I

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Il crinale di nord-ovest era libero, nessuna scia sospetta, come accadeva ormai da anni.

Dopo l'armistizio con i Volturi, la penisola olimpica era libera e sicura, nessuno dei suoi abitanti, umani o licantropi, aveva avuto alcunché da temere. Ma il branco aveva continuato a perlustrare boschi e confini della propria terra. Erano nati per quello: proteggere la vita umana e avrebbero continuato a farlo, finché avessero avuto fiato in corpo.

Così la pensava l'alfa e, nonostante i più giovani lo trovassero quantomeno paranoico, il suo era un ordine e quello il loro destino.

- Qui è tutto a posto! - pensò il lupo, rivolgendosi alla sua beta. - Tornatene pure a casa, Leah. Io continuo per un altro po' ... - le ordinò col pensiero.

- Sei patetico! - lo lapidò la lupa.

- Sta' zitta! - intimò Jacob, seccato.

- Come vuoi, sei tu il capo ... - si prese gioco di lui e, con un guizzo elegante, sparì nel fitto della boscaglia.

L'alfa, con la stessa velocità, prese a correre, ma nella direzione opposta, verso la rupe dalla quale i ragazzi si tuffavano. Mutò e, ancora nudo, si mise a sedere sull'erba umida della notte, le gambe incrociate e lo sguardo rivolto al mare nero, nero e arrabbiato esattamente come lui.

Era diventato, quel momento della notte, il suo momento; il suo rifugio, il luogo ed il tempo in cui poteva pensare liberamente e senza incursioni. Pensare a tutto ciò che voleva o più semplicemente ad una cosa sola: Renesmee.

Farlo di giorno lo indeboliva, scalfiva la sua mente, allenata ormai da anni alla sua assenza. Pensare di notte era, invece, deleterio: diveniva sofferenza comune e, ciò che per Jacob era peggio, sembrava compatimento.

Aveva imparato ad usare la comunicazione mentale col resto del branco a suo piacimento, come un walky-talky, solo per le necessità della ronda. Il resto dei pensieri gli appartenevano, essi erano una sua esclusiva proprietà, soltanto la sua amina sospesa poteva condividerli con la sua mente affaticata.

Alzò lo sguardo dalle onde in guerra con le rocce emerse e si trovò davanti la luna più grande che avesse mai visto: una perla incastonata in una immensa valva nera, preziosa e tanto vicina da poter essere toccata.

Il suo candore accentante gli portò alla mente la pelle di lei, diafana e delicata, come una guaina trasparente, che tratteneva carne e sangue e anima perfettamente dosate tra loro. Ricordò le sue labbra di corallo prezioso e rosso, le sue guance rosate da bambola ed, infine, i suoi occhi di cioccolato fondente.

Non aveva mai amato, particolarmente il cioccolato, mai fino a quando non l'aveva visto fondersi nei suoi occhi puri e profondi, sinceri come la sua anima.

Ogni volta che ne addentava un pezzo, gli pareva di baciarla. Non che l'avesse mai baciata prima, ma si figurava così il sapore dei suoi baci: intenso e forte.

Così tratteneva il pezzo di cioccolato in bocca, lasciava che il calore del palato e della lingua lo sciogliessero lentamente, permetteva all'aroma di diffondersi, scendendo, attraverso la gola, fino in fondo allo stomaco, esattamente al centro del corpo, e manteneva quel retrogusto intenso e impercettibilmente amaro, per alcuni minuti, fino a che si dissolveva, costringendolo ad addentarne un altro.

Sì, così dovevano essere i baci di Renesmee: intensi, durevoli, ma sempre troppo pochi.

I Cullen avevano lasciato Forks ormai da quattro anni esatti.

L'immortalità cominciava ad essere scomoda in una cittadina in cui tutti conoscono tutti. Avevano scelto Denali, l'Alaska era il luogo perfetto per loro: freddo, isolato e lontano. Ma il vero motivo dell'allontanamento era un altro. Era più doloroso e distruttivo di qualunque altro, era, per Jacob, la sua dannazione: l'imprinting.

Nessuno poteva accettare che Jacob e Renesmee fossero legati così indissolubilmente. Erano nemici, nemici naturali, nati per uccidersi, per combattersi, non per amarsi o proteggersi.

I Volturi, se avessero saputo di quel legame, l'avrebbero usato come pretesto di una presunta violazione di una qualche assurda legge "vampirica" e sarebbero tornati per spezzarlo, per prendersi Alice e Bella, ma soprattutto Renesmee. Ella, per quanto era dato sapere, era forse l'unica esponente femminile della specie: mezza umana e mezza vampira. Aro non avrebbe lasciato che un esemplare così raro, inquinasse la sua purezza unica, mischiandosi con un animale. Per i Cullen, Renesmee era il punto perfetto di incontro tra mondi opposti, l'equilibrio tra vita e morte, tra luce e oscurità.

Per Jacob, invece, era solo la propria vita messa nel corpo di un altro essere.

Ma il suo istinto, la devozione e l'amore lo spingevano a proteggerla, a qualunque costo, anche da sé stesso, anche se questo gli valesse la morte o peggio la vita senza di lei.

Gli venne in mente che erano passati più di sei mesi, da quando si erano visti, a Natale, quando lui e Charlie erano stati a trovarla. Ormai era una donna, bellissima come una statua greca: possedeva una grazia innata, la leggerezza dei movimenti, tipiche della specie, ma soprattutto quella timidezza che le colorava le guance e le faceva abbassare lo sguardo, rendendola, indiscutibilmente, irresistibile e viva.

Il cielo cominciava a schiarirsi, l'arancio ed il rosa dell'alba dissolvevano le tenebre velate della notte e la luna, che fino a poco prima, aveva dominato la volta celeste, si fondeva nel chiarore diffuso fino a sparire.

Jacob si alzò, la pelle nuda tirava per l'umidità della notte. Rivolse un ultimo sguardo all'astro ormai sbiadito e, mutando, tornò verso casa.

Love and DarknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora