vestiti con le mani e aprii la porta della locanda nella quale Kaz ci aveva, gentilmente, sistemati.

Incontrai Mal alla fine del corridoio, davanti le scale; intento a ticchettare il pollice nel braccio conserte all'altro.

«Eccomi arrivata.» Mal alzò il capo e si sistemò in una postura rigida pronto a scendere i gradini.

NadryvDove le storie prendono vita. Scoprilo ora