Cap. 11: Violence.

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La luce calda del mattino andò a stuzzicare le palpebre appisolate di Alai. Voleva continuare a dormire, ma quella luce stava diventando più insistente. Con pigrizia, le palpebre di Alai, finalmente si aprirono. Il sole batteva con forza sulla finestra. La luce la stava accecando, infatti non riusciva a tenere ben aperti gli occhi.
La scena felice di una sagoma alta e muscolosa che si andò a stendere accanto a lei, stringendola in mezzo al buio, le apparve davanti agli occhi, facendola sussultare. I ricordi si andarono ricostruendo uno dopo l'altro, lasciando un nodo in gola ad Alai. Il letto era completamente vuoto, lui non c'era. O forse non c'è mai stato? Forse si era immaginata tutto a causa della paura? L'idea di aver dormito assieme a Jamie la esaltava parecchio, ma allo stesso tempo le dava vergogna. Sentiva sensazioni contrastanti fra di loro, senza ben capire cosa sentisse davvero. Lasciò in sospeso la questione dell'io interiore, e iniziò a pensare a cosa avrebbe dovuto dirgli o fare quando sarebbe scesa giù. Si armò di coraggio, e scese giù, incurante dei suoi capelli rossi tutti arruffati. L'aveva vista dormire, il che non doveva essere stato uno bello spettacolo, secondo lei, perciò vederla non così non dovrebbe essere poi così terrificante. Scese le scale e si diresse in salotto. Non c'era nessuno. Sentì un rumore provenire dalla cucina, e poi uno strano odore di dolce. Stava cucinando? Alai si sedette sul divano. Non osava entrare in cucina, invadendo i suoi spazi. Se era così irritabile lungo tutto il giorno, figuriamoci la mattina. Avrebbe aspettato che fosse lui a venire incontro a lei, standosene seduta lì. Improvvisamente squillò un cellulare. Era quello di Jamie, che si stava dimenando sul tavolino, facendolo vibrare tutto. Alai si sporse in avanti per vedere chi fosse, e lesse il nome sullo schermo della chiamata. "Katia". Katia? Era sicura che fosse quella Katia, ma non capiva perché lo chiamasse. Era tentata dall'afferrare il cellulare e rispondere al posto di lui, ma sapeva che sarebbe arrivato da un momento all'altro. E così fu. Jamie arrivò in salotto a grandi passi, sbuffando come sempre. Ma quando incrociò lo sguardo assonnato e confuso della piccola Alai, sembrò addolcirsi e freddarsi allo stesso tempo. Aveva perso del tutto la sua espressione scocciata, facendo posto ad un'altra che era ben più che indecifrabile. Alai gli sorrise timidamente, sperando di non sembrare troppo banale. Lui ricambiò di poco il sorriso, per poi afferrare il cellulare e leggere il nome. Quando lo lesse attaccò, gettando malamente il cellulare sul divano. Alai aggrottò la fronte davanti quel gesto, e lui lo notò. - Cosa? - disse lui.
- Perché non hai risposto? È Katia, può voler parlare con me. - alzò le spalle.
- Se avesse voluto parlare con te, chiamerebbe sul tuo di cellulare, non credi stellina caduta? - assunse un tono troppo dolciastro, come se stesse parlando con una bimba piccola. Il che, fece irritare Alai.
- Sarebbe possibile, se solo voi non mi aveste bloccato tutti i contatti, in modo che nessuno possa contattarmi, ne io contattare qualcuno. - fece una smorfia antipatica.
Lui le rise in faccia. - Chi ti ha detto questo? -
- Katia. - tagliò corto Alai.
- Allora sarai felice di sapere che sono balle. Ti hanno bloccato solo i contatti di fuori. Quello della tua amichetta del cuore non è bloccato affatto. - disse con tono acido e derisorio. Perché il suo umore era cambiato tutto d'un tratto? Era tornato il Jamie insopportabile?
Alai corrugò la fronte. - Allora perché mai chiama te e non me? -
- Sei gelosa? - disse ridendo.
- Cosa dici! Katia quasi non ti sopporta, è con me che vuole parlare. - indicò se stessa.
- Questo vallo a dire a lei, stellina. - ammiccò arrogantemente.
- Sei così insopportabile! E non chiamarmi stellina, coglione! - Alai appena realizzò quello che aveva appena detto si mise una mano davanti la bocca. Aveva appena pensato ad alta voce, e lui la stava guardando fumante di rabbia mista a disgusto.
- Chi te le ha insegnate queste parolacce? Non sono troppo volgari per una cazzona come te, eh? - sputò lui.
- Qui l'unico cazzone sei tu, non io. - rimase seduta, fissando il pavimento.
Lui sospirò con forza. - Forse le cose non ti sono abbastanza chiare, evidentemente. - Alai riusciva a sentire il suo sguardo infuocato su di lei, ma lei non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi. - Io dico, e tu taci! Io ordino, e tu fai! Se io ti dò della cazzona, tu stai zitta e te ne vai a fanculo, hai capito? - urlò contro di lei.
Alai si sentì così piccola, che sembrò essere stata calpestata da lui e le sue feroci parole. Chi era quel ragazzo? Era lo stesso ad averla salvata da dei stupratori? Era lo stesso ad averle concesso la possibilità di restare o andarsene? Era lo stesso ad averla salvata di nuovo da uno psicopatico? Era lo stesso ad averla quasi baciata? Era lo stesso ad averla protetta dal buio? Era lo stesso ad averla stretta contro il suo petto per tutta la notte, sussurrandole di non aver paura? Una lacrima scese lungo una guancia di Alai. Come poteva essere stata cieca fino adesso? Non si era mai resa conto di quanto le persone qui, potessero essere false. Katia l'aveva anche messa in guardia, ma lei stessa aveva preferito affidarsi a un completo sconosciuto, e come se non bastasse, averci condiviso il letto. Come poteva essere stata così ingenua e stupida? Era lui a comandare, e lei lo sapeva fin dal primo momento, eppure aveva preferito restare solo per delle stupide infatuazioni che, sicuramente, c'erano solo nella sua di testa. Si vergognava a stare davanti a lui, con le lacrime che scorrevano lungo il suo viso pallido. Avrebbe preferito correre ovunque, purché lontano da lui e dal suo sguardo crudele puntato su di lei.
- Non ti è concesso piangere davanti a me. Perciò vattene da qualche altra parte a farlo. - gli ordinò lui glaciale. Non stava urlando più, eppure le sue parole la stavano uccidendo comunque. Alai si asciugò frettolosamente le guance, restando compostamente seduta. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla appartarsi, in un posto lontano da lui, per piangere a causa della sua cattiveria e prepotenza. Aveva un orgoglio, ed era fermamente convinta che lui non meritasse neppure la metà della metà di una sua lacrima. Lui la guardò per un attimo di troppo, per poi rintanarsi di nuovo nella cucina, probabilmente a continuare quello che stava facendo. Ora al posto dell'umiliazione e del sentirsi piccoli piccoli come un granello di sabbia, fece posto la rabbia e l'odio.

Jamie se n'era andato da ormai venti minuti, così Alai ne approfittò per comporre un numero col suo cellulare.
- Pronto? -
- Katia! - ansimò Alai.
- Oh mio Dio, Alai, tutto bene? Cos'hai? - la bombardò Katia.
- Nulla, devo solo parlarti. - deglutì. - Prima di tutto, perché chiami lui e non me? -
Katia non rispose. - Rispondimi Katia! - esclamò arrabbiata Alai.
- Senti tesoruccio, sono cose che per il momento è meglio non sapere. - disse con tono afflitto, e di chi sapeva troppo.
- No, non me ne frega nulla. Oggi quel bastardo mi ha fatto una sfuriata terribile, me ne voglio andare da qui! - si lamentò. - O almeno capirci qualcosa! -
- Mi sembra di averti spiegato come vanno le cose qui. Alai, non c'è da capire, solo da accettare. Forse ciò non accadrà mai, e a quel punto sarà questo che dovrai accettare. Basta fare domande inutili. -
- Tu non capisci come sto. Se lo facesti, proveresti a fare qualcosa per farmi sentire meglio. Sapresti per lo meno cosa dovresti fare, proprio perché tu ci sei già passata. - scosse la testa, singhiozzando.
- Alai... - Alai scosse ancora la testa, in preda alle lacrime. - No. Io...io pensavo c-che lui fosse un ragazzo a posto. Non m'immaginavo che... -
- Non tutto è come sembra! - esclamò Katia. - Alai io ti avevo avvisata, diamine! E non solo! Ti avevo persino detto di andartene, ma tu cocciuta come sei hai fatto l'esatto contrario. Solo perché un bel fusto ti aveva salvata da qualche coglione. Qui sono tutti dei perfetti coglioni! Sanno camuffare le emozioni più profonde, dei perfetti attori, con tanto di astuzia. E Jamie è il peggiore! Non chiedermi altro. -
Alai deglutì le lacrime che stava trattenendo. - P-perché il peggiore? Cosa sai Katia? -
- È il peggiore e basta. Ti ho detto di non chiedermi altro. - aveva un tono esausto.
- Beh ok! Avevi ragione tu. Ho sbagliato, però io ora me ne voglio andare. Qui non ci sto. -
Katia fece una risata amara. - Oh, ora la signorina se ne vuole andare? Il danno ormai è stato fatto! Devi assumerti le tue responsabilità adesso. -
- Katia...io... - tentò di dire Alai.
- No, Katia un corno! Io te lo avevo detto chiaro e cristallino. Cosa ti costava fare come ti era stato detto? Come hai potuto anche solo pensare di startene a casa sua, eh? Stupida! Sei una totale stupida! Assumiti le tue colpe, anzi che piangere come una bambina a cui gli è stato appena rubato il giocattolo preferito! - disse con tono duro e freddo.
- T-ti prego... - balbettò.
- Zitta. Non. Parlare. Più. - la sentì sbuffare, e poi la chiamata s'interruppe. Katia aveva attaccato.
Le ginocchia di Alai cedettero, e assieme a loro, Alai stessa.


Sentì la risata amara e fredda di Jamie. Le sue possenti braccia la stavano premendo contro il muro di pietra freddo, bloccandole tutto il corpo. - Lasciami! Vai via! - uno schiaffò le bruciò sulla guancia, come fuoco ardente sulla pelle. - Basta... - un altro schiaffò partì, e un altro, e un altro ancora. Lei pensava fosse a causa delle sue lamentele, ma anche quando taceva lui la picchiava, paralizzandole il corpo. - Questo è il prezzo da pagare per le proprie scelte, stellina mia. - disse con un sorriso malizioso sul volto. Alai pianse, pianse a non finire, sentendo la sua anima prosciugarsi da qualsiasi energia.

Alai si svegliò di soprassalto da un altro dei suoi incubi. Era completamente sudata, ed aveva gli occhi stanchi.
Jamie non era più tornato, così Alai andò a dormire, avendo una successione di incubi per tutta la notte. Non chiuse occhio per nemmeno due minuti, prima che un altro incubo andò a bussare alle sue porte. Il cuore le martellava nel petto, facendola respirare a fatica. Aveva la bocca secca, così scese giù in cucina per bere dell'acqua.
Scendendo le scale, si rese conto che qualcuno stava cercando di aprire la porta principale, con quelle che sarebbero dovute essere delle chiavi, riconoscendole dai tintinnii metallici che producevano toccandosi. Alai sentì affiorare nella sua gola, un suono amaro, che ingoiò immediatamente. Si diresse nella cucina, provando a ignorare quel rumore, che continuava a torturarla. Prese un bicchiere e ci versò dentro dell'acqua minerale, portando tutto in gola. Era come se quella paura mista a odio le facesse venire una sete continua. Passò qualche minuto, e ormai Alai era già al terzo bicchiere, mentre quella persona che stava armeggiando con le chiavi, entrò in casa imprecando. Alai seppe fin dall'inizio chi era, ma volle in tutti modi convincersi che fosse qualche ragazzo ubriaco a voler intrufolarsi nella casa. In altre circostanze, avrebbe avuto paura solo formulando quel pensiero, ma in quel momento, nulla le faceva più paura di un possibile Jamie arrabbiato, o ancora peggio ubriaco. Sentiva un odore di alcol provenire da quella sagoma barcollante, che si confondeva fra le luci spente. Il cuore accelerò la sua andata, facendola ansimare. "Respira. Respira, Alai. " si ripeteva, quasi come una filastrocca. In un batter d'occhio quella sagoma indistinta nel buio della notte, si avvicinò pericolosamente ad Alai. Lei deglutì nervosamente. Si girò con lentezza da film gialli, prima di ritrovarsi Jamie che le stava appiccicato come una sardina. Aveva una mano sospesa in aria, rivolta verso di lei. Alai strinse forte gli occhi, sapendo con fermezza che, uno dei suoi incubi si sarebbe avverato da un momento all'altro.

Ossa Fragili. (Come Nei Sogni)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora