Cap. 2: 12th District.

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- Benvenuta nell'Ager Exultantis, Alai. - disse Ryan, sorridendole, con gli occhi che gli luccicavano.
Alai non riusciva a spostare gli occhi da quello spettacolo. Un paesaggio affascinante. La gente continuava a chiacchierare e a ridere, era chiaro che non si fossero accorti dell'arrivo di loro due. Questo la confortava. Non voleva smettessero di...essere semplicemente se stessi, così spensierati. Inoltre, non sopportava l'idea di tanti occhi puntati su di lei. Odiava essere al centro dell'attenzione, perciò preferiva lasciare le cose così belle com'erano già. Loro mentre vivevano quella splendida vita, circondati dalla natura variopinta; e lei lì, nascosta, inosservata, silenziosa, mentre osservava tutto e tutti, come un topolino.
Girò la testa verso Ryan, accorgendosi finalmente che le aveva appena dato il benvenuto in quello...non sapeva neppure come descriverlo, forse paradiso terrestre? Non le venivano in mente altri termini per descriverlo.
- Cos'è questo posto? - luccicavano gli occhi anche lei. Forse ad ogni persona, una volta scoperto questo posto, iniziavano a luccicare gli occhi.
- Te l'ho appena detto. - disse lui sorridendole. Aveva le mani nelle tasche e la guardava con aria solare. Per un momento sembrò ad Alai di vederlo semplicemente se stesso: spensierato, solare, felice. Senza tutta quella rabbia addosso, senza nessuna preoccupazione. Davanti a loro, solo uno stupendo paesaggio da guardare, senza stancarsi mai.
- È...assolutamente fantastico. - le parole le uscirono dalla bocca così, senza neppure accorgersene.
- Si, lo so. -
Era evidente che anche lui amasse guardare quello spettacolo. In fondo, chi non lo avrebbe amato? Ora lei guardava lui intensamente. Nonostante il piacere provocatoli da quel posto lei era ancora cosciente di tutto quello che le era successo: un rapimento inaspettato e un ritorno che forse non avrebbe mai ottenuto. Nessuno spettacolo come questo, sarebbe stato tanto bello da distrarla troppo a lungo dalla realtà. Doveva affrontarla, in qualche modo.
- È bellissimo. Mi trasmette tanta serenità...però...-
- Si, lo so. Andiamo. - fece cenno con la testa di seguirla.
Alai si coricò l'enorme borsone sulle spalle e lo seguì. Avrebbero dovuto affrontare quella folla, e tutti quanti si sarebbero accorti di lei e del suo volto spaventato e confuso. Questo pensiero le fece venire in mente la curiosità di guardarsi allo specchio. Non che le piacesse particolarmente l'immagine riflessa, data la sua bassa autostima, ma voleva sapere se il suo aspetto era così terrificante come pensasse.
Affrontarono la fitta folla, superandola. Ad Alai sembrò quasi di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo quando arrivò davanti la piccola porticina aperta della staccionata di legno. Sospirò sommessamente.
- Qual è la destinazione? - chiese lei. Stava bruciando dalla curiosità di scoprire cosa ci fosse dentro quel grande edificio. Magari avrebbe potuto assistere a nuove meraviglie. Ma quella curiosità andava a contrastare con la paura incessante di scoprire dove fossero diretti, e cosa le sarebbe successo.
- Lo vedrai con i tuoi occhi. Ora zitta e non fare domande. - la mise a tacere lui con il suo solito tono duro.
"E io che pensavo che la sua voce fosse rassicurante..." sbuffò, pensando tra se e se.
Oltrepassarono la staccionata e ora si ritrovavano davanti la grande porta, che li separava dal mistero di quell'edificio e tutte le sue possibili bellezze e segreti.
Di lato a destra, c'era un altro aggeggio tecnologico molto simile a quello del cancello principale. Inserì un altro codice e ad un certo punto fece uno strano rumore, come il rumore di una goccia che cadeva, solo amplificata a quello che sarebbe dovuto essere il massimo, tanto forte ch'era.
La porta si aprì automaticamente, lasciando entrare i due all'interno.
Era uno spazio enorme, troppo grande per esprimerlo in parole.
La cosa sorprendente è che la natura non cessava di vivere nemmeno dentro quell'edificio. Ovunque c'erano piante, alcune piccole altre grandi. E notò che sulle pareti c'erano rampicanti bellissime, ornate qua e là da piccole margherite. Piccoli schizzi di colori, dentro quel verde acceso. "Stupendo..." pensò Alai. I muri erano fatti rigorosamente in pietra chiarissima, con qualche sfumatura del beige e del grigio. Il pavimento era di marmo bianco, lucidissimo, ci si poteva addirittura specchiare. Buttando lo sguardo più in fondo si poteva chiaramente vedere che l'edificio continuava verso più corridoi. Ai lati dei muri c'erano tante finestre davvero grandi, decorate con tende bianche ricamate a mano di pizzo. La luce filtrata dalle finestre era impressionante, nonostante fosse notte, la luna e le stelle si stavano dando un gran bel da fare. Nulla a che vedere con l'illuminazione poco scarsa in quel corridoio sudicio. Forse la luna oggi illuminava solo i posti spaventosamente belli, quanto a quelli brutti li degnava di una discreta luce, che certo non li avrebbe resi più guardabili. A destra c'era una lussuosa e maestosa scalinata, facendo ricordare ad Alai quelle descritte nei romanzi cavallereschi, che proseguiva a chiocciola fino ad una notevole altura. Anch'essa era ornata da rampicanti ai lati ed era fatta rigorosamente in pietra. "Certo...per un edificio così alto..." pensò Alai.
Ryan sviò verso il corridoio a sinistra, opposto alle scale. "Peccato" pensò Alai; avrebbe tanto voluto sapere dove mai portassero scale così belle.
Anche questo corridoio era ben illuminato, forse anche più di quello principale. C'erano molte più finestre, che Alai definì decisamente troppo grandi. La differenza era, però, che questa volta s'intravedeva qualche porta, man mano che camminavano.
Ryan si bloccò improvvisamente. Stava pensando. "Ogni volta che si blocca, pensa...buffo il suo modo di fare"ridacchiò sotto voce, vagabonda tra i suoi pensieri sciocchi.
- Ridi? - si girò lui. - Spiritoso, non dovresti. - sorrise lui, malefico.
Aveva un modo di rassicurare le persone, tutto suo. "Stupido, cretino, bastardo." Ma in fondo perché avrebbe dovuto rassicurarla? Lei sapeva benissimo cosa stava accadendo, e in ciò non c'era nulla di divertente. Era stata rapita, e forse sua madre ora si stava disperando, in pena per lei. Mentre lei era qui, a contemplare questo posto magnifico, ma allo stesso tempo maledicendolo, con le gambe che le tremavano. Non poteva godersi questo posto come esso meritava, a causa dei suoi pensieri che la torturavano, e le domande incessanti che non decidevano di fare spazio e pensieri più piacevoli. Da un'altra parte, invece, quasi si sentiva colpevole delle belle e pacifiche emozioni provate poco fa, data la situazione.
- Beh, sempre meglio di starsene imbronciati come fai tu. - disse lei acida.
Era difficile per Alai assumere un tono freddo, data la sua voce eccessivamente dolce e pacata. Ma quasi le sembrò di riuscirci, stavolta.
- Cammina. - disse lui, ignorando il suo commento.
Era incredibile la bipolarità di questo ragazzo. Un minuto fa sorridente, con il luccichio negli occhi, e ora fastidiosamente distante e arrogante.
Svoltò verso una porta a sinistra, e bussò.
Passò circa qualche secondo e poi qualcuno aprì. Era una donna. Aveva una gonna blu a balze, tacchi alti rossi, calze a rete nere e sopra una camicia in pizzo bianca smanicata. Aveva i capelli biondo platinati raccolti in uno chignon troppo ordinato, con qualche schizzo di gel sul davanti. Aveva gli occhi marroni e un rossetto rosso fuoco. Agli occhi di Alai sembrava quasi un angelo, per quanto fosse bella.
Appena vide il ragazzo sfoggiò un sorriso a 360º, mostrando i suoi denti perfettamente dritti e bianchi.
- Ryan! - lanciò un gridolino e gli gettò le braccia al collo.
Lui ricambiò il sorriso un po debolmente, e le strinse con decisione i fianchi. Sembravano piacersi molto, erano davvero affiatati e a loro agio nei movimenti. "Sono così carini..." pensò amareggiata Alai.
Anche lei avrebbe voluto avere qualcuno che la stringesse così, quasi smorzandole il respiro, ma era consapevole di essere sola. Cacciò via quel pensiero, ora non era importante.
- Mi sei mancato così tanto! Dove sei stato? - lei lo guardava intensamente negli occhi, scostandogli i riccioli castani di troppo sul viso.
- Non è il momento Katia. Anche tu mi sei mancata, però. - le baciò una guancia, sorridendole. Una qualsiasi ragazza avrebbe iniziato a vagare con i pensieri, credendo che forse lui non voleva dirle qualcosa, e forse era davvero così, ma quel sorriso ai suoi occhi così bello, le fece dimenticare qualsiasi preoccupazione. Tant'è che lei si limitò a sorridergli a sua volta, uno di quei sorrisi che Alai definiva da ebete, che solo una persona innamorata poteva riuscire a fare.
Alai lo notò e sorrise pure lei. Alla fine lui, non era così freddo e insopportabile come sembrava essere. Forse anche lui era innamorato di lei.
- Mh... - disse lei annuendo. Stava giocherellando con la cerniera del suo giubbotto in pelle, ancora con il sorriso stampato sul volto.
Ad un certo punto girò la testa verso Alai, confusa. Sembrava quasi non essersi accorta della sua presenza, per quanto era stata presa dalla vista di Ryan.
- E tu chi sei? - stava aggrottando la fronte, visibilmente confusa.
- Lei è...diciamo una nuova. - Ryan parlò per lei, gesticolando con una mano.
- Oh! D'accordo, entra entra! - esclamò lei, con l'entusiasmo evidente nella voce.
Alai si limitò ad annuire e a fare come gli era stato detto.
- Siediti cara! - la invitò la ragazza.
- Allora, una nuova? - sorrise lei, rivolgendosi ad Alai.
- I-io... - balbettò Alai, a corto di parole.
- Ha la mania di balbettare. - sbuffò Ryan gettandosi su una poltrona verde, in fondo.
Alai invece si sedette davanti quella che le sembrava la scrivania presidenziale del liceo che frequentava, su una sedia di legno. Katia invece restò in piedi con la mano poggiata sulla scrivania. A sinistra c'era una grande libreria piena zeppa di libri. Ad Alai venne l'irrefrenabile impulso di frugarci qualche romanzo d'amore, il suo genere preferito. Ma restò seduta, con lo sguardo puntato sul pavimento di marmo. La stanza era enorme, e lei non sapeva davvero dove gettare lo sguardo, se non a terra, dove nessuno l'avrebbe potuta raggiungere.
- Che stupido! Lascialo stare! So che non sei balbuziente. - gesticolò lei, sorridendole. Sembrava non perdesse mai il sorriso. A parere di Alai, davvero mozza fiato.
- Allora, allora... - boccheggiò, prendendo un pasticcio di carte in mano ed una penna che luccicava di argento.
- Nome, cognome, età, attuale residenza, città di nascita, anno di nascita, segni particolari, nome dei tuoi genitori e distretto scelto. - disse lei tutto d'un fiato.
Alai deglutì, sbarrando gli occhi, ma fece comunque uno sforzo a sembrare del tutto rilassata.
- Ehm si...ehm...Alai Morales, 15 anni quasi 16, Detroit, Roma, 20 Settembre del 1998, quelli...non saprei credo nessuno, Anne e Sebastian, distre...- venne interrotta improvvisamente da una voce cupa.
- 12, distretto 12. - disse lui.
Katia spalancò gli occhi lanciando uno sguardo veloce verso Alai, misto di compassione, rassegnazione e quasi disgusto.
- Ma...- tentò lei. - Sh, sta scrivendo. - la rimproverò Ryan facendo segno a Katia, alle prese nel compilare, quella che doveva essere una scheda.
- Bene, fatto. - sorrise lei soddisfatta, mettendosi la penna in una tasca della gonna coperta dalle balze.
- Andiamo! - la prese per un gomito e la trascinò al di fuori della porta con passo svelto.
- Aspetta... - ansimò Alai, alle prese con il borsone pesante.
- E cosa dovrei aspettare? Su! - esclamò lei. Quella ragazza sembrava una riserva di energie umana.
La condusse in fondo al corrodoio dove c'era un ascensore, entrarono svelte e saettarono verso il 4º piano.
Dopo qualche secondo si aprirono le porte, e a differenza dei pensieri di Alai, una folla incasinata di ragazzi e ragazze andavano camminando da una parte all'altra ridendo e scherzando tra loro. Sembravano tutti amici. E questo fece affievolire un ricordo felice nella mente di Alai: lei che passeggiava ridendo a squarcia gola con le sue amiche per la vita, lungo la riva di un mare cristallino, sulle coste italiane. Sembrò quasi sentire la felicità di quel giorno sulla sua pelle, le risate, i sorrisi, e la nostalgia...quell'insaziabile sensazione che la stava divorando dentro, poco a poco. Non sapeva per quanto tempo avrebbe resistito ancora. Alai scosse la testa, ritornando alla realtà. Quando videro l'ascensore arrivare, tutti si girarono a guardare verso di loro. I ragazzi puntavano lo sguardo troppo sicuramente sulle gambe di Katia, oppure sulle sue labbra pennellate alla perfezione di rosso, mentre le ragazze guardavano Alai con aria sorpresa. Alcune ocheggiavano ridendole dietro. Alai faceva finta di non farci caso e continuava a marciare a passo veloce assieme a Katia.
Si fecero strada tra la folla che continuava per i fatti loro, e andarono a finire in un corridoio un po' spoglio, con l'ombra di qualche ragazzo ubriaco o alcune coppie che limonavano senza alcun imbarazzo della presenza di altre persone.
- Eccoci finalmente! - esclamò Katia, pulendosi il sudore sulla fronte, che effettivamente nemmeno s'intravedeva da vicino. Mentre Alai sentiva il suo collo troppo bagnato, con i capelli tutti appicitacci, sembrava andare in fiamme, e così realizzò di quanto dovesse far pena in quel momento: sudata, ansimante, con i capelli scompigliati e il volto rigato dalla stanchezza e dalla confusione. A quel pensiero cercò di sistemarsi i capelli e asciugarsi il volto inzuppato dal sudore caldo.
Si erano fermate davanti una porta in legno chiaro, con un numero sopra di essa, il 334.
- Questa è la mia stanza? - chiese Alai.
- Oh, si. Ora la vedrai, quanto è bella. - le ammiccò Katia, sfoggiando un sorriso, che molto probabilmente doveva essere il più bello del suo repertorio, in quanto davvero spontaneo.
Aprì la porta armeggiando una chiave nella serratura. Una volta aperta, entrarono dentro. Katia ancora sorridendo, mentre Alai con l'aria un po stordita.
La camera era davvero accogliente: si apriva in un piccolo salottino con un divano in pelle color panna rivolto verso la parete opposta a loro; alle spalle del divano c'era una colonna in pietra bianco panna che partiva dal pavimento fino ad arrivare al soffitto con una rampicante avvolta anche lì, questa volta ornata non solo da margherite, ma anche da violette; una poltrona altrettanto bianca giaceva lateralmente al divano; e al centro un televisore in plasma, forse troppo grande e sottile, sopra un davanzale in pietra bianca dello stesso colore della colonna; al centro c'era un grosso tappeto bordeaux scamosciato; fuori da quello che doveva essere il soggiorno si estendeva un tavolo di marmo bianco con qualche schizzo di nero, tanto grande da ospitare sei o sette persone; il pavimento era anche quello in marmo completamente bianco; in fondo al salotto c'era la cucina con un cucinino modesto abbastanza a passo con i tempi, fatto probabilmente per una buona maggioranza in legno colorato di un bordeaux chiaro, e un'altra metà in marmo bianco; opposto alla cucina c'era un corridoio con in fondo una camera da letto in cui era posizionato orizzontalmente, a sinistra in fondo, un letto ad una piazza e mezzo con le coperte celesti e bianche, sopra di esso una grande finestra spoglia da qualsiasi tenda, internamente al letto, nel suo angolo c'era un comodino bianco fornito di un cassetto, con sopra una lampada gialla, sempre a sinistra c'era un armadio abbastanza grande in legno colorato di bianco decorato con motivi che ricordavano il pizzo delle tende viste poco prima lungo i corridoi, solo disegnato con la pittura beige, il lampadario era una sfera piccola bianca, le pareti sempre in pietra e il pavimento in marmo lucido, per terra c'era un tappeto scamosciato bianco, che ricordava il pelo folto di un gatto bianco, a destra invece c'era una scrivania bianca modesta con sopra un computer nero portatile e opposta a essa, sempre a destra in fondo c'era uno specchio alto attaccato alla parete; a destra del corridoio invece c'era un grande bagno fornito di un water, un lavandino, un bidet, a sinistra in fondo una doccia non troppo piccola , di colore celeste, e verticalmente a destra c'era anche una vasca bianca; le porte erano rigorosamente bianche, il colore che sembrava dominare in quel delizioso appartamento, con le maniglie dorate.
Tutto sembrava perfetto agli occhi di Alai, sarebbe stato un bell'appartamento in cui rifugiarsi quando casa sua l'asfissiava, ma in quel momento ci avrebbe rinunciato pur di tornare a casa sua e infilarsi sotto le coperte del suo letto caldo, sapendosi salva e a casa.
- Visto?! È fantastico! Lo hanno appena restaurato, è nuovissimo. Ritieniti fortunata per questo, almeno non devi andare a letto con la paura che lì sopra, una volta, qualcuno si stava masturbando ferocemente. O peggio ancora. - ridacchiò lei.
- Si, beh, hai ragione. - rise anche Alai, assieme a Katia.
- Hai una risata dolcissima, mio dio! Ridi più spesso! - urlacchiò Katia strizzando le guance ad Alai. - Non sembri una del distretto 12, sai. - disse lei, con tono malinconico.
- Uhm...a proposito...io non so cosa sia questa roba dei distretti. - disse timidamente Alai, aspettandosi uno sguardo altezzoso o forse un rimprovero per la sua ignoranza.
- Cosa?! È uno scherzo? - gridò Katia.
- No...io... - voleva dire qualcosa, qualsiasi cosa che poteva risultare il
meno stupido possibile, ma la reazione di Katia la lasciò con la bocca asciutta.
- Ma come...tu devi per forza sapere! - esclamò innervosita Katia.
- No, no. Io non sono venuta qui, sai, di mia volontà. Mi ci hanno portata con la forza. - disse Alai, con voce titubante.
- Ma...aspetta, Ryan ha fatto cosa?! - aveva il volto marchiato dalla sorpresa, mista a euforia, rabbia e confusione.
- No! No! Non Ryan, lui non c'entra. Sono stati tre ragazzi ubriachi del posto. Dicono che è stato a causa della sbronza e che ormai ero lì quindi non potevano lasciarmi andare. Mi hanno praticamente fatta svenire con una sostanza strana, non so. A dire il vero non ne sto capendo molto... - gesticolò impacciata Alai.
Katia non disse nulla con la bocca spalancata. Era evidente che quella situazione per lei era del tutto nuova e sconcertante.
- Chi? Chi erano? - chiese Katia con voce calma e minacciosa.
- Non so, non ricordo. - disse Alai con voce colpevole.
- Bastardi. Schifosi. - disse quasi sotto voce Katia, a denti stretti.
- Non ci posso credere! Cioè quindi tu sei stata trasportata qui con la forza da quello stronzo di Ryan, con la chiara paura sul volto, e lui nemmeno ti ha spiegato cos'è il distretto 12! - gridò arrabbiata.
- Cos'è? Potresti dirmelo tu? -
- Oh no, no, no, no. Non ci riuscirei. - scosse la testa. - No, no. Ma tu devi sapere. Devi sapere, si. -
Alai aggrottò la fronte. L'avrebbe scambiata per una pazza schizofrenica, se non sapesse che in realtà era più che sana di mente...forse.
- Ok, ok. - fece un lungo respiro. - Chiedimi qualsiasi cosa tu voglia. -
- Uhm... - pensò Alai. Ma in realtà non aveva bisogno di pensare, lei sapeva benissimo cos'è che voleva sapere. Era lì fermo in testa, quel pensiero che pulsava, ormai già da tanto.
- Voglio sapere cos'è il distretto 12. - disse Alai con voce ferma.
Katia le lanciò uno sguardo compassionevole, mortificato.
- È...il distretto delle prostitute. - spiegò Katia, con lo sguardo per terra e le mani che le torturavano la gonna.

Ossa Fragili. (Come Nei Sogni)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora