Giorgio aveva solo cinque anni, quel giorno non potrò mai dimenticarlo.
La mamma lo affidò a me, era il compleanno di papà.
Ella stessa ci disse di aspettarla fuori, davanti a un negozio di abbigliamento, desiderava comprare un completo per papà, voleva sorprenderlo.Invece a sorprenderlo fu altro.
Mi disse personalmente di prendermi cura di Giorgio, essendo io la sorella maggiore; ma lui a un certo punto iniziò a fare i capricci, io non sono mai stata una tipa paziente, così, innervosita, gli lasciai andare la mano.
Ero così ingenua, non avrei mai pensato che lui sarebbe scappato via da me; non potevo immaginare che quel giorno sarebbe stato uno dei più brutti della mia vita.Voleva tanto comprarsi un palloncino.
"Voglio il palloncino di Cars, quello che vola in alto come una mongolfiera" piagnucolò.
Ma la mamma era stata chiara: "Non vi allontanate da qui, arrivo subito."
Il venditore si trovava dal lato opposto della strada in cui ci trovavamo noi.
Io non mi accorsi di nulla, non sapevo a cosa stava andando incontro Giorgio.
Solo dopo lo vidi, ma fu troppo tardi, una macchina lo centrò in pieno e, tra l'altro il guidatore nemmeno si fermò.L'umanità, quando vuole, sa essere molto crudele.
Io corsi subito da lui, sperando che fosse solo un brutto sogno: lo presi tra le mie braccia, lo cullai e, per finire, lo abbracciai.
Il sangue fuoriusciva a cascata dalla sua piccola testolina e imbrattò ben presto il resto del suo corpo; anche le mie mani s'impregnarono del suo sangue.
Urlai con tutta me stessa in preda alla disperazione, attirando l'attenzione di tutti, anche quella della mamma che corse subito da noi.
Mi sentii morire, era colpa mia.
Tutta colpa mia.Volevo tanto che fosse solo un brutto incubo; sperai che l'indomani Giorgio sarebbe stato accanto a me nel suo vecchio lettino mordicchiato dai topi.
Ma non fu così.
L'indomani al mio risveglio, il letto di Giorgio era totalmente vuoto e, di Giorgio non si vide nemmeno l'ombra.
Solo in quel momento mi accorsi che avevo perso per sempre il mio piccolo ometto.
Non era morto subito, bensì in autombulanza; la mamma lo vide spegnersi, ma io no.
Non mi avevano fatta salire con loro, poiché che ero troppo piccola per salire in quel vecchio rottame con le sirene accese.Ogni giorno che passavo senza Giorgio i miei sensi di colpa mi divoravano pian piano, riducendomi a una poltiglia.
A causa di ciò mi ammalai emotivamente e fisicamente.
Per molti anni i miei mi portarono in una clinica, non riuscivo più a parlare, e tanto meno a mangiare, difatti iniziai a perdere peso a dismisura, difatti a soli nove anni divenni anoressica, vomitavo tutto ciò che ingoiavo.
Avevo tanta paura anche del minimo rumore.
Quando poi mi riportarono a casa, volevo rimanere sempre da sola in camera mia, allontanai anche tutti i miei amici d'infanzia, ripetendo in continuazione che non meritavo l'affetto di nessuno, nemmeno dei miei compagnetti, che volevano solo giocare con me e starmi accanto.
Ogni Santa notte, prima di andare a dormire, pregavo Dio affinché mi riportasse qui il mio piccolo fratellino.
Avevo così tanto bisogno di lui.
Non sono mai riuscita a perdonarmi per ciò che ho fatto.
Mi sentivo spoglia, mancava un pezzo di puzzle nella mia inutile e ripugnante vita.✵ ✵ ✵
Al mio decimo compleanno la mamma annunciò che avrei avuto un'altra bellissima sorellina, era già al quinto mese quando mi diede la notizia.
Ero così contenta di poter tenere tra le mie braccia una piccola creatura.Forse perché mi ricordava Giorgio.
Aspettavo con emozione la sua nascita, avevamo deciso di chiamarla Zoe.
Finii le elementari e fu alla prima media che un'altra sventura accade nella mia vita.
Si scoprì che la mamma, oramai incinta da ben sette mesi, era malata di cancro, e ciò portò all'aborto di Zoe, poiché i dottori sostenevano che anche la bambina fosse malata.Un anno dopo, persi anche la mamma.
E fu lì, in quel preciso istante, che la mia vita divenne un vero e proprio inferno.
Piano piano iniziò ad andare tutto a rotoli.A volte mi chiedo dove io abbia sbagliato.
Mi domando perché non potessi essere felice anche io; come lo erano tutti i bambini della mia età.
Perché il mio destino è stato così crudele con me?
Con noi!Mi ritrovai assolutamente sola.
Sola contro tutto il mondo.
Una bimba di soli undici anni ad affrontare tutto.
Papà dopo tutti gli avvenimenti spiacevoli divenne depresso, non uscì più di casa e allontanò persino i suoi più cari amici.Ma per fortuna loro non abbandonarono il mio papà, anzi, lo aiutarono molto.
Non avevamo molti familiari su cui contare, gli unici erano: i nonni paterni e i nonni materni.
I nonni paterni non hanno mai voluto sapere nulla di noi; avevano da tempo litigato con papà, poiché non tolleravano la storia d'amore tra papà e mamma. Non hanno voluto nemmeno conoscere i loro nipoti, persino al funerale di Giorgio non hanno avuto la coerenza di venire.Che meschini!!
Non ci hanno mai aiutato nelle nostre difficoltà, nemmeno quando ne avevamo più bisogno.
Riguardo i miei nonni materni, loro ci mandarono via di casa, abbandonandoci nella disperazione, poco dopo la morte di mamma.
La mia vita era diventata un casino, papà e io ci ritrovammo per strada, nel caos totale.
Senza un soldo e nemmeno un lavoro. Poi papà trovó una vecchia casa abbandonata, appartenente al signor Evans.
A pochissimo prezzo, ci potevamo permettere solo quella, così, la affittammo per oltre un anno.Ma le disgrazie non finirono.
A scuola non andavo più bene.
Iniziai a fumare, a bere e a drogarmi con dei ragazzi del terzo anno.
Quando papà se ne accorse mi fece disintossicare, e non mi mandò più a scuola.
Potete immaginare cosa significa disintossicarsi a soli undici anni?
Papà era in preda alla disperazione, temeva che io non potessi farcela, e io ero solo una bambina irresponsabile creando in continuazione altri problemi a lui.
Doveva occuparsi di me, del suo lavoro, di cercare un'altra casa per noi.
Ma ero troppo piccola per capire la gravità della situazione.✵ ✵ ✵
Ogni giorno che passavamo in quella casa, un pezzo alla volta cadeva dal soffitto o dalla parete, mettendoci ogni giorno in pericolo.Prima che nascessi io, papà frequentava l'università di lettere, diventare professore era il suo grande sogno, ma a causa delle troppe spese, che non poté più sostenere, dovette abbandonarla.
Dopo varie discussioni, finalmente io e il suo migliore amico William riuscimmo a convincerlo di riprendere gli studi come insegnante, anche se, sembrerebbe un pó banale che, un uomo adulto frequenti l'università.
Ma la mamma mi ha sempre insegnato di dare coraggio e di spronare la gente affinché segua i propri sogni.All'età di quattordici anni, quando papà poteva permetterselo, faceva venire in quella vecchia casa solo professori privati.
Fino ad allora era lui a farmi da scuola ma, in quell'ultimo periodo era molto impegnato con lo studio e non poté più occuparsi dei miei studi.
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Un amore Incasinato
RomanceMar è una ragazza semplice, ha dovuto affrontare un passato molto crudele che l'ha resa una persona forte e tenace. Dopo la morte del fratello, di cui lei si ritiene responsabile, la sua vita va letteralmente in frantumi. È costretta sin da bambina...