Il contropotere del padrone

173 15 1
                                    


Un rapporto di appartenenza è un rapporto riflessivo con il proprio presente che si pone come obiettivo l'emancipazione degli individui coinvolti attraverso il conoscersi e l'esplorarsi. Nell'avviamento la schiava viene familiarizzata, tra le altre cose, con questa dimensione dialettica e cognitiva del rapporto e della sua centralità in tutto il percorso che si farà. I primi passi nel BDSM spesso si fanno nell'ambito del BDSM teatrale e dei kink, che rimangono sempre ancorati in superficie alla vita vaniglia. Nella fase finale dell'avviamento però la schiava si trova in un luogo lontano da quelli a lei più familiari all'inizio, e inizia a mettere in pratica i principi appena assorbiti. Essendo stato definito come rapporto di sottomissione, sorgono per esempio delle tensioni interne dovute al linguaggio. Per questo l'addestramento è spesso percepito come l'immersione in un terreno occulto e contraddittorio. Cosa vuol dire, per esempio, accettare di diventare schiavi di qualcuno se la partecipazione in tale rapporto si ispira a un atto di ribellione e opposizione alla normalità sociale e biologica? Perché, nel percorso di esplorazione di noi stessi, sostituire un potere, quello reticolare della normalità, con un altro potere, quello acuto di individuo-padrone? Che senso ha sostituire un soddisfare le aspettative degli altri con soddisfare le aspettative del padrone? L'incertezza all'improvviso si fa strutturale, e può portare la schiava a collidere con il padrone sopratutto se quest'ultimo non è consapevole della fase che si sta vivendo. Ed è proprio per gestire questa fase che un padrone deve dimostrare di conoscere la natura del suo potere.

Il padrone non è un manovratore. Il potere del padrone non è il potere che si ha sui sudditi. Il padrone non è un deus dominus. Il suo potere non appartiene proprio allo spettro del potere del deus. Il padrone non è un artefice della sorte della schiava, non la fa diventare qualcosa, ma semplicemente accetta la sua natura. Non detta i ritmi della schiava, ma li segue. Il potere del padrone non è un potere-azione, non è un potere di. Un padrone non agisce, perché non è libero di agire, ma ne realizza i bisogni e lavora per permetterle di soddisfarli. Il potere del padrone non è neanche un potere su. La schiava non è un esecutore della volontà del dom. E lui non domina mirando a un'autorità. Il padrone non ha il potere di trasformare la schiava in un esecutore. Possiamo quindi dire che quello del padrone non è proprio potere. Allora può sorgere la domanda, qual'è il collegamento tra padrone e schiava? La risposta è un'altra. Non c'è nessun collegamento tra padrone e schiava, ma solo un obiettivo: l'esercizio di una libertà profonda. In quest'ottica, quella del padrone non è altro che una forma di contropotere

Il contropotere è antipotere. Il suo effetto è quello di esaltare la disgregazione del potere. Il suo bersaglio in un rapporto di appartenenza è qualsiasi forma di potere a cui sia soggetta la schiava come il potere del contesto sociale o il potere della situazione interpersonale. Di conseguenza le persone che hanno anche un briciolo di potere sulla schiava sono anche le prime a rendersi conto delle sue trasformazioni. Sono questi rapporti interpersonali ad essere ridefiniti per primi. Queste ridefinizioni sono il primo risultato tangibile dell'intraprendere un percorso di appartenenza. Ovunque si eserciti potere su di lei, il padrone fa in modo che la schiava si riprenda quel suo spazio permettendole di riappropriarsi dello spazio dominato. Allo stesso tempo il padrone non aspira a sostituire i poteri sciolti. Se questo succede allora si ha un rapporto di appartenenza squilibrato dove il padrone cerca il potere di o il potere su. È questa la ragione principale per cui molti rapporti tentati di appartenenza implodono o falliscono spegnendosi col tempo.  

Nell'interlineaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora