6. Zucchero

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Trecentoquarantasette giorni prima.

"Potrei averla combinata davvero grossa".

Mina si scompigliò i capelli distrattamente, passando ansiosa lo sguardo da me a Sero e a Denki.

Seduti al tavolo della mensa dell'Università, ad esattamente 24 ore dalla gara, decisi di vuotare il sacco, prima che lo scoprissero da soli.

"Quanto grossa?" domandò in risposta la ragazza, realizzando con assoluta certezza che era davvero il caso di allarmarsi.

"Moderatamente grossa." sentenziai inizialmente fiero, col cuore in gola e pungendomi il labbro inferiore con l'estremità dei canini.

"Dio, Kirishima Eijiro, credi che sia facile badare a questi due rincogliniti?!" trillò indicando gli altri due commensali.
La Rosa inspirò profondamente, per poi lasciar cadere l'indice che aveva puntato sui compagni.
"Non puoi mettertici anche tu! Sei quello buono della famiglia, quello che non causa mai problemi, quello che non mi fa incazzare, il cucciolo di foca, te lo ricordi?"

Ridacchiai divertito di fronte alla sua escandescenza, e altrettanto fecero Sero e Denki, abituati a scherzare nel medesimo modo da oramai tempo immemore.

Era il nostro lasciapassare, il nostro trucco per ricacciare indietro ansie, paure e difficoltà.

Davanti al silenzio che calò sul tavolo, Mina decise di ricominciare a parlare.

"In faccia a chi devo sputare questa volta, Eijiro?"

Fu a quel punto che intervenne Denki, sghignazzando e passando una mano affettuosa tra i capelli arruffati e rosa dell'amica.

"Mina, non mi sembra il caso di farsi espellere, ci sei già andata troppo vicina!" esclamò cercando di trattenere la risata.

"Due volte!" aggiunse Sero, mostrando la lingua e riempiendosi poi la bocca con una manciata di patatine comprate alle macchinette, sanissima alternativa, a sua detta, ai cazzo di broccoli sciapi della mensa.

"Forza, vuota il sacco. Non stiamo parlando di me adesso." tergiversò la ragazza, le sue braccia incrociate sul petto, in attesa di dovute spiegazioni.

Come avrei potuto dirglielo?

Come l'avrebbero presa?

Inspirai profondamente.

Di fronte alla mia difficoltà, intervenne Kaminari, nel tentativo di risolvere il rebus.

"Un indizio".

Ecco, quello sarei riuscito a darlo.

Mi passai nervoso una mano tra i capelli, portando istintivamente le dita al pacchetto di sigarette nella tasca, e ricordando immediatamente che, in mensa, non la potevo accendere.

"Sette, il numero sette." risposi abbassando lo sguardo, pronto ad incassare i rimproveri di Mina che mi sarebbero sicuramente piovuti addosso.

Inaspettatamente, silenzio.

"Sette? Come i peccati capitali? Come le piaghe d'Egitto? Come le vite dei gatti? Come le Meraviglie del mondo? Come i Nani di Biancaneve? CHE COSA SIGNIFICA SETTE?!" s'impanicò il biondo, grattandosi nervosamente il mento.

"Come i neuroni di Denki!" lo canzonò Sero ridendo, completamente distratto dai deliri dell'amico.

"Mi viene in mente soltanto il tuo vecchio box in pista, Eijiro. Dai un altro indizio, cazzo, non ci arriveremo mai così." sbuffò Mina alzando le spalle scoraggiata.

Io, punto sul vivo, premetti i canini sul labbro, puntando gli occhi su quelli scuri di Mina.

"Eh." sussurrai fermo, abbozzando un sorrisetto colpevole.

Taxi Cab - Kiribaku/BakushimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora