Capitolo 11

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Narratore esterno

Era mattino presto, le campane della chiesa avevano suonato le sei da appena dieci minuti. Michael, che aveva sentito suonare anche quelle delle cinque, sgattaiolò di soppiatto nella camera di Kresley. Era stata un'impresa salire quelle vecchie scale senza farle cigolare, ma il dominio dell'Aria era corso in suo aiuto facendolo levitare dolcemente a un paio di centimetri dai gradini.

Aprì la porta della stanza e guardò verso il letto. Gli fu fatale, poiché si perse nei piccoli dettagli della ragazza. I corti capelli azzurri sparsi sul cuscino, con un ciuffo ribelle a coprirle il viso fin sotto gli occhi, contrastavano con la pelle candida e ravvivavano con prepotenza quel corpicino coperto da abiti scuri. Pensò che fosse davvero bellissima avvolta da quell'aura di innocenza e indomabile forza che l'accompagnava da che Michael aveva memoria. Se solo... se solo non fosse stata la sorella di Luke, pensò Michael. Al pensare il suo nome, l'immagine di lui si sovrappose a quella di Kresley e Michael non poté che notare tutte le cose che li accomunavano. Si somigliavano davvero troppo nei tratti, con quegli occhi di lapislazzuli e il nasino delicato all'insù, le labbra piene dall'arco di cupido marcato.

Michael avrebbe voluto baciarle, quelle labbra, solo per far tacere le migliaia di parole che aveva visto scorrere nelle iridi di Kresley e trascinarla via dalla realtà, portarla con sé in un'altra dimensione dove non ci fosse altro che loro due. Si diede dello stupido e desiderò poter ridere di se stesso. Perché era salito fin lì? Perché aveva deciso di farsi tanto male?

Dopo essersi rigirata un paio di volte nel letto, il suo corpo iniziò a essere scosso da spasmi incontrollati e uno spesso strato di ghiaccio cominciò a formarsi intorno a lei a partire dalle mani. La stava avvolgendo in una morsa. Gli occhi azzurri di Kresley si spalancarono fissando il soffitto. Non vi era traccia della loro solita dolcezza, non erano più le iridi vispe e vivaci a cui era abituato Michael, bensì due palle di luce blu che si oscurava a intermittenza.

Era proprio come anni prima, quando la stessa scena era avvenuta in presenza dell'ultimo dominatore dell'Aria che Michael avesse incontrato. Fu così che il ragazzo seppe cosa stava accadendo: Lilith, la regina degli Oscuri, stava tentando di impossessarsi di Kresley attraverso i sogni e per farlo si stava servendo del padre di lei. Michael la scosse cercando di svegliarla, ma non ci riuscì. Il controllo di Lilith era troppo forte. Doveva assolutamente svegliare Kresley, prima che il ghiaccio le stritolasse il collo o la mandasse in ipotermia. Non aveva idea di come reagire, l'acqua non era il suo elemento e sapeva che utilizzare il fuoco non avrebbe funzionato, non in quel caso. L'angoscia lo prese allo stomaco, per poi salire con prepotenza lungo l'esofago e stringergli la gola.

Non poteva perdere Kresley, non voleva che succedesse. Se lei fosse morta... Cielo, se lei fosse morta una parte di lui se ne sarebbe andata con lei. La sua anima era legata indissolubilmente all'aura azzurrina della ragazza che aveva davanti e, anche se fisicamente sarebbe sopravvissuto senza riportare alcun danno, avrebbe per sempre provato quel leggero patimento nel cuore di cui aveva una tremenda paura. Si riscosse dal proprio torpore e iniziò a urlare.

-Luke, Luke!- Urlò finché il ragazzo non lo raggiunse, poiché temeva che se avesse lasciato da sola Kresley lei si sarebbe smaterializzata e sarebbe scomparsa nel nulla.

-Devi aiutarmi, non riesco a sciogliere il ghiaccio. La sto scaldando da qui, ma non so quanto a lungo io possa agire- Il tono disperato che uscì dalle sue labbra diede la scossa al cuore di Luke. Realizzò in quel momento quanto Michael tenesse a sua sorella e, per quanto gli dispiacesse, doveva ammettere che forse Kresley aveva davvero bisogno di Clifford. Rimandò al giorno seguente quei pensieri e si concentrò per fermare l'avanzata del ghiaccio.

Fu difficile dimenticare che a essere posseduta fosse sua sorella, ma doveva farlo se voleva salvarla. Fece appello a tutti gli dèi in cui credeva, persino quelli in cui non credeva, purché potessero aiutarlo. Aveva letto -o forse sentito- da qualche parte che a volte non resta che affidarsi alla fede e in quel preciso istante credeva nella religione più di quanto credesse nei propri poteri. La sua piccola Bella... si era ostinato a proteggerla per sedici anni, non avrebbe permesso che una stronza gliela portasse via proprio adesso.

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