Capitolo 14

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Michael

Erano passate diverse ore da quando avevo salutato Kresley, ma non riuscii a capacitarmi di quanto era accaduto. Avevo potuto vedere con i miei occhi quanto fosse provata, la stanchezza la stava consumando, mangiandosi ogni goccia di speranza che le era rimasta in corpo. Nei suoi occhi azzurri non ero riuscito a notare altro che una profonda tristezza e un illimitato sconforto. Persino dal modo in cui si muoveva si potevano evincere le conseguenze che quella prigionia stava avendo. Quei bastardi la stavano torturando proprio come me, le stavano facendo del male e, nonostante lei volesse fingere il contrario, io sapevo che la stavano demolendo pian piano. Strinsi forte i pugni.

Il pensiero del suo corpo coperto di lividi e marchiato dal fuoco con la quale veniva colpita mi diede alla testa, una rabbia cieca ribollì e ruggì nel mio petto. Non riuscivo a togliermi dalla testa l'immagine di quelle braccia sottili coperte di ecchimosi. Dannazione, se qualcuno mi avesse letto nel pensiero sarei sembrato un depravato.

-Maledetta Hemmings, mi stai facendo uscire di testa-

Non ebbi neppure bisogno di togliermi il cuscino dalla faccia per sapere che Lilith era entrata nella mia cella. Portava con sé un freddo inconfondibile, in grado persino di fermare il tempo. Preferii rivolgere lo sguardo al soffitto che alla sua deplorevole figura.

-Contento, Clifford? Hai visto la tua bella- Non risposi e promisi a me stesso che se mai mi fosse capitata davanti, lei o uno dei suoi stupidi fratelli, e io non avessi avuto quello stupido braccialetto al polso gli avrei fatto pagare ogni secondo di tortura inflitta alla piccola Kresley.

-Guardami, Michael. So di non essere una vista spiacevole, smettila di evitarmi- Il tono mellifluo che si sforzò di usare mi causò una forte nausea, che contrastò nettamente con la debolezza fisica che sentivo addosso. La bellezza di Lilith era innegabile, ma la sua crudeltà e le sue azioni sovrastavano persino tanta grazia nei tratti e nelle movenze.

-Sai, stavo per chiamarti Mike. Però solo lei può, mi sbaglio?- Rise leggermente e inclinò la testa di lato. -Solo la tua piccola, fragile Kresley può chiamarti così- Desiderai poterle sputare in faccia e poi ucciderla, ma qualsiasi gesto avventato avrebbe portato a delle conseguenze e temevo che si sarebbero abbattute su Kresley. Avevano intuito quanto io tenessi, volente o nolente, a lei e per quanto odiassi ammetterlo lei era il mio punto debole.

-Non sei degna di fare il suo nome, lurida strega-

-Siete adorabili. Quale rapporto malato vi lega, mio piccolo dominatore? Amicizia? Legame tra Alpha? Amore?- Sottolineò con disgusto e ironia l'ultima parola, quasi fosse un concetto inconcepibile. Non mi sorprese, quelli della loro razza non erano in grado di amare.

-Se sei venuta qui a sprecare il suo nome in questo modo, risparmiale il disonore perché non sono interessato ai tuoi sproloqui- Incrociai le braccia al petto e aspettai che se ne andasse. Ovviamente lei non era d'accordo, perché si avvicinò e mi guardò con l'espressione di scherno peggio celata che avessi mai visto.

-È divertente come siate sempre pronti a proteggervi l'un l'altra. Diabetici- Schioccò la lingua contro il palato e si portò una mano alla guancia tamburellandoci sopra le dita. L'altro braccio sosteneva il gesto. -Chissà Luke che cosa direbbe, che cosa ti farebbe se sapesse che ambisci al cuore della sua dolce e innocente sorellina. Tu che sei così sbagliato, così rivoltante per lui. Deve farlo impazzire l'idea delle tue sporche mani su di lei... ma aspetta, tu non puoi mettercele-

Affondai le unghie nei palmi delle mie mani, conscio che se avessi ricevuto una punizione il dolore che mi avrebbero inflitto sarebbe ricaduto su Kresley. Non potevo permettere che la mia impulsività la ferisse, era già sufficientemente addolorata dalle torture che stava vivendo in prima persona e dal riflesso delle mie causato dal nostro legame.

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