Capitolo 7

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L'aria si caricò di elettricità mentre Michael parlava con quelle persone. Una parte di me voleva scendere da quella maledetta macchina e aiutarlo, intervenire in qualche modo, ma sapevo che avrei potuto essere solo di intralcio. Non riuscivo a togliere gli occhi di dosso a quelle creature, che mi sembravano troppo giovani per far parte di un plotone d'esecuzione. Non potevo vederli in viso, ma il mio sesto senso mi diceva che non potevano essere troppo più grandi di noi. Aguzzai la vista e notai un luccichio appena accennato all'interno della manica di uno dei nostri esecutori. Cercai di mantenere la calma e mentre il mio cuore cominciava a galoppare nel mio petto desiderai poter comunicare con Michael. Desiderai poterlo avvisare. Quella figura avrebbe potuto nascondere un coltello o peggio, uno di quei super poteri che Irwin e Hood ci avevano mostrato durante l'attacco a scuola. Per Dio, Michael. Stai attento. Michael spostò la propria attenzione sul ragazzo a sinistra e si irrigidì. Kresley, non uscire dall'auto. Intesi? Sentii la voce di Michael rimbombarmi nelle orecchie come se avesse parlato a pochi centimetri da me, ma non era possibile. Dovevo essermelo immaginato, per forza. Non essere sciocca, Fiorellino. Si chiama telepatia. Mai sentita? Lanciai un urlo quando un raggio di energia luminoso sfiorò il viso di Michael colpendo il parabrezza e rimbalzandoci contro. Clifford si mise in posizione di difesa, era pronto a combattere con le unghie e con i denti. Lo sentivo. Potevo avvertire il ruggito della sua rabbia dentro il mio stomaco, come se non ci fosse stata alcuna divisione tra me e lui, tra il mio essere e il suo. Una cosa sola.

Le cose precipitarono velocemente e Michael dovette difendersi -difenderci- da solo dall'attacco incrociato di tre persone. Mi sentivo inutile, seduta come una bambolina di porcellana all'interno di una vettura che avrebbe potuto diventare la mia bara. Ogni volta che i colpi dei cattivi si avvicinavano all'utilitaria che ci aveva condotti fino a lì, rischiavamo di saltare in aria come in un film sulla mafia. La paura si era talmente sovraccaricata nel mio petto che cominciai a tremare e la mano mi formicolava. Era una sensazione che avevo già provato, prima che il mio mondo andasse in pezzi. Uno spasmo muscolare fece esplodere un idrante sul marciapiede e l'acqua che ne uscì vorticò intorno a Michael. Era uno scudo. Abbandonai il mio sedile senza staccare gli occhi dal muro idrico. Se mi fossi distratta e fosse successo qualcosa a Michael non me lo sarei mai perdonato. E, con perfetto tempismo, aprii un varco all'interno della parete e alcune palle di fuoco attraversarono la fenditura.

-Sarai nostra, Hemmings- La persona che aveva parlato mi aveva guardato dritto negli occhi inchiodandomi sul posto. Un battito di ciglia e venne attraversato da una spirale di aria e fuoco che lo lasciò cadere a terra, probabilmente morto. Pochi secondi dopo, anche l'altro assalitore fece la sua stessa fine. Il muro d'acqua crollò al suolo ed evaporò a causa del calore che Michael emanava. Lo guardai e non riuscii a sentirmi grata per quell'ultima azione. La sua espressione soddisfatta mi dava i brividi. Sperai con tutta me stessa che quelle persone fossero vive, nonostante sapessi che non era possibile. Nonostante sapessi che le aveva colpite per ucciderle. Controllai comunque il polso delle vittime, nel vano tentativo di scoprire che il ragazzo alle mie spalle non era un assassino. La sua mano rovente mi strinse il braccio, attraversando con la sua temperatura persino lo spesso tessuto della felpa che indossavo e scottandomi la pelle.

-Andiamo via, principessa- Il tono che usò nel pronunciare quelle parole mi diede alla testa. Non riuscivo a credere che potesse impartirmi ordini con una tale semplicità, come se non avessi appena assistito a un triplice omicidio. Un triplice omicidio portato a termine da un diciottenne.

-Come puoi essere indifferente?- Ero incredula. Come... Dio, non riuscivo neanche a pensare di aver appena toccato un cadavere. Avevo appena assistito a un omicidio. Cosa gli avrebbe impedito di farmi fare la stessa fine?

-Ho detto che andiamo via- Ripeté, quasi fosse quello il problema. Davvero non si rendeva conto che per me era semplicemente assurdo quanto aveva appena fatto?

-Hai ucciso due persone- Balbettai sconvolta. I loro cadaveri erano proprio sotto i nostri occhi. Mi venne la nausea.

-Sali in macchina, Fiorellino-

-No, non ci salgo in macchina con te!- Urlai sull'orlo di una crisi di pianto. Cominciai a tremare e sperai che fosse tutto un sogno, che mia madre sarebbe arrivata a svegliarmi dicendomi che ero in ritardo. La mia mamma. Cosa ne sarebbe stato di lei? Come avrebbe reagito alla nostra assenza?

-Non essere stupida, Kresley- Sembrava spazientito. Lo guardai e per la prima volta ebbi paura di lui. Non avrei dovuto farlo arrabbiare, ma non potevo certo salire in macchina con lui dopo quanto avevo visto!

-Sarebbe stupido salire in macchina con un assassino-

-Ci avrebbero uccisi loro, o peggio-

-Hai ucciso due persone- Ripetei con fermezza, conscia di quanto stupido fosse alzare la voce con lui in quel momento -Non ci vengo con te-

-Dio, Fiorellino. Mi manderai fuori di testa- Serrò la mascella, poi mi rivolse lo sguardo più dolce del mondo e sorrise. Mi guardava di nuovo come il Michael che si era accorto di me, quello che aveva voluto a modo suo proteggermi da Luke. Quel Michael a cui avrei potuto voler tanto bene. -Potrei ucciderti con un dito, perché il fuoco ti è letale. Ma non ti toccherei mai, Principessa. Non potrei mai, e sottolineo mai, farti del male- Mi scostò i capelli dal viso e feci un passo indietro. Non mi fidavo, nonostante gli occhi dolci e la voce bassa, nonostante una parte di me volesse gettarsi di faccia in quella che mi sembrava l'amicizia più incasinata di sempre. -Kresley, ho bisogno che tu guardi alla mia anima e veda la verità. Non potrei mai farti del male, voglio solo proteggerti. Voglio che tu stia bene, voglio essere il tuo bene- Si era fatto così vicino che potevo respirare il suo calore. Mi sarebbe bastato sbattere le palpebre e ci saremmo toccati. Un soffio e saremmo stati una cosa sola. Ma acqua e fuoco non potevano esserlo e lo sapevamo entrambi, lo sentivamo entrambi.

-Portami via di qui- Fu tutto ciò che riuscii a dire e mi resi conto solo in quel momento che per tutto il tempo mi ero retta al suo braccio. Era stato la mia ancora.

Circa un'ora e mezza dopo cominciai a sentirmi esausta, schiacciata dai sensi di colpa e dai mille pensieri che si erano accavallati nella mia mente già confusa. Cercai fuori dal finestrino qualcosa che mi distraesse dai miei sbadigli, ma l'imbrunire non faceva che peggiorare le cose. Decisi di tentare un gesto disperato. Dopotutto, se ero entrata nella mente di Michael, potevo raggiungere quella di mio fratello, no? Tutta quella concentrazione e quello sforzo si rivelò inutile e il panico si impossessò di me.

-So che cerchi di parlare con Luke, ma i tuoi poteri sono deboli e siete troppo lontani- Non aveva aperto bocca. Lo avevo sentito dentro la mia testa e in qualche modo fu come se avesse invaso la mia privacy. Mi voltai nella sua direzione e cercai di soffocare uno sbadiglio.

-Possiamo fermarci un attimo? Ho bisogno di un caffè-

-Dormi. Un caffè non farà che peggiorare la situazione. Hai sforzato troppo il tuo fisico abusando di poteri che non sapevi neanche di avere- Il suo tono da comandante mi diede sui nervi più del dovuto e dovetti fare uno sforzo immane per non alterarmi. Dare di matto in un veicolo così piccolo e che sfrecciava a una tale velocità sarebbe stato pericoloso. Lui era pericoloso.

-Non dormirò finché non avrò rivisto Luke-

-Ti avviso io se torna o se si fa sentire- La sua voce si era addolcita, ma mi irritava comunque che volesse decidere per me.

-Si vede che sei figlio unico, non capisci cosa si prova- Non c'era bisogno che specificassi. Sapevamo entrambi che la paura che mi stava attanagliando era una sola: l'idea che Luke potesse essere già morto. Michael non rispose, forse aveva capito che se lo avesse fatto avrebbe dato il via ad un litigio senza fine.

Mi svegliai diverse ore più tardi, intontita e con la bocca asciutta. Michael mi guardava seduto accanto a me sul letto e aveva un debole sorriso sulle labbra. Sembrava stanco morto e mi chiesi se fosse rimasto sveglio solo perché io non rimanessi indifesa. Mi misi seduta e mi stropicciai gli occhi. Non appena il mio cervello fu abbastanza attivo da pensare, un volto illuminò la mia mente. Luke.

Doveva essere successo qualcosa.

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