Qual era la formula magica di Will Byers per conquistare le donne?
Nella mia mente, conservavo ancora la sua immagine di bambino tredicenne al ballo d'inverno, con la capigliatura di uno scolapasta e gli occhioni da cane bastonato mentre balbettava dinnanzi ad una ragazzina che gli aveva chiesto di ballare con lei.
Su quelle guance, un tempo lisce e floride, ora affinate dall'età adulta, cresceva un manto di peli ispidi e scuri da maschio alfa, capace di frantumare poveri cuori femminili con uno schiocco di dita.
Barba e addominali scolpiti non sarebbero bastati a colmare la carenza di fiducia in me stesso.
Così giovedì sera, Will mi aveva trascinato nel suo garage e finalmente mi aveva svelato, in senso letterale, la sua arma vincente: una Vespa Piaggio rossa fiammante.
Secondo lui, nessuna ragazza aveva resistito al fascino vintage dell'intramontabile motorino italiano; i blasonati bolidi di lusso a quattro ruote erano solamente vecchie ferraglie per uomini 'ipodotati'.
Potevo prendere in prestito il suo gioiellino venerdì sera, se per esempio avessi dovuto riportare Max a casa dopo il nostro appuntamento. Mi tremavano le gambe alla mera ipotesi di trovarmi in questa situazione.
Da quando mi ero imbattuto nella misteriosa ragazza al Grand Central Terminal, spesso i miei pensieri gravitavano attorno a lei. Ero pentito di non averle chiesto perlomeno il nome, ma se l'avessi fatto, non me l'avrebbe detto comunque. Avevo considerato l'assurda idea di andare alla stazione e rimanere lì finché l'avessi rivista. Volevo rivedere la mia eroina silenziosa, quella che all'apparenza sembrava una ragazza normale come tante, che sedeva accanto a te in treno ogni giorno, e senza che tu lo sapessi, poteva salvarti la pelle.
Io e Will ci avventurammo assieme nella giungla modaiola della Fifth Avenue, alla ricerca dell'outfit perfetto per il mio incontro galante.
Avevamo bruciato migliaia di calorie accumulate almeno per una settimana, macinando chilometri sotto al sole rovente d'Agosto. Tuttavia, eravamo in buona compagnia: schiere di turisti impavidi brulicavano lungo la via, attirati dalle insegne esclusive, come falene dalle lanterne, a caccia del capo firmato da sbandierare con orgoglio sotto il naso di amici e parenti.
Con tono solenne, Will annunciò che la nostra lista degli acquisti era esaurita. Fosse stato per lui, avremmo continuato a girovagare per l'intera giornata; io invece desideravo rifugiarmi al confortevole fresco del suo appartamento e sbarazzarmi di quelle dannate buste che stavano massacrando le mie braccia.
Poi, l'odore del caffè: una scia profumata, incorporea di persuasione che si propagava nell'aria intrisa d'umidità e smog, e invitava a rifocillarci nel prossimo bar.
Entrammo nella caffetteria Starbucks e una volta tanto, Will mi lasciava pagare il conto per entrambi senza fare storie. Mi misi in fila alla cassa dopo aver fatto slalom tra una decina di persone; approfittai dell'attesa per controllare i nuovi messaggi sul mio cellulare: tenevo aperta la conversazione con Max, quasi prevedessi che mi avrebbe dato buca da un momento al altro. Riguardo alle questioni di cuore, anche il mio granitico ottimismo scricchiolava.
Ricordai una delle rare perle di saggezza del mio compagno di stanza del dormitorio, Dustin, 'l'ottimista' per eccellenza: "Se pensi intensamente che una cosa accadrà, allora accadrà per davvero, in positivo o in negativo." Sospirai profondamente, buttando fuori l'ansia imprigionata nel petto, e la voce gioviale della barista squillò, cogliendomi di sorpresa: «Ciao! Cosa ordini?»
Diedi un'occhiata al menù in alto appeso al muro, sebbene io e Will avessimo concordato in anticipo la medesima scelta: «Ehi...Uhm due iced coffee per favore.»
Ero sul punto di chiedere alla ragazza perché mi stesse fissando come se fossi un alieno, quando a testa bassa si spostò nell'area di lavoro. Mi avvicinai al bancone delle paste per osservarla mentre riempiva il portafiltro della macchina da caffè espresso oltre il limite, incurante della polvere marrone che cadeva sul pavimento. Quella piccola schiena un po' ingobbita e quelle spalle strette mi erano familiari.
«Ecco a te e buona giornata.» disse la ragazza, porgendomi le bevande pronte. Lessi la targhetta sulla sua camicetta e risposi: «Grazie Jane e buona giornata a te!», guardandola per l'ultima volta, con la sensazione che mi stesse sfuggendo un particolare importante.
Gli occhiali...Gli occhiali!
Non l'avevo riconosciuta per via degli occhiali!
Possibile che si fosse dimenticata di me? Eppure, il suo sguardo stranito mentre eravamo alla cassa...
Non vi erano dubbi, la barista che portava gli occhiali, era la ragazza dai super poteri.
Scattai come una molla per raggiungere il tavolo al quale Will mi stava aspettando.
«Pensavo non arrivassi più! Mike cos'hai, hai una faccia!» domandò Will, visibilmente confuso. Non potevo raccontargli tutta la verità, ma potevo metterlo al corrente dell'esistenza di Jane.
«Ho scoperto che una ragazza che ho incontrato alla stazione due giorni fa lavora qui.»
«Parli di Max?»
«No, un'altra. Si chiama Jane.»
Gli occhi di Will ridotti ad un paio di fessure, erano il prologo alla sua pacata irriverenza.
«Sono felice che tu stia stringendo nuove amicizie Mike. E stavo proprio valutando di farmi l'abbonamento al treno...oppure formiamo un duo, io posso suonare il tamburello!»
«So bene cosa stai insinuando e per essere chiari, non sto uscendo con entrambe!»
Will non mi stava nemmeno ascoltando: col collo allungato, scrutava a distanza dietro il bancone del locale.
«E' la moretta con gli occhiali?»
«Non indicare Cristo! Sì, è lei...» lo ammonii, abbassandogli la mano.
«Sembra carina...Seriamente Mike, appena hai cominciato a parlare di lei, sei diventato rosso come un peperone. Ciò significa che ti piace, magari solo a livello fisico. E non c'è niente di male. Ti sto facendo questo discorso perché ti conosco come le mie tasche, e so quanto tieni ad essere leale con le persone, non vuoi ferirle, a costo di sacrificare i tuoi interessi. Ma amico mio, non sentirti in colpa se vuoi divertirti, goditi quest'esperienza con la consapevolezza che non deve durare per sempre.»
«Ti riferisci a Max? Will, questo sarà il nostro primo...definiamolo appuntamento, vedremo cosa succederà. Potrei non piacerle, o potrebbe non piacermi! Sono tranquillo e sereno, non sento alcuna pressione e credo che io e Max siamo sulla stessa lunghezza d'onda.»
In realtà, non ero affatto sicuro di quali intenzioni Max avesse e non badavo a preoccuparmene. Avevo inconsciamente accettato di dare una sterzata alla mia vita sentimentale, lanciandomi in quello che probabilmente sarebbe stato un fatuo flirt estivo.
Ci avviammo verso l'uscita della caffetteria; mi girai verso il bancone col cuore in gola,cercando i suoi occhi rivolti altrove. Proseguii senza più indugi, affidando al destino le trame del nostro prossimo incontro.
____________________________________________________________
Rieccomi cari lettori e lettrici! Il capitolo è leggermente diverso da quello che avevo in mente ma il seguente sarà davvero incentrato sull'appuntamento tra Max e Mike. Lo so che sembrano una coppia strana, fidatevi che non è tutto come sembra!
Mi auguro che possiate cominciare ad apprezzare questa storia col proseguo della pubblicazione. Ricordatevi, piano piano verrà svelata!
Grazie. Un abbraccio
Minerva
STAI LEGGENDO
L'ultimo treno | Mileven
FanfictionFanfiction AU con alcuni personaggi della serie TV "Stranger Things". Mike Wheeler narra dei suoi giorni passati nella Grande Mela, quando fu testimone di un episodio fuori dal comune. foto in copertina (mio edit): Finn Wolfhard Millie Bobby Brown