XIII

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Sto camminando per i corridoi di scuola, quasi vuoti per via dell'orario - avevo deciso di arrivare il più tardi possibile per non rischiare di incontrare qualcuno - e mi dirigo alle macchinette per comprare qualcosa da mettere sotto ai denti. Salgo i gradini che portano al piano di sopra, ma non appena metto piede sul pianerottolo tra le due rampe, sento chiamare il mio nome. Riconoscendo la voce famigliare, mi blocco. Non un mio muscolo si muove, e per un nano secondo persino cuore e polmoni cessano il loro moto. "Y/n..." ripete Stiles in tono più basso, il mio nome lascia le sue labbra come una supplica. Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo per prendere coraggio. Lentamente mi giro, e mi ritrovo faccia a faccia con colui che non sono più sicura io possa definire come il mio ragazzo, ma che rimane il ragazzo che amo. Ma ci sono cose più grandi dell'amore. Vedendo il suo viso rigenerato, colorito e pieno, non posso evitare di pensare a com'era l'ultima volta che l'ho visto. Ma nel momento in cui i miei occhi incrociano i suoi, tutto si ferma. Rimaniamo così, persi l'uno negli occhi dell'altra, per un tempo che sembra infinito e non abbastanza lungo, insieme. Quando lui però fa un passo in avanti e si allunga verso di me, istintivamente mi ritraggo, impaurita. Averlo davanti era un conto, ma non ero ancora pronta ad avere nuovamente le sue mani sul mio corpo, neppure per una carezza o un abbraccio. Il suo viso si rattristisce, e esitante riporta la mano lungo il suo fianco e fa un passo indietro, mormorando una scusa. Conoscendo Stiles, posso solo immaginare quanto possa ferirlo il pensiero che io abbia paura di lui, purtroppo però, non posso evitarlo. Per il momento, almeno. Alcuni studenti ci passano affianco, lanciandoci occhiate mentre di nuovo ci troviamo immobili, anche se distanti, a fissarci senza dire nulla. Non ce n'è bisogno, in ogni caso; il mio udito si concentra sui battiti del suo cuore, lasciandosi alle spalle il mormorio che arriva dai corridoi. Il suono della campanella ci risveglia dal nostro stato di trance, ed è così forte - essendo posizionata nella tromba delle scale, proprio sopra la mia testa- da assordarmi momentaneamente. Emetto un gemito di dolore, e subito mi porto i palmi delle mani alle orecchie e faccio qualche passo indietro, perdendo l'equilibrio per via dello stordimento. Prima che io possa cadere, un paio di braccia forti e robuste mi afferrano e mi rimettono in piedi. Appena realizzo che appartengono a Stiles, non posso fare a meno di liberarmene, togliendomele di dosso come ci si toglie di dosso qualcosa che fa ribrezzo - un insetto, un ragno. Quando alzo lo sguardo vedo i suoi occhi lucidi e la sua espressione mortificata, e "Io- scusami..." dico in un sussurro prima di correre via, consapevole di avergli causato dolore del tipo peggiore: non fisico, ma emotivo.

𝕡𝕠𝕜𝕖𝕣 𝕗𝕒𝕔𝕖 || Stiles Stilinski, VoidStilesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora