Amore.
Che stupido compromesso fra morte e passione.
Inutile sotto troppi punti di vista per essere minimamente vissuto a pieno, o semplicemente per trovarci degli scorci di giustizia.
Perché se l'amore fosse seriamente giusto, allora perché sono qui?
Sdraiato sulla schiena, con la nuca circondata dal calore di quello che ormai sono sicuro sia il sangue tolto forzatamente dagli squarci che quei bellissimi fiori bianchi stavano sadicamente scavando nella mia gola, sforzandosi prepotentemente di uscire, per salutare il mondo un ultima volta prima di morire in una pozza di rosso liquido, che ironicamente parlando, assomigliava terribilmente ad un petalo di fiore.
Di quei fiori che ora mi stavano uccidendo.
Ci avevano messo poco, almeno per questo dovrei ringraziarli.
Sei mesi, due settimane e tre giorni.
Quel lasso di tempo che le coppie impiegano per prendersi e lasciarsi, vivendosi alla velocità da loro scelta.
La stessa durata che quei fiori impiegavarono per radicarsi nei miei polmoni. Per affondare velocemente le loro radici nella carne, strappando muscoli ed incatenando ossa fra la loro stretta immortale. Nutrendosi instancabilmente dell'unica linfa che riuscivano ad estrarre.
Quella vitale.
Ma in fondo non era colpa di nessuno, tranne che mia.
E forse anche sua.
Così persi la mia battaglia.
Steso su quel pavimento che avevo scelto come letto di morte, a fissare il soffitto bianco un ultima volta.
Ricordandolo, un ultima volta.
La prima volta che lo vidi, i suoi occhi non brillavano.
Forse quel dettaglio era in realtà ciò che mi aveva portato a soffocare per amore.
Lo ricordo anche seduto lì, in fondo alla classe, talmente silenzioso da non rompere l'equilibrio dell'aria attorno a lui.
Così perfettamente unico da mescolarsi ingiustamente con il resto delle sagome in qualunque stanza.
Non seppi quando me ne innamorai.
Forse quando incrociavamo casualmente lo sguardo, fulminandoci a vicenda, o quando le sue labbra si stringevano in una linea sottile ogni volta che gli urlavo contro. Forse quando quella linea divenne una curva.
L'unica cosa certa, era che iniziai a svegliarmi ed essere sicuro che qualcuno mi stava strangolando pochi secondi prima che aprissi gli occhi. Che poi diventò una sensazione ad occhi aperti.
Ogni secondo di ventiquattro ore in cui Shoto Todoroki era vicino a me finiva per diventare una soffocante agonia.
Poi cominciarono i lividi.
Prima lungo la mascella, e piano si estesero lungo la gola. Coprivano dolorosamente lo strato di pelle superficiale, proprio sopra la trachea, che sembrava chiudersi di più ogni giorno.
Avanzarono lungo le clavicole, coprendole di segni viola e blu. Alla fine arrivarono fino al mio petto, raggiungendo appena la fine della cassa toracica.
Si divertiva ad evidenziare dove il frutto dell'amore non corrisposto si stava radicando.
Iniziò a far male.
Non era più un prurito, ma una stretta morsa, che affondava la sua presa appuntita nella mia carne.
Così come stavano facendo quei fiori.
Iniziai a svegliarmi con del sangue sul cucino.
Piccole macchie rosse, che riempiva di peccati mortali il tessuto bianco del cuscino.
E poi arrivarono i petali.
Si trascinavano fuori dalla mia gola arida ogni mattina, annunciando la mi debolezza al mondo già dalle prime ore del mattino.
Iniziò anche la tosse incontrollata.
Succedeva ogni volta che la sua figura era vicina a me, quel tanto che bastava per scrutare una ciocca di quei capelli bicolori, o imbattermi casualmente in occhi spaiati.
Il dolore al petto che mi accompagnava durante ogni attacco stava arrivando al punto di farmi cedere le ginocchia, rendendo estremamente complicato anche solo camminare per i corridoi senza cedere alla tentazione di accasciarmi contro un muro e lasciarmi lì a morire per i miei errori.
Quando sangue e petali cominciarono a mescolarsi ai colpi di tosse, la vaga idea di essere arrivato all'inferno raggiunse la mia mente.
Ma poi riguardai il suo viso, e mi chiesi seriamente se un angelo potesse arrivare al fondo del mondo, così come io avevo fatto tempo fa.
Ricordai giorni dopo che in fondo Lucifero era stato il più bel angelo del paradiso, quindi chi mi aveva assicurato che anche le sue ali non erano state consumate dall' ustione dell'amore?
Però ora sono sicuro che tutto ciò non ha più importanza. Potrebbe avermi davvero raggiunto fino alla fine del mondo ed oltre, ma comunque io finirei per morire ai suoi piedi indipendentemente dalla sua presenza.
Perché a questo punto non mi serve più lui come persona, ma il suo amore, ed io ormai non posso più fare altro che guardarlo in lontananza e chiedermi che sapore avrebbe essere amato per una volta prima di dissanguarmi completamente.
Respirai un'ultima risata, soffocando su sangue e bile.
Riuscì a scrutare flebilmente uno scorcio di muro tra vista sfocata e lacrime che il mio orgoglio non mi permetteva di fare cadere.
Vernice bianca ed impronte bordeaux.
Petali pallidi e sangue lucido.
Apprezzai che nonostante avermi fatto morire, una parte incosciente di lui mi stava così deliziosamente portando via.
Questa one-shot non doveva nemmeno essere finita,però ho avuto del tempo libero a lezione, e quindi eccola qua ( ꈍᴗꈍ).
Ero indecisa sul postarla o meno, anche perché l'avevo pensata come una short story, però alla fine mi sono decisa e l'ho fatta finire in tragedia :).
Spero davvero che vi sia piaciuta
( ˘ ³˘)
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✓Bloody Anemone [todobaku one-shot]
Rastgele•completata• "Ma poi riguardai il suo viso, e mi chiesi seriamente se un angelo potesse arrivare al fondo del mondo, così come io avevo fatto tempo fa. Ricordai giorni dopo che in fondo Lucifero era stato il più bel angelo del paradiso, quindi chi m...