VII

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Jacob si era rintanato nella sua isola silenziosa, sulla rupe.
Non era mutato, sebbene la rabbia incontenibile l'avesse portato più volte sul filo del passaggio tra una natura e l'altra.
L'idea che i suoi fratelli potessero entrare nei suoi pensieri, in quel momento di rabbia e dolore glielo aveva impedito in parte, e la necessità della sofferenza che, stranamente, non lo annebbiava, ma lo rendeva lucido, aveva fatto il resto.
Solo poche ore prima, si era sentito completo: quella tempesta continua che lo teneva in bilico su di un abisso invitante, si era trasformata alla vista di lei, si era dileguata attraverso i baci e le carezze che si erano scambiati, come un temporale che sfuma nella calura estiva.
Jacob, dopo estenuanti attese, mute rassegnazioni e anni di tormenti, si era sentito sereno, pronto ad amarla come il destino aveva deciso ed invece, era di nuovo lì, come la notte precedente, quella prima e quella prima ancora. Era ancora lì, nella sua prigione fatta di silenzio, di assenza e dolore.
- Jake ... - si sentì chiamare dalla voce della sua carceriera.
- Che diavolo ci fai qui? - urlò, sorpreso balzando in piedi. - Avevo detto a Leah ... - cercò di proseguire, ma il cuore, disperatamente, si divincolò dalla morsa in cui si era trovato stretto per ore, inchiodandolo al viso di lei.
- Ho sbagliato, Jake. So di aver sbagliato, ma ... volevo solo ... io volevo solo stare con te. - gli rivelò, sommessamente con gli occhi fissi su di lui, cercando la dolcezza che solo Jacob sapeva darle.
- Non è una ragione sufficiente, non basta ... - disse, cercando di rimanere ancora distaccato.
- Credevo di sì ... - gli rispose la ragazza delusa. - ... Credevo che fosse l'unica cosa che conta. - terminò, sentendo il respiro, sofferente e lacerato, schiacciarsi al desiderio di averlo.
- Non se in gioco ci sono delle vite, le vite di tutti quelli che ci amano. - ammise, ammorbidendo impercettibilmente il tono di voce.
- Che significa? - lo interrogò, compiendo un piccolo passo per arrivargli più vicino.
- Siamo nemici, Ness, nemici naturali ... I volturi ti vogliono, non aspettano altro che un pretesto per scatenare un'altra guerra. E se io e te ... se stessimo insieme ... la tua famiglia sarebbe spacciata ed il branco pure. - continuò senza fermarsi. - Senza contare che una nostra unione ... quello che ne verrebbe, potrebbe uccidere anche te! - concluse guardandola, con occhi terrorizzati al solo pensiero di causarle male.
- Sei un idiota, Jacob Black, un vero idiota ... - lo accusò, tormentandosi le labbra rosse. - Credi davvero che stare separati fermerà i Volturi? Credi che mostri infernali assetati di sangue e di potere si fermerebbero davanti alla possibilità di accrescere la propria superiorità. Se è me che vogliono, un giorno verranno a prendermi, comunque ... - gli urlò contro, stringendo i pugni ed avvicinandosi di un altro passo al ragazzo, che ad ogni lacrima , ad ogni parola, resisteva al desiderio di stringerla. - E credi che per morire sia necessario unirmi a te, quando per questi anni mi è bastato starti lontana, per provare un'agonia peggiore della morte? Sei un idiota ... un vero idiota ... - ripeté con voce flebile, quasi in un sussurro disperato.
- Ness ... - la chiamò, facendole alzare gli occhi per poterci guardare dentro.
- Cosa è cambiato? Perché solo poche ore fa mi promettevi ... - lo incalzò.
- Credevo che i tuoi avessero trovato una soluzione. - la interruppe ad un palmo dal suo corpo. - Speravo che avessero trovato una soluzione ... - continuò.
- Io ti amo. - sussurrò allora Renesmee, poggiando le dita sul petto ansante di lui. - Solo questa è la soluzione ... - terminò, spostando il palmo della mano sul viso di Jacob.
Il ragazzo rilassò i muscoli contratti dell'intero corpo, come se quel tocco fosse capace di sciogliere qualunque tensione, ogni dubbio o paura, come se le mani di Renesmee fossero un magico balsamo guaritore.
- No ... - tentò di opporsi, chiudendo gli occhi e lasciando aderire la guancia al palmo aperto della mano di lei.
- Solo questa è la soluzione ... - gli ripeté. Poggiò le labbra leggermente schiuse su quelle del ragazzo, sfiorò la nuca con le dita dolci, e lo avvicinò a sé più che poteva, eliminando distanze e paure che li dividevano.
Fu allora che Jacob cedette.
Cedette il corpo, che l'avvolse in un abbraccio potente; cedette la mente che si scrollò di dosso ogni remora, come un animale che non vuole essere domato; cedette il cuore, che si lasciò travolgere da quella strana magia Quileute che gli altri chiamano amore.

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