L'appuntamento

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And we're going downtown

Cause we feel like running around

Is it really this fun when you're on my mind

Is it really this cool to be in your life

***

"Suvvia sopporta, non dovrai tenerli (gli abiti) addosso a lungo!" aveva scherzato Will, ciondolandomi davanti agli occhi le chiavi della Vespa.

Oh, ne avrei fatto volentieri a meno di vestirmi da agente di borsa quando il sole ancora bollente in Times Square affondava sotto l'orizzonte, e la luce del vespro battezzava la notte, baciando di porpora le fredde vetrate dei grattacieli affollati.

Avevo parcheggiato vicino la 42 St Times Square, a soli 15 minuti da Jane. Ebbene sì, avevo addirittura calcolato l'itinerario a piedi su Google Maps, dal posteggio allo Starbucks in cui Jane lavorava.

Cosa faceva di solito il venerdì sera? Deposta l'uniforme da umile barista, magari tornava a casa ad infilarsi un top striminzito, una mini e tacchi vertiginosi; s'impiastrava la faccia di cerone e poi usciva di nuovo, per mescolarsi alla movida nel cuore vibrante della Grande Mela. Tra la monotonia del tunz-tunz dei bassi e la psichedelia dei fari strobo, Jane assaporava la sua mortale libertà, la spensieratezza di cui ogni ventenne gode. Magari assieme alle sue amiche più care, o assieme al suo ragazzo...ecco questo magari no.

No, Jane doveva essere diversa.

Me la immaginavo mentre lasciava la caffetteria, sbattendo la porta d'ingresso alle sue spalle con un cenno del capo, sciogliendosi finalmente i capelli caramellati che le incorniciavano il viso come un'opera d'arte; in seguito andava a passeggiare in solitudine, a respirare ossigeno puro nel polmone verde della città. Una super eroina non poteva aver paura di percorrere i sentieri semi deserti di Central Park la sera e sedersi su una panchina vuota, inumidita dalla guazza estiva.Magari sorrideva sfiorando sulla targhetta dorata fissata alla spalliera, e dalla vernice un po' scrostata, i nomi di due amanti che si erano giurati amore eterno.Sognava che un giorno avrebbe fatto lo stesso con la persona giusta. Magari no?

Magari non era affatto una ragazza romantica che perdeva il suo tempo a fantasticare su gente di cui non conosceva nemmeno il nome.

Il display del mio Casio segnava le sette meno dieci e il fruscio della carta trasparente attorno alla rosa che stritolavo nella mano, cominciava a irritarmi. Ero sulle spine.

Scariche di adrenalina attraversavano il mio corpo come lampi nel cielo durante il temporale. Ero felice di essere nervoso perché stavo per incontrare Max e potevo rifiatare dalla mia ossessione per Jane.

Ma alle sette meno cinque, le oscure forze cosmiche avevano mosso lo scacchiere del destino, avanzando di un'altra casella la Regina dello scompiglio.

«Hey?» Esordì Jane, abbozzando un sorriso. Sembrava basita quanto me dell'ennesima casualità che ci aveva ricongiunti. Potevamo dunque sfatare il mito della casualità?

«Hey...» Risposi, trascurando l'opprimente stantuffo nella mia gabbia toracica.

«Come va? Ho finito il mio turno.» Si interruppe per un istante quando i suoi occhi si posarono sulla rosa che tentai goffamente di nascondere dietro la schiena. «Aspetti la tua ragazza?» Notai con sospetto come gli angoli della sua bocca si erano piegati verso il basso. «NO...Non è la mia ragazza, cioè, è il nostro primo appuntamento!». Mi pentii subito di averlo precisato. «Che coincidenza, sto aspettando il mio fidanzato e la mia amica per l'appuntamento con la sua nuova conquista...»

L'ultimo treno | MilevenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora