Capitolo 26

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Mi trovavo davanti casa di quell'uomo, PillWoo, quello che a quanto pare era il mio vero padre. Giusto il giorno prima erano arrivate le risposte del test del DNA, risultando ovviamente positivo. Non ebbi alcun tipo di reazione, a differenza dell'uomo, che mi aveva abbracciato, felice e con gli occhi lucidi. Aveva voluto che io andassi a vivevere da lui il prima possibile, in modo da recuperare il tempo perso, per non contare il fatto che non volesse assolutamente che io lavorassi come maggiordomo.

-Siamo ancora in tempo per tornare indietro eh- voltai lo sguardo verso il mio accompagnatore, Taehyung, che teneva tra le mani le mie valigie, con lo sguardo fisso sulla porta di quella casa, che poco dopo venne aperta, rivelando la figura euforica di mio "padre".                                -Non penso di avere scelta, Taehyung- riusccii a sussurrare prima che l'uomo fosse così vicino dal sentirlo.                                                                                                                                                                             -Jimin! Figlio mio, finalmente sei a casa- mi strinse a sè, accarezzandomi la schiena. Cercai di ricambiare l'abbraccio, anche se totalmente a disagio. Una volta staccato, mise le mani sulle mie spalle, voltando lo sguardo sul minore.

-Oh, Taehyung, ci sei anche tu! Venite, entrate- disse velocemente. facendo cenno a qualcuno di avvicinarsi, accorgendomi poco dopo che fossero un paio di cameriere che afferrarono le mie valigie, dopo essersi chinate davanti a me. Ricambiai per essere rispettoso, vedendole sorridere e darmi il benvenuto prima di entrare in casa, parlottando tra di loro. Una mano venne posata sulla mia schiena, incitandomi ad entrare in casa. Anche se chiamarla casa era diminutivo; probabilmente era più grande anche di quella dei Kim.

Stavo per varcare la soglia, quando notai una testolina sbucare da dietro la porta d'ingresso. Inclinai di poco la testa, guardando poi l'uomo al mio fianco che prese a parlare.                               
 -Quasi dimenticavo. Jimin, lei è DoHyun, tua sorella- schiusi di poco le labbra a quelle parole e tornai a guardare di nuovo la ragazza, che ora si era rivelata totalmente. Mi somigliava, i suoi occhi erano piccoli, come i miei, le labbra piene, quasi simili alle mie, lunghi capelli neri raccolti in una mezza coda, legati con un piccolo nastro rosso. Dire che fosse bella, era dir poco. Non avevo decisamente dubbi fosse mia sorella.

La ragazza fece un piccolo inchino, con le mani unite portate al grembo, rialzando il busto poco dopo. Mi rivolse poi un sorriso, che mi fece sentire una strana sensazione nel petto. Cercai di ricambiarlo, facendo anche io un inchino in segno di saluto.

-E' un piacere conoscerti, Jimin-ssi-. Ciao anche a te, Taehyung oppa- la sua voce uscì armoniosa dalle sue labbra, dolce e bassa. L'uomo al nostro fianco ridacchiò, accarezzando i capelli della più piccola. Nel mentre guardai con la coda dell'occhio i camerieri che avevano preso in fretta e furia i miei bagagli, portandoli via.                                                                                                                               
-Sei troppo formale, tesoro. Lui è il tuo oppa, ora- DoHyun guardò prima suo padre, poi me, infine abbassò lo sguardo, imbarazzata.                                                                                                                   
-Se per lui va bene...- mormorò in fine. Mi ritrovai ad annuire velocemente, con un sorriso molto più spontaneo dei precedenti. 
-Certo che puoi. Lo sono, alla fin fine, no? Cerchiamo di andare d'accordo- le porsi la mano, che lei strinse senza esitazione, guardandomi con un sorriso luminoso in volto.

-Aish, vostra madre avrebbe desiderato tanto vedere questa scena- fu l'uomo a parlare. Entrambi ci voltammo verso lo stesso, notando come i suoi fossero lucidi e avesse distolto lo sguardo per poi rientrare in casa, con le mani dietro la schiena. La minore sospirò, iniziando a giocare con gli anelli delle sue dita.                                                                                      -Non hai idea di quanto fosse felice in questi giorni. E' andato così tante volte dalla mamma per parlarle di te, di averti finalmente trovato e che ti avrebbe protetto con tutto se stesso, che saremmo stati la famiglia che aveva sempre desiderato- non osai neanche immaginare come poteva essere stata la vita di quell'uomo, solo con una figlia e un figlio del quale non aveva più notizia, al quale avevano detto fosse morto. Sarebbe stato difficile per me adattarmi a tutto quello, ne ero consapevole, ma doveva andare così. Loro erano la mia famiglia, dovevo imparare a conoscerli e magari mi sarei trovato bene con loro.

Light •VMin• (IN PAUSA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora