Ero in una grotta buia che puzzava di zolfo. Non vedevo nulla, solo il nero più totale. Sentivo dei ticchettii, come se fossi stato dentro un orologio. Era tutto così compattato, sembrava di essere in una conchiglia o in un guanto nero. O meglio, il guanto era l'entrata della caverna: infilavo la mano dentro di esso e una dimensione di mezzo prendeva parte della mia mente e del mio corpo. Tutto il mio corpo si chiudeva e si contorceva in uno spazio così piccolo da quasi rompersi o diventare un puntino piccolissimo e poi esplodere come il Big Bang. Sembrava una di quelle cose che accadono solo nei film di fantascienza. Solo che questa non era inventato. O forse credevo che non fosse così. Magari lo era. Forse ero pazzo a immaginare di vivere in più dimensioni. Forse ero anche più folle a pensare di vivere nella realtà. Tutto questo, le dimensioni, le anime dannate, le suore, i bambini mutanti non potevano essere esistenti. Allora perché soffrivo? Perché ero svenuto, prima? Perché in acqua respiravo? E perché la mia protesi era sparita, come se non fosse mai esistita? Quando sarebbe finito quest'inferno e dove mi avrebbe portato?
Mi girai per vedere se ci fosse qualche via di uscita. Vagai nel vuoto in cerca di qualsiasi cosa, pur di uscire da lì. I miei vestiti... non avevo più vestiti. Ero completamente nudo. Quel tunnel, quella dimensione nera e buia, era anche fredda e aveva il pavimento, o qualsiasi cosa fosse, ghiacciato. Camminavo su delle lastre di ghiaccio nero I miei poveri piedi erano pieni di graffi e lividi, sentivo il bruciore del freddo. I miei passi divennero più veloci, i quali si rincorrevano su se stessi, rimbombando in quel passaggio vuoto e senza vita. Ticchettavano facendo scricchiolare il ghiaccio. Doveva essere sottile e forse si stava crepando. Anche se era illogico, perché quando le lastre ghiacciate si crepano bisogna procedere lentamente, correvo senza sosta chiedendomi il perché fossi così senza speranze. Ovunque andavo sbattevo contro una roccia o scivolavo sul pavimento di ghiaccio liscio e bagnato. I miei denti battevano per il freddo; la mia bocca tentava di non diventare blu. Non riuscivo ad aprire gli occhi, erano serrati ed era come se fossero dentro un sogno, come se la mia mente pensasse di correre e i miei occhi vedessero la grotta, buia e nera, ma in realtà stavano immaginando tutto. Stavo immaginando tutto. Sembrava di essere in un videogioco, con quegli occhiali 3D e l'insonorizzazione pazzesca. Cercavo con tutto me stesso di non urlare. Provavo a concentrarmi, a respirare, a restare calmo. Sentivo le mie membra intirizzirsi, fino all'ultimo strato, il mio sangue congelare e attaccarsi alle pareti delle vene. I peli delle braccia erano rotti su se stessi e miei capelli gocciolavano per l'acqua che si era condensata nel tunnel e che mi cadeva addosso, impertinente. Respirai, lentamente; ma lì mancava l'aria, lo zolfo era sempre più asfissiante e io stavo andando in iper ventilazione. Non potevo riuscirci, non potevo restare tranquillo, non senza di lei.
Adele l'avevo persa. Sarei andato a cercarla. Subito. Anche se non sapevo come avrei fatto a scappare da questa prigione, da questo incubo imminente che era appena iniziato.