Pescara, 12 luglio

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Mia mia mia mia mia divina!
Ti soffoco dai baci, ti mordo, ti sciolgo i capelli, me li cingo come serpi al collo, t’alzo di peso fra le mie braccia e ti porto correndo, come si porterebbe una bimba, fra le tue grida, fra le tue risa, avventando baci alla cieca, senza curarmi dove cadano, sul viso, sul seno, sulle gambe, sulle mani, da per tutto –
– Ma chi t’insegna, di’, chi t’insegna a scrivere di queste lettere? Chi t’insegna questi incantesimi, queste magie, questi fascini che mi levano il senno, che mi strappano gridi supremi d’amore e di desiderio, che mi fanno tremare e piangere, che mi fanno dimenticare ogni altra cosa, di’, chi te l’insegna? –
– Ieri io non potevo staccarmi da quelle pagine, le leggevo, rileggevo senza saziarmene mai, le bevevo, lasciami dir così!
– Oh, quel sogno, quel sogno, quell’indimenticabile sogno!
– Tu non puoi immaginare, Elda tu non puoi immaginare quel che sentivo, leggendo: dovevo essere pallido come un cadavere, ma dagli occhi dovevano uscire lampi.
– Mia mia mia gentile, mia bella, mia fulgida, mia santa, mia divina, immortale amante!
E, sai!, non mi dir più: no! non è vero!, quando io ti parlo così, non me lo dir più perché mi fai male, perché mi fai venire degl’impeti irresistibili che mi bruciavano l’anima – Ieri tu scrivevi: No, io non sono bella; io solo, lì, come un pazzo, gridavo:
– Sì, sì, sì, bella come una fata, bella come mia dea, bella come il mio più bel sogno di poeta! E ripetevo quelle parole, tremando, e mi soffocava il pianto.

Lettere d'amore, Gabriele D'AnnunzioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora