IX

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Di come Renesmee Charlie Cullen e Jacob Black scoprirono l’amore.
 

Denali, Alaska.
La vigilia di Natale, sei mesi prima.

- Mi dici come fai? – biascicò Charlie, stringendosi le braccia intorno al corpo, cercando di riscaldarsi.
- Cosa? – chiese distrattamente Jacob, mentre fissava la facciata dell’enorme villa dei Cullen, le cui immense vetrate si aprivano tra pareti di pietra viva che, a loro volta, si facevano largo tra i ghiacci polari.
- Come fai a non avere freddo? – precisò, mentre si portava le mani chiuse a pugno davanti alla bocca per scaldarle col suo respiro gelato.
- Non credo che tu voglia saperlo davvero … - rise il ragazzo, guardandolo battere i denti.
- Neanche io … - confermò. - Però adesso entriamo, prima che mi si gelino anche i pensieri! – ironizzò, avvicinandosi alla villa.
Appena furono entrati, una zaffata inconfondibile ferì le narici del lupo. Era passato molto tempo da quando l’aveva sentita l’ultima volta, aveva perso l’abitudine a quell’odore di foglie marcescenti e melma dei suoi nemici, tanto che un conato di vomito gli risalì acido per la gola.
- Che diavolo ci fai qui? – lo accolse la voce alterata della vampira bionda.
- Sono felice anch’io di vederti, Rose! – controbatté, per nulla turbato,  il giovane.
- Non aspettavamo che Charlie … - commentò Edward, mentre Bella stritolava in un abbraccio caloroso il padre.
- Sorpresa! – sorrise ironico Jacob, allargando le braccia in un gesto teatrale.
- Mia nipote? – si informò Charlie entusiasta. – Dov’è la mia piccola Renesmee? – continuò, come un bambino alla ricerca del regalo che gli è stato promesso.
- Di sopra … - gli sorrise la figlia, tenendogli ancora le mani.
- Vado io … - precedette tutti Jacob, dirigendosi a grandi passi verso la scalinata.
Il corrimano in legno intarsiato era completamente decorato da una ghirlanda di piccoli, profumati rami di pino e da mille palline di dimensioni diverse, disposte in grappoli dalle sfumature blu elettrico e bianco iridescente, esattamente come il resto del grande salone.
- Jacob … - lo chiamò Bella.
- Tranquilla, Bells, la trovo da solo. - la rassicurò, confidando nel proprio fiuto.
- Cane … - mormorò tra i denti affilatissimi Rose, inviperita.
Il lungo corridoio si apriva sullo spettacolare scenario dei ghiacciai, in ampie vetrate, intervallate da scarne pareti intonacate ed arricchite da tele dai colori sgargianti, che armonizzavano col bianco candore del panorama esterno.
In fondo, una porta di legno scuro, intagliata ad arte, era l’unica che rimaneva chiusa.
Dalla stanza, che essa chiudeva come uno scrigno prezioso, galleggiava una musica, accompagnata da una voce cristallina e suadente di donna.
Era dolce e temperata, in perfetto sincrono con la base musicale.
Era la voce di Renesmee, Jacob ne fu sicuro alla prima nota, nonostante non la sentisse da tempo.
Alzò il pugno chiuso, inspirò una dose massiccia di aria, come quando si caricano i polmoni per andare in apnea, e bussò.
Quando la voce gli diede il consenso di entrare, un raggio violetto penetrò attraverso la vetrata, colpendo sinuosamente gli arabeschi in rilievo del piumone verde; la luce vibrava, depositandosi sugli oggetti, definendoli morbidamente ed un profumo si addensava negli angoli della stanza.
- Jake! – sospirò la voce che l’aveva già incantato, prima di entrare in quell’antro delle sirene.
Renesmee gli saltò al collo felina, stringendolo come quando era bambina.
Come le mura poderose di un castello, costruito su solida roccia protesa sul mare, respingono l’onda feroce della tempesta, così mente, cuore, anima, corpo e ciascuno dei suoi sensi si acuirono e si prepararono a ricevere l’impatto conquistatore e devastante dall'odore di lei.
Esso investì Jacob con la sua delicata prepotenza, travolgendolo, senza scampo alcuno.
Sapeva di pulito e dolce, quel profumo, come quello della sua bambina dai capelli attorcigliati. Ma una nota diversa gli stringeva lo stomaco di desiderio sconosciuto e carnale per la donna che gli si allacciava al collo.
Era il profumo dell’aria dolce che rinfresca all’imbrunire, della primavera  svelata, il profumo magico del fiore nuovo nell’esatto istante in cui sboccia.
- Mi sei mancato … quanto mi sei mancato! – sussurrò spontaneamente al suo orecchio, mentre si lasciava avvolgere dalle braccia di lui.
Jacob sorrise, mancando di parole, mentre la parte animale che lo abitava, riconosceva d’istinto la sua eterna fiamma.
Si staccò, a malincuore da quella stretta, per dare anche agli occhi, unica parte del corpo non ancora appagata il loro dono e la guardò.
Il viso rotondo che si gonfiava in buffe smorfie e le labbra rosee della piccola Renesmee se ne erano andate, per lasciare il posto ai tratti della donna che era diventata. Solo gli occhi di cioccolato erano rimasti identici, perfetti e dulcamari quanto basta per solleticargli il palato nel desiderio di assaggiarli.
Se, come le leggende volevano, il cioccolato era la bevanda preferita delle civiltà che avevano originato la sua, Jacob l’avrebbe bevuta tutta quella pozione morbida, profumata, inebriante; l’avrebbe bevuta tutta dagli occhi di Renesmee.
- Quanto resti con noi? – chiese, poggiandogli le mani sul petto.
“Con te … per sempre, piccola”, rispose velocissimo il cuore di Jacob, ma la bocca non tradusse il desiderio in parole.
- Sono qui per il Natale … con Charlie. – si limitò a spiegarle, affaticato come dopo una corsa.
- Allora, questo sarà il miglior Natale della mia vita … - sorrise, sfoderando un’espressione dolce ed entusiasta che contagiava.
- Anche della mia … - la rassicurò, mentre lei lo prendeva per mano avviandosi al piano di sotto.
 

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