–Josh!– ansimai. Il nero mi circondava, non vedevo altro che il buio più totale. Non sapevo dove mi trovavo, sapevo solo che faceva un freddo allucinante. Brancolai nel buio per un tempo che mi parve infinito. Tastavo con le dita gelate la superficie cui andavo incontro: a gattoni e tastoni tentavo di farmi strada. Dopo circa mezz'ora, o forse più, da essere arrivata in quel posto tetro, in quella caverna fredda intervallata dalla caduta di gocce d'acqua, probabilmente provenienti dalle stalattiti, sentii un altro rumore. Sembrava lo strascico di qualcosa, lo strofinamento di un oggetto su una parete, una foglia che cada a terra e venga spazzata via dal vento... percepivo questo, con il mio udito acuto. Stavo andando nella sua direzione. Non mi fermai. Il suono si faceva sempre più forte, ma poi mi parve di sentire un mugolio, come di un gatto. Poi dei colpi di tosse sverzarono l'aria, ripetendosi in continuazione. Forse non era né un gatto né una foglia. Ma chi poteva essere? O che cosa? Non mi azzardai a parlare o a fiatare solamente; ascoltavo il battito incontrollato del mio cuore che palpitava così forte nel petto, che me lo sentii scoppiare. Se c'era una cosa che non volevo fare, era farmi scoprire. Come al solito, la mia impresa non riuscì.
-Ahia!- mi urlò contro una voce familiare. Ero finita addosso a qualcuno, cercando di avanzare velocemente e silenziosamente, e gli avevo fatto male, credo. -Chi è la?- risposi io. Ma ovviamente avevo già capito di chi fosse quella voce. Era inconfondibile. L'avrei riconosciuta tra cento, mille, migliaia di persone. Quel suo tono sempre di sfida, scontroso, ma allo stesso tempo comprensivo e docile di un cucciolo di cerbiatto, era impresso nella mia mente. Josh era la mia voce, la mia guida.
-Oddio. Sei tu, Adele?- disse.
-Josh, oh mio Dio, sei vivo, Josh!- esclamai con gioia -Dove eri finito? Ti ho cercato dappertutto!- la mia felicità mista a preoccupazione, nervosismo e voglio di baciarlo, parvero incuriosirlo. -Quanto tempo è passato da quando ci siamo separati?- chiese leggermente preoccupato. Sinceramente non lo sapevo nemmeno io. Forse una settimana? -Non ne ho idea. So solo che mi sembrava un tempo infinito, senza di te-. Gli occhi mi si dilatarono, riempiendosi di lacrime ardenti. Lui parlò -Ho vissuto così tante cose... da non capirne il senso-. Si interruppe e poi riprese -Cosa ci sta accadendo? Perché siamo qui e non possiamo tornare?- Le lacrime cadevano copiose, giù per le guance, per poi scendere sul mento, unite, e dividersi quando arrivarono alla gola. Avrei tanto voluto dargli una risposta, rassicurarlo, curarlo e cullarlo tra le mie braccia come un bambino. Ma, in fin dei conti, cosa potevo saperne io? Sapevo solo che mi era mancato instancabilmente e infinitamente. Cercai il suo viso nell'ombra e gli accarezzai la guancia. Mi erano mancate la sua pelle calda, le sue guance morbide e lisce, il mento spigoloso, la fronte imperlata di sudore, ma soprattutto le sue labbra morbide e carnose. Dio, quanto era bello trovarlo lì. Ormai eravamo insieme. Cosa sarebbe potuto andare storto?
Mi avvicinai a Josh sempre di più. Anche se non vedevo un accidente, riuscivo a percepire il suo calore, il suo dolce respiro sul mio collo. E a quel punto tutto sfumò.