"Esco di casa, niente questa sera può turbarmi....mi siedo con la schiena appoggiata al tronco di uno degli alberi del bosco situato vicino a casa mia... Ci sono solo io... Io e il silenzio che accompagna i miei pensieri, prendo il mio quaderno degl...
Relativamente non è da molto che mi trovo in Australia, ma anche se non fosse così tutto il tempo che ho trascorso qui fino ad ora è stato colmo di autolesionismo e isolamento. Il lutto... c'è chi lo vive bene e chi no, chi vede il bello nella morte e chi invece pensa sia soltanto un modo per sfuggire dai problemi. Loro però... non volevano... non lo meritavano... perché loro? Perché me? Nessuno mi darà risposte lo so, ma vivere di incubi sta diventando sfiancante, per cui per restare sveglia non mi resta che rimuginare. Non sarei già in attesa però se solo qualche tempo fa non avessi ri-sognato quel giorno e quella promessa. Ed è come se l'avessi predetto ma impetuosa la sveglia alle sei e venti di mattina suona, o meglio parte la canzone metal che ho come suoneria sul mio IPhone di ultima generazione, così subito la spengo. Non ci tenevo a riprendere gli studi, ma ho fatto una promessa e purtroppo io mantengo sempre la parola data. Di getto esalo un verso di frustrazione, coprendomi gli occhi ancora chiusi con un braccio e perdendomi involontariamente nei ricordi, ne soffro ma rimango un altro po' sdraiata a lasciare che le immagini mi vortichino in testa. So già cosa state pensando. Ma no, non sono la tipica figlia di papà che qualunque cosa vuole riceve. Mi piacerebbe che lui fosse qui con me, ma l'unica cosa che me lo ricorda è l'eredità che mi ha lasciato alla sua morte. Dicono che i soldi facciano la felicità ma non è vero io li brucerei se solo me li riportassero... ma non accadrà, tutto quello che ho ora non è che un suo lascito, monito di quanto accaduto. Vorrei che la mia storia fosse diversa da tutte le altre, che non iniziasse con la solita povera sfigata che ha perso tutto e si ritrova ad autocommiserarsi costantemente credendo di non avere nulla nella sua vita, ma purtroppo non è così. La verità è che anche se non voglio ammetterlo gli sgraffi e gli attacchi di panico mi perseguitano. Agogno la morte, nella speranza di rivederli... Una lacrima scivola lungo il mio viso, come sempre la rabbia monta, e con uno scatto la tolgo facendomi male a causa della violenza del gesto. Malgrado tutto comunque mi alzo dal letto e apro la mia cabina armadio, scruto tra i pochi vestiti che mi sono portata dietro dopo la mia fuga con sguardo contrito, dubbiosa. Alla fine scelgo di prendere un crop top, dei jeans neri strappati e le mie amate All Stars, dello stesso colore del resto, adornate con catene e borchie, appoggio seguentemente il tutto sul letto ed entro in bagno. Con la stessa andatura di uno zombie mi faccio una doccia veloce, lasciando che l'acqua mi scotti, dopodiché esco e asciugo i capelli, ne ho tanti però, quindi ci metto un po', così tornando in camera, butto una veloce occhiata all'ora e notando il ritardo finisco con il vestirmi velocemente mettendo in ultimo il mio giubbotto di pelle preferito e scendendo al piano terra.
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Certo, la mia, per una persona sola, è una casa molto grande. Ma è uno dei tanti rifugi della mia famiglia e non potrebbe piacermi più di così, non dista molto dalla città ma è abbastanza lontana da non sentire tutto ciò che a me urta. La gente respira aria inquinata, chiasso, smog senza neanche accorgersene, ma poi le persone... credo di aver sviluppato un'avversione soprattutto per quelle che bestemmiano già di prima mattina a causa del traffico. Questo invece... è il mio habitat naturale... mi rispecchia così tanto che trovo difficile vedermi in un altro ambiente. Esco di casa diretta in garage.. non so se prendere, la macchina o la mia Kawasaki Ninja nera opaca... Opto per la seconda, guardando nuovamente l'orologio, salgo così in sella, metto il casco nascondendo i miei lunghi capelli biondi sotto di esso e con in spalla il mio zaino sfreccio verso la città... non appena immessa in strada inutile dire che le mie orecchie vengono assaltate da un susseguirsi di suoni, sono frastornata da tanto fischiano ma dopo qualche stop e alcuni semafori finalmente arrivo nella mia nuova Università, fortunatamente è frequentata sia da lican che da umani per cui posso anche evitare di sembrare "normale", scendo dalla moto e metto le chiavi nella tasca dei jeans, mi tolgo il casco e tutti gli studenti si girano a fissarmi, mi chiedo perché le persone non si estinguano... i capelli mi ricadono sulla schiena, sposto una ciocca di essi dietro l'orecchio scoprendo involontariamente i miei vari orecchini e piercing, ma come quasi tutto il resto non me ne curo, se la gente vuole guardare, che guardi, se vuole parlare, che parli, ma che stia attenta... la mia rabbia è più forte del mio menefreghismo e della mia freddezza. Dopo un attimo di esitazione appoggio il casco sopra la moto e avanzo verso il mio primo giorno di Università. Il cortile è ampio e la struttura sembra appena ristrutturata. Malgrado la motivazione che mi spinge qui non riesco ad essere né fiduciosa, elettrizzata o felice, sono un semplice corpo vuoto di sentimenti, che vive perché deve, cammina per inerzia e va all'università non perché vorrebbe ma perché sì sentirebbe in colpa se non lo facesse. Ogni passo sembra un macigno, non vorrei muovermi, ma se c'è una cosa che odio più della mancanza di rispetto di sicuro c'è il mostrarmi debole e attaccabile.
<Dio.... Guarda che figa quella Nat!! Io una botta gliela darei!>
Mi giro di scatto verso due ragazzi, all'apparenza i popolari della scuola e cammino nella loro direzione sotto i loro sguardi stupiti... ma come si fa ad essere così viscidi? Mi chiedo!
<Chi ti sbatteresti tu sentiamo..?>
Sussurro priva di rabbia o della più piccola forma di irritazione, la loro sicurezza vacilla, chi mai la darebbe ad uno che neanche ci crede in ciò che dice e trema non appena vede l'opportunità.
<Senti Bellezza... potrei farti godere in modi che neanche immagini..>
Il suo sguardo è lascivo mentre è immerso nel mio irrilevante ed è quasi impercettibile ma sembra che la sua voce e il suo corpo tremino.
<Io sinceramente non so cosa voi veniate a fare qui... ma posso assicurarvi che, se questo è il vostro approccio abituale, o le ragazze che ci cascano sono delle troie o sono delle ninfomani. Perché vi assicuro che a me sì è appena seccata neanche fosse il deserto del Sahara.>
Sibilo scrutando interamente i loro corpi smilzi ma muscolosi e i loro capelli fin troppo unti data l'aria spavalda.
<Senti dolcezza se tu volessi... potresti ricrederti con noi! E poi non sembri di qui, quindi non ti agitare...>
Dice il ragazzo che ha parlato all'inizio come se non essere di qui non mi facesse capire che tipo di ragazzo è, apro la bocca per ribattere ma nello stesso istante mi squilla il telefono, nessuno mi chiama mai, nessuno può più farlo, perciò sobbalzo, all'idea che le uniche persone che potrebbero farlo siano ancora vive.
¬Hei tesoro... So che mi hai dato per morto, ma l'Alpha dello stesso territorio dove ci troviamo io, te e Sandra ci sta attaccando, potresti venire ad aiutarci?¬
Il mio battito si ferma nell'udire una serie di passi indistinti, le pupille si dilatano e, come non succedeva da un anno a questa parte, scorgo dello stupore mischiato allo sconcerto in me. Sento come gli occhi di tutti addosso, ma so che non è così, li vedo i gruppetti che parlano tra loro, ma non riesco a non sentirmi al centro di tutto, è come se il tempo si fosse fermato nell'istante in cui ho compreso che hanno i Death Moon alle calcagna.
¬Alan... Sei vivo!? Ehm ok... ok arrivo subito!¬
Tutti mi guardano sospettosi, la mia mente non sta assimilando quello che è appena successo, mi sembra surreale, sento un dovere che in me si riaccende, la regola del Clan è impressa a fuoco nel mio spirito. Non è previsto infatti quanto faccio subito dopo ma sono come in trance, così, per accertarmi di non star vivendo un sogno, tiro un pugno ad un muretto poco distante da me e dai ragazzi di prima, rompendolo e rompendomi le nocche. Il dolore fisico che sto provando ora è niente se paragonato al vuoto assoluto che per trecentosessantacinque giorni mi ha fatto compagnia, malgrado tutto però io sono tranquilla a differenza degli studenti umani che in questo momento mi stanno guardando spaventati e sconcertati. Dovrebbero essere abituati, conoscere gli scatti d'ira dei Lican, non voglio l'attenzione addosso ma a quanto pare è inevitabile. Una parte di me però non riesce a smettere di sperare comunque che dopo questo mio gesto, malgrado sia inusuale, smettano tutti di avvicinarmisi. Anche se in fondo... ne dubito.