XIII

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Avevano passato l'intero pomeriggio a First Beach, lui a giocare a calcio con i suoi fratelli, come bambini con i piedi nudi nella sabbia e la testa leggera tra le nuvole; lei a guardarlo, perdendosi nei suoi occhi, ogni qual volta si voltava a cercarla.Non c'era alcun dubbio: per Renesmee Carlie Cullen, come per chiunque si fosse fermato a guardarlo, Jacob Black era bello, incredibilmente bello.
Il corpo era agile e veloce, come quello di un atleta: le gambe erano scattanti e tornite; le spalle ampie terminavano in braccia forti e mani tenaci nella stretta, quanto dolci nelle carezze; il viso, dai lineamenti decisi e scuri, si animava negli occhi di pura pece, brillanti e teneri e nel sorriso sincero e trascinante. Era alto, enorme rispetto alla figura minuta di Renesmee, ma ella si sentiva perfettamente contenuta in quel corpo caldo, come il tesoro nello scrigno, nata apposta per le sue braccia.
Ciò che più l'ammaliava, però, era la pelle.Essa riluceva come la superficie del mare sotto il riverbero della luna. Riluceva, ma non come quella dei suoi familiari, che avevano bisogno del sole per brillare come migliaia di diamanti purissimi. Essa splendeva sempre, poiché quella luce veniva da dentro, era il riflesso della sua anima calda e sicura, come fosse essa stessa il sole.
Ma la bellezza di Jacob scavalcava quella fisica e per questo era ancora più travolgente.
Egli era sincero e puro al pari di un bambino che ancora non conosce la menzogna; leale e pronto al sacrificio per coloro che amava, come un eroe ed infine completamente sopraffatto dalla capacità di amare. E poi era simpaticamente sfrontato, inarrestabile e dolce, divertente ed incline al sorriso in qualunque momento, anche in quelli più difficili.
Eppure guardarlo, ora dopo ora, le provocava una morsa che le attanagliava lo stomaco, feroce come quella di un animale affamato. Sapere che quell'amore per lei era frutto dell'imprinting le scuoteva i pensieri facendola tremare.
Fin da bambina le era stato spiegato ogni particolare di quella magia Quileute. Le era sembrata, in principio, la favola della principessa e del cavaliere, destinati l'una all'altro dalla magia di una fata bizzarra e dispettosa, che aveva deciso il loro futuro rimestando una pozione puzzolente in un calderone di rame.
Crescendo, aveva cominciato a percepire il legame che li univa, mentre le entrava sotto pelle, sempre più intenso ed indissolubile: le toglieva il fiato la sua assenza o la mancanza del suo profumo di notte da ragazzina, negli anni lontano da Forks; poi, dopo la sua visita a Denali, era diventato lentamente desiderio fisico, così forte da farle attorcigliare le viscere al solo pensiero del suo corpo a stringere il proprio. Sapeva che quel laccio di seta che li teneva uniti, anche a chilometri di distanza, era biunivoco; che Jacob si sentiva alla stessa sua maniera, travolto ed inerme, e, sebbene non avesse mai voluto spezzarlo, temeva che per il mezzo lupo, fosse la catena che un destino padrone aveva messo al collo di un animale altrimenti indomito, rendendolo schiavo in eterno.
- Hei, piccola? - la chiamò, con un sorriso ammaliatore. - A cosa stavi pensando? - chiese, accovacciandosi.
- Ad un mezzo lupo ... - gli rispose, tornando indietro sul sentiero dei propri pensieri.
- Uno qualunque? - le chiese ancora, alzando il sopracciglio.
- Il più forte, il più bello ... - cominciò l'elenco.
- Se è anche il più innamorato ... so a chi stai pensando! - sorrise, schioccandole un bacio sulla punta del naso.
- Il più innamorato? Vorrei che lo fosse ... - sospirò, con il viso puntato sulle mani tremanti. - Il più innamorato ed il più libero di amare ... - terminò con un velo triste a sporcarle la voce.
Jacob si mise a sedere, davanti a lei, incrociò le gambe e le prese le mani.
- Che fai? - domandò interdetta.
- Mi metto comodo: sembra che ci sia un discorso serio da fare ... - le sorrise rassicurante. - Quel lupo è innamorato dell'unico essere in grado di completarlo. E' un privilegiato poiché la donna a cui è destinato, l'ama alla sua stessa maniera ... Ed è libero! - le spiegò sincero e risoluto, senza alcuna incertezza nella voce e negli occhi.
- Peccato che sia stata una magia tribale a concedergli questo privilegio ... una magia così potente da renderlo schiavo e felice del suo stesso sentimento! - incalzò, affranta.
- Una magia, sì, e allora? Cosa credi che sia l'amore, Renesmee? - insistette, pronunciando il suo nome per intero, come faceva solo quando qualcosa non andava. - Cosa, se non la più grande ed incontrollabile magia? - disse, come se la conclusione fosse ovvia e limpida come il sole.
- Ma se avesse potuto scegliere, quel mezzo lupo ... non avrebbe preferito una mezza vampira, sua nemica naturale, tanto odiata, da desiderare di ucciderla con le sue stesse mani ... - sussurrò, guardandogliele, mentre accarezzavano il dorso delle sue.
- E' vero volevo ... volevo ucciderti, e mi vergogno di averlo desiderato ... Ma quando ti ho guardata, i tuoi occhi mi hanno ... mi hanno ucciso, trapassato la carne, come lame affilatissime, tanto da arrivare fino al cuore, e nello stesso istante mi hanno restituito a nuova vita risanato, mi hanno ricomposto le ferite, anche quelle vecchie che credevo sarebbero sopravvissute a me stesso. Mi hai guardato ed io ti ho vista ... e con te tutto ciò che volevo ... - le spiegò con una voce così risoluta, da non lasciare traccia di dubbio. - E cosa vuoi che mi importi, se tutto è avvenuto per quella che qualcuno chiama magia? Il nome che diamo alle cose non cambia la loro essenza: la pioggia, la neve o il ghiaccio sono sempre e comunque acqua ... -
Renesmee lo guardò cercando ancora risposte, parole, battiti di cuore e respiri che la costringessero a credere, poiché non voleva altro, altro che credergli.
- Ed il libero arbitrio allora? - insistette.
- Ah no, Cullen, non cercare di confondermi con parole difficili! - cercò di scherzare, smorzando col suo sorriso la tensione palpabile. - Si sceglie con la testa, non con il cuore ... - sospirò, più serio. - Renesmee ... - continuò sempre con forza, poiché la sentiva tremante ed in bilico tra dubbio e voglia di cadere. - Nessuno sceglie in amore. Dimmi chi sceglie chi amare ... - si infervorò. - Credi che, se tua madre avesse potuto scegliere, avrebbe amato un vampiro? - proseguì. - Forse avrebbe deciso di non stare con lui, ma non certo di non amarlo ... - concluse stringendole ancora più forte le mani che continuavano a tremare. - Nessuno è libero in amore! - sorrise, come se quella prigione fosse la cosa più meravigliosa a cui la vita lo avesse costretto.
- Siamo in trappola, allora ... - domandò, con un groppo che le graffiava la gola.
- Sì ... meravigliosamente in trappola ... - affermò, con un sussurro talmente lieve al suo orecchio, che Renesmee, lo percepì come la stessa voce dell'anima, tanto leggera e suadente da farle perdere l'ultimo appiglio di insicurezza.
Si avvicinò al suo viso, le carezzò le guancie, poggiò la fronte su quella di lei guardandola negli occhi, sfiorò con le labbra la sua piccola bocca e la riscaldò con le parole.
- Non è questa la prigione più accogliente in cui si può essere rinchiusi? Non sono le tue labbra e le mani, e tutta la tua pelle dolce, la catena più morbida da cui ci si possa far legare? - continuò baciandole prima le labbra, poi le mani ed il collo fino alle clavicole.
- E' davvero così? - chiese, aggrappandosi saldamente alla poca lucidità rimastale.
- E' così ... E non è forse tutta questa tua carne l'antro in cui mi farei rinchiudere senza luce, né cibo, per mangiare solo di te e per berti ... - continuò a sussurrare, afferrandole i fianchi e trascinandosela addosso sulla sabbia tiepida e fine e nera, come il suo desiderio.
- Sì, è così ... - replicò, Renesmee convinta dalle sue parole ed avvinta dai baci e dalle carezze.
- Sì, perché ti amo da sempre ... ed é questo quello che voglio ... tu sei quello che voglio ... per sempre ... -

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