Capitolo 73 - Stavolta è diverso

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Fedeli alla loro parola, in dieci minuti i tecnici sono riusciti a farci uscire e la corrente è tornata poco dopo. 
Al ventiquattresimo piano, Castille e gli altri erano preoccupatissimi per il nostro aspetto scosso e hanno chiesto all'albergo di rimpinzarci con pasticcini e cioccolata calda.

Di certo non eravamo scossi per essere rimasti un'ora chiusi in ascensore ma questo non lo sapranno mai.

Sono le due di notte e fuori la tormenta continua imperterrita. Spero che finisca per quando dovrò tornare a Londra, il che accadrà tra tre giorni.

Mi giro e mi rigiro sperando di trovare la posizione che mi permetta di addormentarmi ma nella mia mente continuo a rivivere i momenti durante il blackout.

La tensione sessuale che c'è tra me e Jo non la troverò mai con nessun'altra. In realtà, se devo essere sincero, niente di quello che ho con lei potrò trovare in nessun'altra: la complicità, la chimica, il fatto che condividiamo molti valori e abbiamo la stessa prospettiva su parecchie cose. Il tutto continuando a essere persone completamente diverse.

Mi ha confidato di aver paura che qualcosa ci accada di nuovo ma stavolta sono sicuro non può accadere di nuovo. Stavolta è diverso e saremo noi a fare in modo che niente possa rovinare tutto.

E al diavolo i contratti e gli accordi fatti solo per prolungare questa tortura, i film sono terminati. Non riesco ad aspettare altri due anni.

Mi siedo di scatto sul letto e mi passo una mano tra i capelli.

Avrei dovuto dirle queste cose in ascensore invece di farmi guidare dal mio pene.
Mi alzo, faccio avanti e indietro per la stanza e poi mi convinco: se non lo faccio, stanotte non dormirò.

Prendo le chiavi ed esco in corridoio. È deserto ma le luci sono accese, nella fretta ho anche dimenticato di indossare le scarpe ma non mi importa, se non altro farò meno rumore. La stanza di Jo è nell'altro corridoio, cerco di arrivarci il più in fretta possibile.

Anche qui non c'è nessuno e raggiungo facilmente la stanza di Jo in fondo. Sto per bussare quando la porta si apre, rivelando Jo sorpresa quanto me di trovarmi là.

I suoi capelli sono sciolti, indossa una felpa pesante e in mano ha la mia giacca.

"Cosa stai facendo?" Le chiedo come se non fossi io quello dietro la porta della sua camera d'albergo.
Ma invece di rigirarmi la domanda, abbassa lo sguardo sulla mia giacca.
"Volevo riportarti questa." Mi dice non incrociando il mio sguardo.
"Alle due di notte?" Sorrido perché in questo momento è di una tenerezza indicibile e ammetto che mi si gonfia l'ego sapendo che era intenzionata a venire da me.
"Tu, piuttosto. La tua stanza non è dall'altra parte del piano?" Mi chiede, ricomponendosi.

"Devo parlarti, posso entrare?"
So che il modo in cui la sto guardando metterebbe in fuga qualsiasi ragazza ma voglio andare dritto al punto se ci perdiamo in chiacchiere andrà a finire che anche questa volta non le dirò nulla.

Per un po' sta in silenzio e quando penso che mi stia rimandando in camera mia, finalmente mi risponde.

"Entra." Si fa da parte per farmi passare, guarda in corridoio per assicurarsi che non ci sia nessuno e poi mi segue chiudendosi la porta alle spalle.

La stanza è illuminata dalla luce soffusa dell'abatjour di uno dei comodini, lei percorre la stanza e si siede a gambe incrociate sul letto.
Solo ora noto che ha dei pantaloni morbidi a quadri scozzesi. Ricordo che li aveva portati al tour promozionale del primo film.

"Allora?" Mi riporta all'attenzione e mi sento come se mi avesse sorpreso a rubare la cioccolata

"Sì."
"Vuoi sederti?" Indica un posto accanto a lei sul materasso.
"No, è meglio se sto in piedi."
Dopo qualche secondo di silenzio prendo fiato e inizio a parlare, cercando di essere chiaro e non vomitare soltanto parole.

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