Un arcobaleno nel buio

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Era leggerissima Jane: le sue gambe nivee mi allacciavano il busto come un corsetto d'organza, e le sue braccia mi avvolgevano il collo, morbide quanto uno scialle di seta cinese, mentre la portavo in camera da letto come un novello sposo alla prima notte di nozze.

Se in quel momento esatto, Will fosse rientrato e ci avesse sorpresi a dissacrare le mobilia di casa sua, non ci saremmo fermati.

Nossignore.

La bellezza aveva incastonato il suo diamante nel corpo nudo di Jane: un arcobaleno sorto nella luce della Luna, che si era appena affacciata dalle nuvole per osservarci attraverso i vetri sfocati dalla pioggia.

Non ci saremmo fermati, nossignori.

Potevo definirla un'esperienza trascendentale, eppur di trascendentale vi era nulla nelle intrepide dita che esploravano ovunque e sembravano moltiplicarsi: un lenzuolo di mani a coprirci per intero. Le mani s'intersecavano e si slegavano, si conoscevano e si dimenticavano, disordinavano il tessuto cellulare e le idee, quelle minime conservate.

Riverberavano tra le mura silenti, il mio nome dalle sue labbra, più volte reiterato, i gemiti e i respiri sincopati ‒ folate di voluttà condensate sulla pelle ‒ assimilati ad uno ad uno, e unico sostentamento per cuori affamati.

Fame d'ossigeno nei nostri polmoni ‒ fisarmoniche gonfiate e sgonfiate ‒ patiti con delizia di lunga ambascia, quando le nostre bocche si trovavano e si assaporavano, seguendo la liturgia della lentezza, sovente banalizzata, perché così doveva essere.

Secondo il grande schema delle cose, Jane doveva essere amata da un ragazzo di Hawkins, figlio di quelle radici marce da estirpare. Dall'apocalisse alla genesi, il cerchio delle finalità umane si chiudeva in senso contrario proprio con me, a delineare uno spiraglio di redenzione. Un'occasione per riconciliarci entrambi in verità, con il luogo da cui, per motivi diversi, eravamo emigrati.

Magari sul prossimo treno verso l'Indiana, non avrei viaggiato da solo.

Saremmo andati al vecchio centro commerciale, ormai ricettacolo di fatiscenza e graffiti, dove avevo ottenuto il mio primo lavoro presso la gelateria. Avremmo passeggiato sottobraccio nelle stradine di città, incrociando sguardi familiari e ignoti, indistintamente crepati d'invidia.

Avremmo visitato la casa dei suoi genitori adottivi, tempio di riabilitazione dopo anni di degrado dell'anima. Ci saremmo seduti sul suo letto di bambina, la sua testa sulla mia spalla, ad analizzare le cronache di una stanza. Fotografie ingiallite di volti sorridenti, adorabili pupazzi stantii, quaderni orecchiati e vestitini impolverati: reperti che attestavano un trascorso di curanza e spensieratezza.

No, non era tutto da buttare a Hawkins, Jane l'avrebbe capito.

L'avrei presentata alla mia famiglia. Mia madre avrebbe smesso di esser in ansia per la mia condizione di scapolo; mio padre mi avrebbe donato un pacchetto di preservativi, giusto per rammentarmi di "evitare guai"; Nancy mi avrebbe assillato circa il compenso corrisposto a Jane per il servizio di accompagnatrice; infine, Holly, lei mi avrebbe stretto forte forte dalla contentezza nel vedermi felice.

Felici, io e Jane.

Poggiata a conchiglia sul mio petto, teneva gli occhi fissi sui miei, come se fossero le rime di una poesia da imparare a memoria, coccolandoci a vicenda con gli ultimi sgoccioli di energie. Mi accarezzava le lentiggini, ‒ a lei piaceva chiamarle "lenticchie di sole" ‒ con le dita le ricamavo randomiche fantasie sulla schiena un po' umida; i suoi capelli arruffati e riversi sul mio viso e sorridevo, non sorridevo perché mi facevano il solletico. Sorridevo della bambagia di benessere nella quale ci crogiolavamo, soffice, purpurea, un lembo sottratto al paradiso. Troppa grazia.

«Mike» Un effluvio vellutato sul mento, fu il sussurro di Jane.

«Hmm?» Tentavo di sopprimere la voglia di riempirle la faccia di baci.

«Cosa faresti se tu avessi i miei poteri?»

«Bella domanda. Li userei per fini meno nobili dei tuoi!» Ammisi caldamente, e ghignammo assieme. Sapeva che non avevo torto.

«Mike, se io non li avessi avuti, ti saresti davvero accorto di me?»

Serrò le palpebre per non guardare mentre riflettevo sulla risposta da dare, e quindi riprese: «Credo ne sarei grata, se un giorno svanissero. Però poi penso a coloro che ho aiutato, penso ai bastardi che ho consegnato alla legge, ai pericoli che ho scongiurato, e penso al nostro incontro alla stazione, penso ai sette secondi in cui ti ho visto mentre mi sanguinava il naso-» La interruppi, confuso: «Sette secondi?»

A Jane non parve vero di dovermi fornire dotte nozioni, e tirandosi su invisibili occhiali, spiegò: «In base a studi scientifici, la prima impressione si forma in sette secondi.»

«Ti ho fatto una buona o cattiva impressione?» Tasto dolente. Pagavo ancora lo scotto di aver deluso le aspettative iniziali di Max.

«Ad oggi, non è cambiata» bisbigliò quella cucchiaiata di miele sulle mie labbra, passando una mano tra i miei ricci impazziti.

«Per me sei la Jane che a un rendez-vous indossa le Converse sfondate, che fa la guerra con i popcorn e ride come una ragazzina birbante; parla con finto accento inglese, e fa la linguaccia dietro le tue spalle quando s'arrabbia. Ti dice che ieri 137.000 persone sono scampate alla povertà estrema, ed è stato così ogni giorno negli ultimi trent'anni, purtroppo di questo i giornali non scrivono titoli in prima pagina. Lei non si perdonerà mai per aver ferito coloro che hanno sempre contato di più nella vita, comunque ha ascoltato il suo cuore, ha camminato per miglia e miglia sotto il temporale, come una comune mortale. È qui con me Jane, la sola che amo completamente.»

Lacrime sgorgavano inarrestabili dai suoi occhi, gliele baciavo tutte e rideva, rideva da sentirsi male; rideva sulle mie labbra salate, bagnate della sua gioia, le sue mani sulle mie guance, due tizzoni ardenti, le mie sui suoi fianchi, ci abbandonavamo di nuovo alla passione, io e Jane felici.

Felici.

Mi svegliai di colpo la mattina presto, e il mio primo gesto fu quello di cercare Jane nell'altra metà del letto.

Ma non c'era più.


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Salve mie/i care/i lettrici/ori!

Passata un'eternità, vero? Mi sono ritagliata del tempo e per fortuna ho postato entro la mia data prefissata. Spero non rimaniate delusi, perché ammetto di averlo finito un po' di fretta! Salvo ripensamenti, il prossimo capitolo dovrebbe essere il gran finale. Quasi non ci credo!

Ringrazio tutte/i voi per aver pazientato e vi auguro buona lettura!

Un abbraccio,

Minerva

P.S.: Ho delle idee in testa per un'altra storia a capitoli. Domandina dunque: vi piacerebbe comunque anche se non riguardasse Stranger Things? Scrivetelo nei commenti! :) A presto!

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 21, 2021 ⏰

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