Capitolo 7

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Hermione mi guardò stranita per qualche secondo, poi serrò gli occhi e scosse la testa. Li riaprì con un'espressione confusa.

- Cosa?!

- Insegnare. Pozioni, intendo.

Continuava a fissarmi immobile. Io mi schiarii la gola e cercai di spiegarmi al meglio.

- Hai detto che non sai ancora cosa vuoi fare dopo il diploma, giusto? Ti ho appena vista salvare Weasley da un risultato disastroso solo con poche indicazioni, gesticolate e sussurrate a diversi metri di distanza. Hai talento.

Il suo viso interrogativo non aveva ancora mosso un muscolo, il che uccise del tutto il mio entusiasmo. Mi riappoggiai allo schienale e abbassai lo sguardo.

- Lascia stare, era solo un'idea.

Finalmente la ragazza si mosse, facendo un passo verso di me.

- Quindi non sono nei guai?

Alzai un sopracciglio, sorpreso.

- E per cosa?

- Beh per aver suggerito a Ron.

Io mi lasciai scappare una risatina, mentre lei rimaneva all'erta.

- Oh quello? No, non mi interessa. Non sei una bambina, per quanto mi riguarda puoi fare quello che ti pare. Tanto ormai lo so che da solo quella testa vuota non saprebbe preparare neanche una Polisucco.

Incrociò le braccia, probabilmente con l'intenzione di difendere il suo amico, ma poi anche lei ridacchiò. Per un secondo mi persi nel suo sorriso.

Stiamo ridendo insieme.

Scacciai subito quel pensiero dalla mente e distolsi lo sguardo, tornando serio.

- Quindi?

Anche lei si ricompose e corrucciò leggermente la fronte, pensierosa, indietreggiando fino a appoggiarsi con la schiena sul primo banco.

- Non so. Non ci avevo mai pensato prima. Però, ora che ci faccio caso, mi è sempre venuto naturale aiutare i miei amici con i compiti e dar loro ripetizioni prima degli esami. In effetti, non mi dispiacerebbe affatto.

Ci pensò su ancora diversi secondi, poi abbasso lo sguardo e sospirò.

- Anche volendo, non sono pronta. Sono piuttosto brava in pozioni, sì, ma non abbastanza per diventare un'insegnante.

Io mi allungai di nuovo verso di lei.

- Guardami.

Dissi in tono severo. Lei alzò controvoglia gli occhi sui miei.

- Non sei piuttosto brava. Sei geniale. Hai una mente brillante.

Lei arrossì. Io continuai con tono freddo.

- Però hai ragione, c'è molto lavoro da fare.

Feci una pausa, cercando le parole adatte.

- Ma se è davvero quello che vuoi, ti posso aiutare.

Hermione spalancò gli occhi, raddrizzò la schiena e si staccò dal banco, facendo un passo avanti.

- Davvero?

Guardai le sue labbra socchiuse e i suoi occhi pieni di luce. Dimenticai qualsiasi frase volessi pronunciare. Scossi nuovamente la testa e mi alzai di scatto. Raccolsi velocemente i fogli sparsi sulla cattedra e raggiunsi la porta in poche falcate. Arrivato sull'uscio mi voltai verso la ragazza, che si era limitata a seguirmi con lo sguardo confusa.

- Domani pomeriggio, dopo la fine delle lezioni. Vieni nel mio ufficio.

Riabbassai lo sguardo e uscii dall'aula senza aggiungere altro.


Perché diavolo le ho detto quelle cose? Da quando mi interesso del futuro dei miei studenti?

Ero seduto sulla mia poltrona e tamburellavo i polpastrelli su un bracciolo, mentre la mia gamba sinistra si agitava su e giù. Da lì a poco dalla porta di fronte a me sarebbe entrata Hermione. Avevo già preparato tutto il necessario sulla mia scrivania, ora sovrastata da un ampio calderone bollente e da attrezzi e ingredienti di ogni tipo. Per lo meno mi aveva tenuto la mente occupata per un po'.
Era quasi un'ora che fissavo l'orologio, maledicendomi per essermi cacciato in quella situazione. In fondo, però, sapevo che era la cosa giusta da fare.
Dopo ciò che era successo tra noi e dopo aver lasciato che si confidasse con me, non potevo certo ignorarla completamente e far finta che non fosse mai successo nulla. Anche perché era da mesi che provavo a farlo e le cose non stavano esattamente andando secondo i piani.
Essendo ormai coinvolto, quindi, decisi che tanto valeva cercare di non rovinare tutto e di mantenere un rapporto pacifico, per quanto possibile. Ultimamente la mia immaginazione aveva acquisito un po' troppa autonomia.

Fissai le lancette. Anche volendo, non potevo più tirarmi indietro.
Poco dopo sentii bussare alla porta.

- Avanti.

Mi alzai e respirai profondamente, cercando di nascondere l'agitazione. La porta si aprì lentamente e una testa cosparsa di ricci fece capolino. La ragazza mi salutò timidamente, poi si spostò verso la postazione che avevo preparato sulla mia scrivania. Io feci lo stesso e senza aprir bocca mi posizionai dal lato opposto del calderone. L'imbarazzo di entrambi era più che tangibile, così iniziai a spiegare ciò che avremmo fatto quella sera, per spezzare il silenzio assordante. Lei ascoltò attentamente, poi si mise subito al lavoro. Seguii con cura tutti i suoi passaggi e in pochi minuti mi persi a guardare i movimenti delle sue mani.

- Scusa, puoi passarmi un coltello?

Sentii un piccolo brivido. Era la prima volta che mi dava del "tu". Ero stato io a invitarla a farlo, eppure mi provocò una strana sensazione. Afferrai il primo coltello che trovai sul tavolo e glielo porsi evitando il contatto visivo.
Non parlammo molto quella sera, ma ogni volta che si rivolgeva a me con il "tu" sentivo qualcosa muoversi dentro di me. Per il resto, tuttavia, la serata fu quasi piacevole. Era gratificante insegnare a qualcuno di competente, una volta tanto.
Quando dopo circa un'ora finimmo la pozione tirai un sospiro di sollievo. Cominciai a riporre con cura gli utensili nei cassetti, pensando che in fondo quella lezione extra non era stata poi così male.

- Come sono andata, Severus?

Un brivido mi attraversò la schiena come un fulmine. Mi affogai con la mia stessa saliva e dopo un paio di colpi di tosse alzai lo sguardo sulla ragazza.

- Severus?!

Il suo viso divenne rosso in un lampo.

- Scusi! Cioè, scusa! Voglio dire... mi spiace! Ho fatto un po' di confusione con questa storia del darle del "tu". Cioè, darti--

- Non devi farlo se non vuoi.

Per la prima volta mi resi conto che anche per lei essere così informale con un professore non doveva essere facile. Sospirò, guardandomi negli occhi, e riassunse un colorito naturale. Accennò un mezzo sorriso.

- Non è che non voglio. Devo farci l'abitudine.

Annuii e abbassai lo sguardo. Ripresi a sistemare, mentre il mio battito tornava regolare.

- Comunque "Severus" va bene. Mi hai colto alla sprovvista, tutto qui.

Ci guardammo negli occhi per diversi secondi, questa volta senza imbarazzo.

D'ora in poi sarà tutto più semplice.

Pensai, ingenuo.

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Ciao a tutt*! Spero vi piaccia come sta procedendo la storia, a me sta divertendo molto scriverla quindi sono ad ogni modo contenta :)

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