|SELENE P.O.V.|
Da quando dormo con Alec mi sembrava di essere riuscita ad archiviare il tutto... dire qualcosa di simile mi rendo conto però che è più un paradosso che la realtà. Non so quanto mi ci vorrà per superarlo, ma infondo quasi vivo di questi momenti... ne esco più che distrutta, ma è l'unico modo per mantenere vivo il tutto, perciò l'idea di poter essere masochista si sta pian piano facendo spazio in me. Scommetto tuttavia che le persone, se fossero al mio posto, darebbero non so quanto pur di ricordare nitidamente come faccio io le voci delle persone che più ho amato. Vorrei non addormentarmi malgrado tutto però. Non chiudere gli occhi. Perché...? Perché fa male. Fa così fottutamente male vederli e sognarli ma non poterli avere nella quotidianità che quasi mi porta al limite della follia. È come drogarsi e continuare ad illudersi che vada tutto bene durante quel breve lasso di tempo. E purtroppo io non so come assimilare al meglio tutti questi ricordi, poiché nell'immaginario è come se mi rimettessero insieme il cuore e poi lo riasbattessero a suolo, facendomi ricadere in un baratro oscuro, e io so che è cattiva come affermazione, ma alla fine credo ci sarà sempre una parte di me che preferirà quello che aveva a quello che ha.
Ed è ipocrita, ma sono così terrorizzata dai ricordi che saettano davanti ai miei occhi aperti, che malgrado tutto mi avvicino al calore di Alec, i piccoli flash però sembrano instancabili, tant'è che, anche mentre il mio mate mi abbraccia, mi tormentano. Ed è strano da dire ma non mi piace non poter controllare i miei ricordi. Paradossalmente è come se fossi su un ring, stordita, con l'avversario che continua a scagliarmi pugni in faccia agognante la mia morte. E se ipoteticamente questa mia similitudine fosse reale è talmente lampante come io ormai sarei al tappeto pronta ad abbandonarmi all'oscurità, che, prima ancora che me ne possa accorgere, il nero ha ormai sovrastato i miei flash e soprattutto l'immagine del petto di Alec e il suo profumo, lasciandomi nel nulla più assoluto.Lo scocco di alcuni baci fa nascere un enorme sorriso sul mio viso, il mio piccolo cuoricino si riempie di gioia. Lo amo così tanto che vorrei un fidanzatino come il mio papà da grande. La serie di bacini non si ferma neanche per un istante, ma mentre sto con gli occhi chiusi percepisco il loro pungente tocco posarsi su ogni parte del mio viso. È sempre strata una cosa nostra, mio papà si sveglia sempre prima di me. Lo fa perché ci tiene a potermi dare il buongiorno. Ma sappiamo tutti che sono la sua preferita, o forse no, ma mi piace pensare sia così, anche perché io lo adoro tanto, e non è un buon giorno senza il suo risveglio.
Felice come non mai saltello sul letto dopo aver aperto i miei occhietti.
Il mio papà li adora, dice che se grazie alla loro bellezza dovessi portare un fidanzatino a casa potrebbe spaventare quest'ultimo a morte. Ma non mi interessa, se il mio fidanzatino non piacesse al mio papà lo lascerei, la sua opinione è tutto per me. In risposta al suo buongiorno gli salto al collo, ridendo al ricordo di quanto stupida mi sembrò quella frase. Ma lascio subito stare e inizio a strofinare le mani sulla sua barba pur di dargli fastidio. Non mi piace pensare al passato, preferisco dimenticare se possibile i momenti brutti, anche se ho sentito dire che formino la persona, ma io odio il dolore più di ogni altra cosa, ed è brutto detto da una bambina ma se potessi vorrei dimenticare tutto ciò che mi ha ferito. Comprese tutte le volte che il mio fratellone mi ha insultata, dimenticare lui e il suo finto affetto. Bruscamente fermo tutti i pensieri che mi vorticano in testa riconcentrandomi sul mio papà che nel frattempo non si fa cogliere impreparato, mettendomi sulla sua schiena, con la forza di un solo braccio, per poi farmi salire fin sopra le sue spalle. Afferra infine miei piedini, che ricadono a penzoloni sul suo petto, ed incomincia a camminare mentre fischietta il solito motivetto felice, non mi guarda né smette di fischiare, ma bensì mentre esce dalla mia cameretta afferra i miei piedini assaltandoli con il solletico sotto la pianta, tutti i miei tentativi di dargli fastidio vanno in fumo, perché subito smetto iniziando a ridere.
<¡BASTA!>
Il mio piccolo urletto non lo ascolta neanche. Anzi si volta verso i componenti del branco come se io non esistessi.
<¿Habéis oído algo, chicos?>
Non riesco a concentrarmi mentre chiede ai componenti del branco se hanno sentito qualcosa, poiché mi limito a divincolarmi, ma la sua presa è troppo forte per potermi liberare, perciò mi arrendo e lascio che le mie risate risuonino per tutta la casa, ulteriori persone si affacciano dalle camere, ma nessuno si stupisce più di nulla. Non ho mai capito perché continuassero tutti a fissarci così, come fanno ogni volta, per intenderci, ma una volta mi è capitato di sentirli parlare tra loro e da quanto ho capito invidiano il rapporto con il mio papà, dicono che la mia dolcezza e il suo amore nei miei confronti siano disarmanti, anche se a dir il vero non so cosa voglia dire. Ma non mi importa, io voglio bene al mio papà e lui ne vuole a me, questo mi basta. Pensandoci, ora, vorrei ancora essere in grado di dire una cosa così... ma so che soltanto il pensiero che lui mi amasse adesso non basterebbe più.
<¡Papi, basta! ¡Me estoy muriendo!>
Sbraito involontariamente tra una risata e l'altra. E ammetto che pensavo continuasse, ma invece si ferma di scatto guardandomi aldilà della sua spalla, trovandomi ora a penzoloni lungo la sua schiena, il suo sguardo furente scatena in me un orgoglio mai provato prima.
<¡Oh no! ¿Quién te está matando, mi niña? ¡Mataré a quien sea por ti, princesita!>
Scherza, il suo sguardo è giocoso certo, ma so che non mente quando dice che ucciderebbe chiunque per me e saperlo non fa che aumentare a dismisura il mio amore per lui.
<ERES TÚ!>
Urlo di nuovo, stupita che non si sia accorto di nulla, ma non riesco proprio a fermare il sorriso enorme sul mio viso, anzi sembra sempre più grande mentre mi ritiro su con il busto.
<Oh no...>
Sussurra, il suo sguardo è fintamente vuoto mentre lentamente si volta verso le sue mani congiunte davanti al suo addome, le fissa come se tra esse impugnasse un pugnale, e poi, facendomi capire quanto tiene alla mia salute, spinge il suo pugno verso lo stomaco simulando il tutto e si accascia a terra fingendo di star male. La nostra grande famiglia ci guarda con dei piccoli sorrisi ad incorniciare i loro visi e io li seguo anche se so che normalmente mi verrebbe il magone e le lacrime agli occhi pensando ad una sua possibile prematura scomparsa.
Ma so che sta fingendo, perciò lo osservo mentre, stando attento a non farmi cadere, si sdraia a terra simulando la sua morte, non sapendo cos'altro fare scendo dalle sue spalle.
<Papi...>
Sussurro al suo orecchio mentre i suoi occhi rimangono chiusi.
<Papà...>
Continuo non ricevendo nessun segno, così un'idea mi balza in mente, è cattivo da parte mia... ma non trovo un'altra idea.
<¡Papi si no te despiertas, mira que voy a ver a Alex y le doy un beso!>
Non me ne accorgo fino a quando non accade, vengo afferrata per il piede e alzata a testa in giù davanti alla sua faccia. Si alza di scatto e con un'espressione contrariata mi guarda, è geloso di me, e non c'è cosa che più mi faccia piacere.
<¡Mocosa! ¡Los besos son para mí! ¿Y quién es Alex? ¡Dime que lo echaré de la manada!>
In risposta inizio a ridere coprendomi la bocca, consapevole di aver appena aperto il vaso di pandora, certo è inutile dire che mai bacerei Alex, primo perché non mi piace molto, e secondo perché non lo sento mio, perciò vorrei evitare, ma non penso dovrebbe cacciarlo dal branco.
<¡También es tu culpa, papi,
no me has dado ni un besito esta mañana! ¡Y luego Alex no es nadie!>
A ripensarci... se avessi veramente fatto cacciare Alexander forse tutto quello che è successo non sarebbe avvenuto, ma lì per lì chi avrebbe mai immaginato che tutto sarebbe andato a rotoli, sono sempre stata paranoica e ho sempre immaginato il giorno in cui mio padre sarebbe morto, ma non immaginavo sarebbe successo così...
<¿Ah sì..?>
Sussurra grattandosi la barba e fingendo come me di non ricordare tutti i baci con cui mi ha svegliato, ma è proprio mentre pensa che si lascia semplicemente andare ad un enorme sorriso.
<Allora rimediamo subito!>
Sbotta rigirandomi velocemente e, mettendomi di nuovo dritta, inizia a tempestarmi di bacini su tutto il viso, degli urletti incontrollati fuoriescono dalla mia bocca ma mai sognerei un risveglio diverso.
<Ahhh! La barba mi picca!>
Urlo tra una risata e l'altra iniziando a sguisciare di qua e di là con la testa cercando, anche se inutilmente, di sfuggire al suo assalto. In risposta però si ferma davvero, mi fissa come se avessi tre teste, ma il suo sguardo... è pieno di una gioia travolgente, vedere il mio papà così tanto rilassato mi scalda il cuore, vorrei che non si intristisse mai.
<Volevi i bacini? Sì! Quindi zitta principessa!>
Ma è solo quando penso che ormai stia per ricominciare a camminare per andare a fare colazione che parla, ricomincia a scoccare baci sotto i miei continui risolini e non so quanto dura, ma il clan ci guarda, ci aspetta, ammira in un qualche modo, ma per me è come se in fondo non ci fosse, sento il loro sguardo, ma nella bolla in cui mi trovo è come se non lo avvertissi veramente.
Una volta soddisfatto, insieme a tutti gli altri, ci dirigiamo nella sala per fare colazione.
Non smettono mai di guardarci, ci osservano con una strana luce negli occhi, non capisco cosa vogliano dire, sono troppo piccola forse, ma c'è qualcosa di rassicurante nei loro occhi, ma divincolarmi dalla morsa del mio papà prende tutta la mia concentrazione, con un'enorme ed eclatante risata entra nella sala da pranzo, ma neanche mentre mia mamma parla smette di farmi il solletico.
<Amori miei! Siete svegli finalmente!>
Prorompe felicemente la mamma mentre aiuta altre donne del clan a preparare la colazione.
Vorrei risponderle, darle il "buongiorno" ma le parole mi si fermano in gola, apro la bocca per chiedere aiuto ma ne fuoriesce, in risposta, solo un urlo stridulo cercando di respirare tra le troppe risate.
<Mia piccola Luna cosa ti sta facendo questo brutto lupo!>
È un borbottio il suo ma anche se è fa fintamente l'arrabbiata tutto il suo amore si percepisce, non smette di guardarci ma, proprio mentre porta le mani sporche di farina sui fianchi larghi coperti da un grembiule da cucina, mio papà si ferma dal tempestarmi di ispidi baci e ne scocca uno a lei facendola sciogliere visibilmente.
<A-iu-to..>
Biascico tra una risata e l'altra ora molto simili ad un singhiozzo. Non so come farlo smettere, ma proprio mentre annaspo sentendomi più che a corto di fiato e avendo l'addome più che dolorante, finalmente il mio papà si ferma, ma non smette di osservarmi con un sorriso gigantesco in faccia. Ricordo quel giorno perfettamente, ma proprio mentre il sogno sta per continuare tutto si fa offuscato.
Di quella mattina ricordo come tutti fossimo felici, ricordo come Adam fosse protettivo a quei tempi, ricordo come il calore di mio papà mi scaldava il cuore, amavo il suo essere così presente e il suo volermi far apprendere ogni cosa... ricordo il suo continuo volermi dare nozioni storiche anche se non le chiedessi, ma soprattutto ricordo l'unione. La nostra grande famiglia era meravigliosa, qualunque cosa non andasse cercavano sempre di risolverla insieme e se uno aveva un problema allora anche tutti gli altri lo avevano. Ma ora... è quasi surreale non provare più quel senso di appartenenza. Amavo, inoltre, quando la mia mamma mi chiamava Luna, non l'ho mai dato a vedere, anzi, spesso le dicevo che era irrispettoso per la Dea chiamarmi così, ma sapendo che era il significato attribuito dai Greci al mio nome e sapendo quanto lei amasse la mitologia, ero onorata di possederlo, e, infondo, penso lei lo sapesse.
Ma la consapevolezza che tutte le sensazioni provate adesso, una volta sveglia, non le percepirò più mi fa sentire di nuovo vuota.
Non capisco come possa aver vissuto un anno senza tutto questo.
Ma penso non lo capirò mai. E non ho neanche il tempo per rifletterci che lo scenario cambia, come se nulla fosse, facendomi tornare al giorno in cui persi tutto. L'angoscia mi assale come se fossi di nuovo lì, ma a differenza del ricordo precedente non sto osservando il tutto in prima persona. No, sono fuori dal mio corpo ad osservare quanto devastata fossi.
Le occhiaie che solcano il mio viso mettono paura, ma non sono nulla a confronto con il terrore che serpeggia nelle mie vene osservando lo scenario. Lo vedo, l'istante in cui il mio respiro trema. Alexander allunga un unghia, il suo sorriso è malsano, lì per lì non l'avevo notato, ma al momento ero concentrata completamente sul mio papà. Il tutto mi inorridisce, i respiri del clan si mozzano, posso quasi sentire anche il mio cambiare nuovamente e farsi affannato, come se stessi avendo un attacco di panico, le lacrime si fermano sulle mie guance, i miei occhi sono spalancati. Sono in mezzo a tutti gli altri, che per non farmi scoprire non mi osservano, se non con la coda dell'occhio, osservo come, all'epoca, a causa dello shock mi lasciai cadere, priva di forze a terra, le mie mani tremavano, ma è mentre la gola del mio papà viene recisa che dalla mia, anche ora come allora, vorrebbe uscirne un verso disperato, lo guardo non potendomi muovere mentre mi mima con le labbra di fuggire, sono certa che sono devastata come lo ero in quel preciso istante, ma non riesco a piangere, non posso, l'unica cosa è rivivere tutto.
Osservo la me più giovane che cercando un appiglio alla realtà affonda le dita nel terreno, si sfregia da sola con le unghie e così vorrei fare anche io, ma non posso, piangere e urlare fino a non aver più voce per sfogarmi non riesco a farlo in questo sogno, e purtroppo non mi aiuta a rivedere la scena, anzi, incrementa solo di più il dolore lancinante al petto. La scena continua, non aspetta oltre, ammazza subito anche la mia piccola sorellina facendo udire a tutti il suo urlo straziante, mi entra nelle viscere, rimbomba nelle mie orecchie e nel mio cervello, la pelle d'oca è parte integrante del mio corpo, vorrei vomitare per l'odore di sangue e per la scena ma continua staccandole la testa, il clan è inorridito, paralizzato, ma l'unica che osservo è mia mamma che sconvolta fissa il capo mozzato di Rea è bianca cadaverica il dolore che prova è dilaniante ma non osservo altro però, perché, come quel giorno, la mano di Alan si stringe attorno al mio polso trascinandomi via.
E per la prima volta odo le parole che quel giorno, troppo scossa, non udì.
<Io e Sandra abbiamo radunato tutte le moto e le auto di tuo padre, devi fuggire Selene! Lui ci ha ordinato di aiutarti a farlo! Non ti preoccupare per le loro salme! Le porteremo in salvo noi, le cremeremo e le porteremo in un posto sicuro! Ma ora devi andare! Non dire a nessuno dove andrai, nessuno! Hai capito!?>
Non risposi, non lo guardai e non assimilai, mi misi semplicemente alla guida della Bisarca bisognosa di guidare, e, fredda come una lastra di ghiaccio e inespressiva come una bambola in porcellana, partì senza una meta, vuota di qualsiasi speranza e sogno avrei voluto piangere, farmi consolare, ma non c'era tempo.
<Mi ha detto inoltre che tutto il suo patrimonio andrà a te, sua unica gioia più grande..>
Questa fu l'ultima frase che udì, ma l'unico pensiero che formulò la mia mente, vuota e priva di forze, anche solo per assimilare quanto accaduto e quanto mi circonda, fu, lo ricordo tutt'ora: "A cosa cazzo mi servono dei soldi di merda se la mia voglia di vivere e ricominciare è pari a zero?".
Non ebbi naturalmente risposta, da nessuno e rimasi concentrata sulla guida, apatica e imperturbabile. Non so quanto tempo passi alla guida, so che la strada invece di un effetto calmante mi fece esplodere ad un certo punto. Passai da un paese all'altro, fermandomi solo per lavarmi, mangiare, fare i miei bisogni e fare benzina, ma quando caddi nella disperazione, passando per l'Italia diretta verso la Slovenia, al ricordo di mia mamma, accostai. Non ricordavo questo dettaglio, penso fossi così tanto scossa da aver avuto un blackout. Il mio dolore si riversò nell'abitacolo, urlai e piansi appoggiata con la fronte allo stesso volante che per tutto il tragitto avevo stritolato. Non so quanto continuai ma ripresi a guidare fino alla Turchia solo dopo che la mia voce divenne rauca e che le mie lacrime si esaurirono, una volta arrivata a Kayseri decisi che era ora di prendere l'aereo e fermare la mia fuga incessante. Il primo volo diretto che vidi era quello per Sidney così, sotto gli sguardi compassionevoli delle persone, dovuti forse alla mia espressione priva anche della più piccola luce o gioia, acquistai un biglietto e pagai per far imbarcare le auto e le moto di mio padre. Dormii in auto anche quella sera, ma, la mattina dopo, facendomi forza solo sull'ultimo desiderio dei miei genitori presi il volo verso quella città che, senza saperlo, mi avrebbe portato alla salvezza.
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Il mio unico e solo Alpha
Werewolf"Esco di casa, niente questa sera può turbarmi....mi siedo con la schiena appoggiata al tronco di uno degli alberi del bosco situato vicino a casa mia... Ci sono solo io... Io e il silenzio che accompagna i miei pensieri, prendo il mio quaderno degl...