Capitolo 15

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Per settimane gli eventi si susseguirono nello stesso modo ogni giorno e dopo quell'unica volta non mi avevano più permesso di vedere Michael. Una parte di me, però, era certa che ci saremmo incontrati ancora. La convinzione che gli Oscuri sperassero di ottenere qualcosa da noi era infinitamente più grande e ogni volta che mi portavano al cospetto di Matthew dovevo stringere i denti e cercare di resistere, sperando di lasciare tra quelle mura gli orrori di cui ero testimone insieme al mio sangue.

Non si trattava solo di voler proteggere Michael, ma anche di dimostrare a me stessa e Lilith che potevo essere all'altezza del dolore e che sarei stata in grado di superarlo. E sapevo che solo resistendo avrei potuto diventare immune al fuoco che mi tormentava.

Dal silenzio bianco della mia cella udii qualcuno opporre resistenza nel corridoio, calciando qua e là le porte delle stanze. Lui o lei che fosse, era chiaro che non volesse essere lì. Non che qualcuno potesse mai desiderare una cosa simile, ma in genere si era così rassegnati e stanchi che non si faceva tutto quel baccano. Forse stava cercando qualcuno.

Un secondo di silenzio, interrotto solo dal rumore dei suoi passi pesanti e trascinati. Fu come ricevere una grandinata addosso e non aver alcun luogo in cui ripararmi. Arrancai zoppicante verso la finestrella sulla porta, unico spazio che mi permetteva di vedere il mondo fuori dalle mie quattro mura, e mi si gelò il sangue nelle vene. Nella frazione di un attimo il mio mondo, quello che ne restava, si sgretolò come un castello di sabbia sotto il piede di un gigante. Riconoscere i tratti familiari di mio fratello, con le sue spalle larghe e le gambe lunghe, con i suoi capelli color ambra e le labbra perennemente screpolate mi fece precipitare in un abisso di dolore. Sbattei le mani contro la porta rabbiosa, non potevano farlo. Non ne avevano alcun diritto. Avevano me e Michael, eravamo tutto ciò che serviva loro, perché avevano creduto che portare qui Luke fosse una buona idea?

Si voltò e il suo sguardo incontrò il mio, ciascuno stanco a modo suo, ciascuno contaminato da emozioni diverse dalla medesima lancinante intensità. Aveva pianto, aveva pianto tanto e io lo sapevo, lo vedevo in quegli occhi stremati che aveva già avuto alla scomparsa di papà. Le sue iridi avevano un aspetto vacuo e abbandonato, contornate di striature rosse e gonfie come quando in primavera sbocciavano i fiori.

-Va tutto bene, Kres. Va tutto bene-

Il fatto che non gli credessi passò in secondo piano, sbranato dalla rabbia cieca e ruggente e dalla tristezza che scalpitavano nel mio petto.

-Perché ti sei fatto prendere? Perché?-

Urlai, ma il suono uscì spezzato e mi raschiò la gola, finendo per suonare come un sussurro malaticcio. Lo tirarono via, impendendogli di darmi una risposta e quando sparì dalla mia visuale mi accasciai a terra con le mani nei capelli.

Tremavo convulsamente, una lama frastagliata continuava ad affondare nel mio petto lacerandomi il cuore. Mi raggomitolai e cercai di concentrarmi sul dolore ai muscoli facciali e alle tempie, sul respiro mozzato dai singhiozzi e sul freddo che il pavimento sotto di me mi trasmetteva. Una lacrima, poi un'altra e un'altra ancora, raggiunse le mie labbra e il sale contenuto in esse bruciò appena sui leggeri tagli che i miei denti avevano causato.

Un vuoto enorme mi pervase e fu colmato da una paura atroce di perdere Luke, mio fratello, la persona che più di tutti al mondo mi aveva protetta e amata. Tutte le volte in cui gli avevo urlato contro di starmi alla larga e che lo detestavo passarono in secondo piano, persero di significato. In quel momento avrei voluto tornare a quando litigavamo, a quando potevo abbracciarlo e volergli bene, a quando potevo dirgli qualsiasi cosa. Avevo sempre data per scontata la sua presenza e avevo sempre sbagliato.

Provavo un male fisico, era all'altezza del petto e mi mancava il fiato. La paura mi stava schiacciando i polmoni senza preoccuparsi della mia necessità di respirare. Era un timore che mi stava serrando la gola, stringendo la propria presa ogni secondo di più, mentre la mente si affollava di pensieri convulsi e distorti. Chissà se Michael riusciva a sentire il vuoto che mi aveva impregnata come un accappatoio caduto per sbaglio in una vasca piena d'acqua. No, lui non avrebbe mai provato quella sensazione di totale agonia. Odiava Luke e lo avrebbe sempre fatto, indipendentemente da quanto accadeva nel mio cuore.

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