3. Probabilità

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Trecentosessantuno giorni prima.


Secondo alcuni maledettissimi studi più o meno recenti, esiste 1 sola fottuta probabilità su 11 milioni di precipitare viaggiando a bordo di un aeroplano.

In Cina si mettono in moto giornalmente 9.430.000 milioni di biciclette, mentre in Italia, ogni anno, ne vengono rubate circa 320.000.

La pioggia all'equatore supera i 3500 mm annui.

Le probabilità di essere colpiti da un meteorite sono maggiori di quelle di vincere il primo premio alla fottuta lotteria nazionale.

Sono 378 i conflitti mondiali attuali, di cui 80 ad alta intensità, e 13.890 le armi nucleari presenti sul globo.

La terra ospita circa 30.000 esemplari di orsi polari, i quali vivono su ghiacciai che rilasciano 267 gigatonnellate di acqua fusa, ogni cazzo di dannatissimo anno.

Numeri.

È sempre stata tutta questione di maledetti numeri.
Ed io l'avevo capito da tempo.

Il mondo, il cosmo, non sono nient'altro che un ammasso casuale di percentuali, probabilità, e calcoli, talvolta pure sbagliati, talvolta pure insensati.

Io lo sapevo bene.
Studiavo statistica alla fottuta università.
E, per chiarire la mia posizione, avrei voluto appiccare il fuoco anche lì.

Statisticamente, si potrebbe dire che avevo un problema con la piromania.

Realmente parlando, mi stavano semplicemente sul cazzo le imposizioni, ed io non ero nient'altro che un animale cresciuto in cattività, rinchiuso in gabbia.

Prima o poi sarei uscito da lì dentro però.
E nessuno mai sarebbe rimasto illeso allo scioglimento delle mie catene.

Sbarre.
Celle.
Ecco che cos'erano il lavoro, l'università, la palestra e tutto il cazzo di mondo nel quale vivevo.

Dunque, sì, avrei voluto appiccare un incendio alla mia cazzo di vita intera.
E non perché avessi problemi col fuoco.
Li avevo con l'universo bastardo.

La mia moto era l'unico, flebile attimo di libertà che riuscissi a ritagliarmi.

Ed ovviamente era a terra, ed io non conoscevo il cazzo di maledetto motivo.

"Ma hai provato a portarla dal meccanico, Kacchan?"

Quella voce mi fece trasalire mentre asciugavo le ultime stoviglie del locale di merda alle fottute due del mattino.

Non mi impegnai minimante a filtrare alcuna parola.
"Secondo te, testa di cazzo?!"

Dekummerda era una spina nel fianco, la mia spina nel fianco.
Capelli verdi, merdose lentiggini spruzzate sul viso, e atteggiamento da finto angioletto del cazzo.

Dicono che chiunque al mondo sia costretto a portare sulle spalle almeno una fottuta croce.

Io me ne trascinavo dietro circa un centinaio.
La più grossa, comunque, per essere precisi, era proprio MerDeku.

Me lo portavo dietro dal fottutissimo asilo e si era avvinghiato a me come una dannatissima cozza, portandomi via aria dai polmoni e tutto ciò che avevo di più caro.
Ma questo è un altro discorso.

"E perché non l'ha riparata?" continuò insistente, col merdosissimo sorriso stampato in faccia.

La bile mi pizzicò la gola, e io dovetti in tutti i modi cercare di non lanciargli in testa il bicchiere che avevo tra le mani, o di non vomitare direttamente nel lavandino.

Taxi Cab - Kiribaku/BakushimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora