Poesia dell'anima

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Scrivere di te in prosa sarebbe stato riduttivo.
Scrivere in prosa di chi i giorni non li conta sulle punta delle dita, ma ne dimentica la data sarebbe mediocre.

Per te, a cui piace il baccano, ma si coccola nel silenzio della notte;
Per te, a cui sta più a cuore la vita altrui che la propria;
Tu che fai delle lacrime uno scherzo e degli ostacoli fiori
una prosa non basterebbe.
Scrivere del nostro incontro, di un'attimo perso fra i tuoi occhi, di una tua azione, respiro, parola, umore; non avrebbe senso.
La prosa è per chi colore alla vita non ne sa dare, e quindi ne spiega ogni minimo dettaglio.

La tua vita è a colori.
Tu dipingi il mondo a colori.
Il bel tempo non ti è mai piaciuto.
Hai sempre provato interesse per chi di bello non ha proprio niente.
Sei una gioia e un invidia per gli occhi;
col tuo carattere così articolato e i sorrisi infantili, i quali il fiato mi han serrato.
Non scriverò in rima la tua persona,
la rima è per i bambini o per le canzoni senza alcun significato.
Le poesie complesse, gli attimi prolissi a cercare il tuo volto, confusi quanto le scritte dei dottori; sono la nota perfetta per parlare di te.

Non è facile trovare la luce fra tante nuvole.
Eppure ti trovo sempre,
sempre uguale
sempre diverso.
Con qualcosa in più addosso e meno nel cuore.
Dare tanto, ma ricevere poco.
Svuotarsi e mai riempirsi.
Ti ingarbugli in piccole cose, sebbene snodi torrenti:
Fiumi di dolore che anche tu hai provato,
ma mai discusso.
Dolore in gocce, compresse della vita,
un veleno che ti ottura i pori e ti ammala la coscienza.
Mai uscito, mai toccato sulla tua pelle.
Accoltellato dall'intero,
sorridi perdendo sangue
e la pena per la tua situazione, gonfia la tua empatia e schernisce la tua fragilità.
Fragile come specchi in bilico sulla parete.
Vieni toccato da lontano:
le loro dita ti attraversano il cuore ma tu senti solo una goccia cadere sul suolo asciutto.
Non fa rumore.
Non fa rumore il tuo dolore.
Ambiguità di sentirsi inferiore o normale.
Una normalità imbattibile.
Ci si nasce e ne ci si soffre.
Ma nessuno se ne accorge,
sei normale, dolore normale.
Quotidiano quanto un saluto.
Essere a conoscenza della propria situazione da personaggio secondario ti ha portato a dipingere gli altri:
ad arricchirli di attenzioni,
a farli sentire speciali.
Quello che il mondo ti ha sempre negato.
Condizione di ombra sullo sfondo.

A me piace la tua ombra.

Tu sei:
Pensieri sconnessi,
Presente come il caffè al mattino;
Un appuntamento fisso ad un tavolo in attesa.
Attesa per me.
Perché tu non presti attenzione.
Impegnato nel rendere gli altri felici,
dimentichi chi se ne è accorto e ti ha amato.
Chi ti ama.
Aspetto con mille persone,
Uguali a me:
Ferme, immobili per un tuo ricambio di sentimenti.
Felici dei momenti che gli dedichi,
aspettano ancora e ancora.
Ancora quel momento in cui ti fermerai e vedrai quanto di te hai donato e quanto, loro, ti vorrebbero dare in cambio.
Ma tu non accetteresti, vero?
Hai lasciato marchiati i tuoi baci sulle mie labbra; mi hai amato.
Ma ora mi chiedo se provavi quelle emozioni
o ricambiavi solo perché io lo desideravo.
Amata da te.
Volevi accontentarmi,
volevi rendermi felice,
Ma il risultato è ben altro.
Mi hai reso ancora più triste:
Sapere di averti avuto per poco.
È stato paradiso
E inferno.
Ma tu non ricambi.
Non lo hai mai fatto.

Lacrime correvano giorno e notte,
pensando a quanto fossi bello:
Occhi di vetro,
pensanti e vuoti;
vuoti di colore che hai dato alle cose,
empi di amore, emozione.
Capelli grigi, espressione assolta che si riaccende in un'attimo.
Le guance tese all'insù, le sopracciglia alzate, la pelle tirata.
Continui a sorridere, anche se la tua espressione e ben altra.
Snaturato da ogni tua radice.
Cambi umore, pensiero.
Volubile come pochi,
Non accetti il fatto di essere te.
Essere triste è una condizione che ti ammala.
La rabbia ti inquieta.
La paura ti soffoca.
La felicità ti rattrista.

Falso.
Un disegno.
Una recita.
Sconosciuto di te stesso.

Ma ti amo.
Sei la mia beatitudine,
l'imperfezione che io amo.
Mentre mi parli fra i ciliegi in fiore,
attorno alla luce fioca del tramonto,
al colore rosa del mondo;
ti ascolto:
cammini, sali sui sassi, calci pietre e ritorni bambino.
Sei esattamente nel parco in cui venivi lasciato per ore,
ma non lo guardi con tristezza se ci sono io.
Stare da solo è la tua più grande fobia.
Ritornare solo.
Se ti accorgessi di me, sapresti che non lo sei.
Ma parli fra i fiori che cadono dal cielo e sorridi;
chiudi gli occhi per non vedermi, per non osservare chi ha capito che soffri.
Per questo non mi ami?
Per che ti vedo per come sei?

Farò ammenda con ciò.
È un patto che accetto,
se significa starti accanto.
Resterò qui.
Ad aspettare
te.
solo te.

Marta Guerci
09.2020

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