Boom. Un altro ragazzo cadde per terra, steso da un pugno. Il ragazzo dagli occhi infuocati non fece in tempo a dargliene anche un po al più grosso, quello a cui Alai morse la mano, che scappò via con la coda fra le gambe.
Gli altri due restarono per terra ancora un po, per poi alzarsi e scappare a loro volta, in preda al panico dopo aver assistito al loro amico messo KO.
Il ragazzo di fuoco inspirava ed espirava pesantemente, con il petto che si abbassava e si alzava di continuo. Aveva ancora gli occhi accesi da scintille di fuoco, e i capelli biondi che le sembravano la folta chioma di un leone.
Mentre il piccolo scricciolo era lì, con la schiena spiaccicata alla parete. Era come se ogni muscolo del suo corpo fosse paralizzato, tanto che non riusciva neppure a respirare con regolarità. Era stata appena picchiata senza nessuna pietà. Le aveva riempito la faccia di lividi con le loro manacce forti e grandi. Non riusciva più mettere a fuoco la vista sul suo angelo salvatore. Era come se tutto attorno a lei diventasse sfocato e trasparente. Riusciva a rispecchiarcisi dentro:una ragazza con le lacrime che le colavano dal viso, i capelli rossastri arruffati, il volto rosso e deformato dai pugni e dalla paura, il corpo minuti e striminzito che le tremava. Poi un'ombra dinanzi a lei che le porse premurosamente una mano. Lei barcollò, versando altre lacrime. Erano state delle mani a ridurla così, non ne avrebbe più toccata una. La paura e il terrore sul suo volto che poi si andarono mischiando con la confusione del non riuscire a vedere più con lucidità. Era come se stesse cadendo da un precipizio e prima o poi, sarebbe caduta frantumandosi tutte le ossa. Ed eccola lì, l'oscurità che le stava dando il benvenuto, e che poco a poco l'avvolse, come fa una mamma con il proprio neonato.Alai aprì finalmente gli occhi, dopo aver sognato due grosse mani possenti che le stringevano il collo, togliendole del tutto il respiro. Il cuore le batteva forte, e sentiva ogni parte del suo corpo fatta a pezzi, come se fosse stata macellata e pronta per essere venduta.
Strizzò più volte gli occhi, cercando di capire dove si trovasse:il soffitto e le pareti erano di un celeste chiaro; la stanza in cui si trovava era illuminata da una luce fioca, che le diede l'impressione di essere morta, e di trovarsi in Paradiso, aspettando che qualche angioletto dall'aureola dorata la venisse a prendere.
Un ricordo dopo un altro andarono formandosi nella sua mente, ricostruendo la serata scorsa. Tre ragazzi che la pestavano, lei che si dimenava e piangeva, e un ragazzo biondo che le salvò la vita, mettendo i tre in scampo. Che sia stato lui a trascinarla qui? La sua mente riusciva a rievocare solo questi ricordi vagamente sfocati, oltre non andava. Di conseguenza non sapeva chi fosse stato a portarla qui, e dove si trovasse.
Si alzò con la schiena dolorante, come ogni altra parte del suo corpo, osservando attentamente la stanza: il pavimento era in legno chiaro; era sdraiata su un letto ad una piazza e mezzo con coperte di pizzo bianche, che sembrarono ricordarle quelle ricamate a mano da sua nonna; c'era un grosso armadio bianco panna dinanzi a lei; posizionato accanto al letto era situato un piccolo balconcino con tende bianche, anche quelle in pizzo, meno lavorato però; alla sua destra c'era la porta in legno chiaro e a fianco a essa una semplice sedia celeste, come le pareti circostanti.
Era spoglia. Ad Alai le ricordava tanto gli alberi spogli in autunno. Era sempre rimasta affascinata nel guardare da dietro la finestra della sua camera, le foglie che si depositavano alle radici dell'albero, lasciando la loro dimora, la loro casa. Sembravano così fragili, che sarebbero potute scomparire da un momento all'altro, o trasportate via dal vento, come capitava spesso. Così era lo stesso, per quella stanza. Piena di fragilità, e nuda da qualsiasi cosa che l'avrebbe resa una camera uguale alle altre. Nonostante le regalasse un non so cosa di malinconia, la sentiva stranamente accogliente, tanto da sentirsi a suo agio dentro.
Si strofinò gli occhi per poi stiracchiarsi. Sentì le sue ossa scricchiolare e provò una forte fitta fin dentro esse. Il dolore provato mentre la picchiavano era nulla in confronto a quello che stava sentendo. Svegliarsi dopo una serata shock e sentirsi il corpo flagellato era una sensazione che non augurava davvero a nessuno.
Nonostante avesse messo a fuoco quella stanza, doveva ancora capire cosa c'era al di fuori della stanza, e chi l'avesse trasportata fin qui, salvandola dal cemento freddo.
Sentì un rumore improvviso provenire da sotto il pavimento. Che fosse una casa a più piani? Probabile, o forse si trattava di una semplice cantina.
Un altro rumore. Voleva davvero scoprire chi fosse a provocare quei rumori, ma le sue gambe erano troppo pesanti e sembravano essere inchiodate al letto, perfettamente comodo.
Ad un certo punto un altro rumore e la porta si aprì. Alai rimase di sasso, restando ad osservare un ombra in movimento, finché i raggi solari andarono ad illuminare dei certi riflessi biondi e degli occhi celesti. Il ragazzo di fuoco, o ragazzo-leone, o anche occhi infuocati. Dentro di se gli diede tanto nomignoli associati al fuoco che sprigionarono i suoi occhi, quando rase al suolo i tre ragazzi.
Ma davvero non si aspettava, Alai, che lo stesso ragazzo avesse potuto avere degli occhi talmente limpidi e cristallini. Lui le fissava il volto, con aria disinvolta, in piedi sulla soglia della porta. E lei pure.
- Vedo che ti sei svegliata. - disse il ragazzo, chiudendo dietro di se la porta.
Alai non seppe che dire, in preda all'imbarazzo e al disagio improvviso.
- S-si. - balbettò.
Il ragazzo rimase ancora in piedi a guardarla, avvicinandosi un altro po' e permettendo alla debole luce del sole di illuminargli il resto del viso e del corpo. Aveva due labbra rosee strette in una linea dura; indossava una semplice maglietta in cotone nera a maniche lunghe; era leggermente aperta sul petto che lasciava intravedere l'inizio di pettorali forti; sotto aveva un jeans, nero pure quello; i piedi erano scalzi, ricoperti solo da dei calzini grigi.
Era incredibilmente bello. Bello da morire, talmente bello che ci avresti potuto sbavare dietro, ma Alai cercò di controllare la sua ammirazione. Era come se quella sfacciata bellezza le si rivoltasse contro, attaccandola e trasformandosi in disagio e in imbarazzo.
- Sarebbe stupido se ti chiedessi come stai? - chiese lui, alzando le sopracciglia.
- N-no, n-non credo, insomma...non sto benissimo...io...mi sento le ossa rotte. - Stupida, stupida, stupida.
"Ossa rotte?" urlò dentro di se, maledicendo se stessa per la pessima scelta di parole e il vomitevole spettacolo da balbuziente, che aveva dato. Non avrebbe potuto fare un'impressione peggiore.
Lui accennò quella che secondo Alai, era una risatina.
- D'accordo, è comprensibile. -
- Mh... - mormorò lei, giocando nervosamente con una ciocca di capelli. - Potresti dirmi dove mi trovo? -
- A casa mia. - disse lui guardandola intensamente, più di prima.
- Oh. - disse solo Alai.
"Sei a casa sua. Merda." imprecò Alai. Era a casa di un Dio greco che le aveva salvato la vita, e lei era in quelle condizioni pietose a balbettare.
- Eri svenuta quando quei tre sono scappati. Così ti ho portata da Dorothea, che ti ha medicata. E dopo ti ho portata qui. - spiegò lui, con voce roca e vellutata allo stesso tempo.
- Ah...ma chi è Dorothea? - disse con voce timida Alai. Lui sembrò stupirsi della sua domanda.
- L'infermiera. - disse, come se la risposta fosse scontata.
- Ah, va bene. Ehm...ti...ti ringrazio, grazie per aver fatto tutto quello che hai fatto. - ammise Alai, sospirando di sollievo per essersi tolta quel peso di dosso.
Lui si limitò ad alzare pigramente le spalle. - Lì c'è la tua roba, puoi cambiarti quando vuoi. Mentre se vuoi lavarti c'è un bagno in corridoio. La prima porta a sinistra. Nessuno ti disturberà. - dicendo così se andò, chiudendo la porta.
Alai girò la testa, notando il suo borsone ai piedi della sedia. "Come ci è arrivato qui?" Perché il suo borsone era lì? Lo aggiunse all'infinita lista di domande che avrebbe dovuto fargli.
Allontanando le domande che bramavano di risposte, sospirò di nuovo, un po' sollevata dal fatto che il ragazzo fosse uscito. Era bello starsene lì a contemplare la sua bellezza, ma allo stesso tempo la intimidiva e ciò la faceva sentire fuori luogo. Aveva sempre avuto grossi disagi nel socializzare, specialmente con il sesso opposto. Nonostante avesse già dato il suo primo bacio, non aveva mai avuto una relazione, e un qualsiasi approccio diretto con il sesso maschile la spaventava, mandandola nel panico. Ciò era dovuto troppo probabilmente alla sua odiosa ed eccessiva timidezza e reticenza, in qualsiasi cosa. Era la causa del suo perder continue occasioni, o anche solo sfiorare la brezza di dolci emozioni nel parlare liberamente con qualcuno, senza sentirsi in continuo disagio.
Aveva sempre desiderato essere una persona espansiva ed esuberante, proprio come Katia.
Katia. Quel nome le fece ricordare, che sicuramente, lei si sarà accorta della sua assenza e starà dando di matto, sfiorando chissà quali pensieri sconci.
Liberandosi la mente dai troppi pensieri affollati, decise di farsi una bella doccia, per ripulirsi il corpo da quell'odiosa sensazione di sporco e di sudicie impronte di mani. Così, prese la sua biancheria e dei vestiti puliti dirigendosi nel bagno, indicatoli dalle indicazioni del ragazzo.
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Ossa Fragili. (Come Nei Sogni)
Romans"Solo da quando amo la vita è bella. Solo da quando amo so di vivere." "Alai, sono uno psicopatico inguaribile. Stai lontano da me. " Una storia, paragonata al soffio del vento. Delicato, invisibile, fragile come una piuma, un leggero tocco che poco...