4. Condanna

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Trecentocinquantasei giorni prima.

"No, Tamaki, non è così che si fa." ridacchiai allegro, scompigliando i capelli a quello che per me era senza ombra di dubbio l'amico di una vita.

Alto, esile, capelli scuri come la notte, e più grande di me.
Nonostante questo mi comportavo spesso nei suoi confronti come se fossi stata sua mamma.

E, a dirla proprio tutta, lui nemmeno l'aveva, una mamma. Morì durante un incidente stradale, ed io lo scoprii soltanto dopo anni e anni di reciproca vicinanza.

Viveva in punta di piedi, Tamaki Amajiki, ed aveva il cuore più puro dell'acqua di una sorgente.

Privo di terra sotto i piedi, cercava conferme continue, e viveva balzando da un'insicurezza all'altra senza mai fermarsi per riprendere fiato. Io segretamente speravo che trovasse prima o poi un porto sicuro al quale restare ancorato, godendosi un po' di meritata serenità.

Con il tempo però capii che rimanere perso in balia delle onde era proprio ciò che Tamaki amava di più.

I suoi attimi di insicurezza erano un trampolino di lancio, ed io lo avevo compreso.

Mi ero però preso la briga di tirarlo fuori dalle sue crisi più nere e di fare della sua leale amicizia uno dei miei tesori più grandi.

Lo stesso aveva fatto Fat Gum, il nostro capo.
Lo aveva preso sotto la sua ala, gli aveva insegnato ad essere uno dei migliori meccanici della città e si era impegnato perché la nostra officina, sgangherata e piccolina, diventasse per me e Tamaki una vera e propria famiglia.
In effetti fu proprio così, ed io non avrei mai potuto esserne più felice.

Al contrario del mio collega, io una famiglia l'avevo eccome, eppure ero finito lo stesso intrappolato nella ragnatela di Fat Gum, il quale aveva deciso di adottare sistematicamente anche me.

Ricordo ancora la prima volta che misi piede in officina. Avevo 7 anni, i capelli scuri, e la bicicletta con le ruote sgonfie.
Offrii a Fat Gum, allora da solo e inaspettatamente smilzo, il mio cono gelato, mezzo leccato e sciolto, in cambio di una gonfiatina.

Lui se la rise della grossa, e fu proprio allora che compresi quanto un luminoso sorriso potesse realmente fare la differenza.

Non volle né spiccioli né gelati leccati per rimettere in sesto la mia ruota.
E mentre lui maneggiava con la mia bicicletta, proprio allora, mi trovai per puro caso di fronte a quello che sarebbe diventato il mio più grande amore, e successivamente il mio peggiore incubo: le moto.

A partire da quel giorno in poi, usai tutti i giorni la mia bicicletta dalle ruote gonfie per fiondarmi, subito dopo la scuola, in officina e osservare Fat Gum in azione.
Mi insegnò a ripararle, le moto, e a guidarle come un vero professionista.

Più per passione che per necessità, anche io dunque imparai in fretta i segreti del mestiere, e davanti alla mia assidua e assillante presenza, quell'uomo dal cuore tanto nobile non potè fare altro che accettare sommessamente l'esistenza del suo secondogenito dai capelli rossi.

Prima o poi, supponevo, Fat Gum l'avrebbe avuto davvero un figlio.
Ed io non sognavo altro che il momento in cui gli avrei rigonfiato con amore le ruote della bicicletta.

"Io ci rinuncio, Kiri, sono un inetto." rispose a quel punto Tamaki, alzando le spalle esili e scuotendo il capo di fronte alla tastiera e al computer.
Stava evitando il mio sguardo.

Provavo a spiegargli invano il funzionamento del nuovo portale per ordinare i ricambi, ma quel giorno, ne ero sicuro, non ci sarei mai riuscito.

Tamaki detestava i primi approcci, talmente tanto che la maggior parte delle volte li lasciava fallire miseramente, affondare come sassi nell'acqua del mare.

Taxi Cab - Kiribaku/BakushimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora