Capitolo 9

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- Sei sicuro che sia passato tutto?

Alzai gli occhi dalle sue mani e trovai un'espressione preoccupata stampata sul suo volto.

- Sì. Perché?

Dissi con un filo di voce. Avevo la gola secca. Lei inclinò la testa di lato e mi guardò ancora.

- Sei pallido.

Deglutii e voltandomi ritirai la mia mano dalle sue.

- Non è nulla. Sono solo stanco.

Sentivo i suoi occhi addosso mentre le rivolgevo la schiena. Rimasi qualche secondo in quella posizione fissandomi la mano tremante, poi per interrompere quel silenzio straziante mi avvicinai alla mia libreria.

- Dovrei avere qualcosa sulle pozioni guaritrici, da qualche parte.

Feci scorrere l'indice sulla parete di libri finché non mi fermai su un volume spesso protetto da una copertina in pelle verde. Lo estrassi dallo scaffale e lo porsi a Hermione. Non si era ancora mossa da davanti la scrivania.

- Tieni, te lo presto. Se hai qualche dubbio vieni pure a trovarmi quando vuoi.

La ragazza afferrò il libro e studiandone la copertina si avvicinò alla porta. Prima di uscire però si voltò verso di me sorridente.

- Sai, ti facevo un tipo molto più solitario.

Io la guardai qualche istante, pensando a cosa risponderle, ma la mia mente si era completamente svuotata nel momento in cui aveva toccato la mia mano. Le parole mi uscirono di bocca con estrema naturalezza.

- Oh lo sono. Io adoro stare solo. Perdermi nella mia testa, senza vincoli, è una sensazione stupenda.

Il suo sorriso si spense, credendo di aver detto qualcosa di sbagliato. Io continuai, senza alcun controllo sulle mie parole.

- Quando sono con te, però, è un po' come se fossi solo.

Mi sto innamorando.

Me ne resi conto il mattino dopo in quella stessa stanza, all'improvviso, mentre sorseggiavo il mio caffè amaro e riflettevo su ciò che era successo la sera precedente e in tutti gli ultimi mesi.

Mi sto innamorando di Hermione.

Pensai tra me e me, con tutta la calma del mondo.

Era ovvio. L'agitazione che mi saliva ogni qual volta la incontrassi, il mio agire istintivamente senza logica, il calore che mi irradiava il petto alla vista del suo sorriso. Tutto quanto prendeva un senso. Stranamente, però, non ne ero sorpreso. Come se dentro di me sapessi che non sarebbe potuta andare diversamente.
Posai la tazza sul tavolo di fronte a me e sospirai.

E adesso?

Per un istante mi passò per la mente l'immagine di me e Hermione nel mio salotto, sdraiati sul divano con un libro in mano e una tazza di tè nell'altra, felici.
Serrai gli occhi e scacciai quell'illusione dalla mia testa.
Dovevo allontanarmi da quella ragazza prima che fosse troppo tardi, o avrei finito per fare del male sia a me stesso che, peggio, a lei. E dovevo farlo in fretta. Da ciò che era accaduto la sera prima avevo imparato anche che quando mi stava vicino perdevo ogni controllo sui miei pensieri e le mie parole.

Avevo già detto e fatto troppo. Era tutto sbagliato, inopportuno. Per lei non ero altro che un insegnante vecchio e scorbutico, che sopportava solo perché le faceva pena, ne ero certo. Non riuscivo neanche a immaginare cosa sarebbe accaduto se in un momento di debolezza avessi fatto... qualcosa. Pensai al viso della ragazza.

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